Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13976 del 10/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 10/06/2010, (ud. 23/04/2010, dep. 10/06/2010), n.13976

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18932/2009 proposto da:

TRENITALIA s.p.a., in persona dell’avv. R.A. quale

institore ex art. 2203 c.c., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Po n. 25/b presso lo studio dell’avvocato PESSI Roberto che la

rappresenta e difende per procura rilasciata a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.S.R., elettivamente domiciliato in Roma, via Flaminia

n. 195, presso lo studio dell’avvocato VACIRCA Sergio, che lo

rappresenta e difende per procura rilasciata a margine del

controricorso;

– controricorrente –

per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione 8.8.08 n.

21488;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23.04.2010 dal Consigliere Dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

D.S.R., dipendente di Trenitalia s.p.a. addetto ad impianto sito in territorio estero, chiedeva l’adeguamento dell’assegno di confine sino al 31.8.03.

Rigettata la domanda dal Tribunale del lavoro e proposto appello dal dipendente, la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 24.5.06, riteneva fondata l’impugnazione ed accoglieva la domanda in ragione del contenuto dell’allegato 12, comma 2, al c.c.n.l. del personale dipendente delle Ferrovie 1990-1992.

Proponeva ricorso per cassazione Trenitalia s.p.a. con tre motivi, deducendo l’erronea interpretazione di detto art. 12 (primi due motivi) e dell’accordo aziendale 10.5.95, nonchè del foglio disposizioni della Direzione compartimentale n. 145 del 15.10.90 (terzo motivo).

Parte intimata resisteva con controricorso e deduceva preliminarmente l’improcedibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

La Corte di cassazione con sentenza 8.8.08 n. 21488 dichiarava l’improcedibilità del ricorso, non risultando depositati i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fondava.

Avverso questa sentenza proponeva ricorso per revocazione Trenitalia s.p.a., rilevando che il suo originario ricorso per cassazione era basato sull’interpretazione dell’accordo collettivo 5.7.90, allegato al c.c.n.l. del personale FS del biennio 90-92 con il n. 12, il quale possedeva un suo autonomo rilievo e non dipendeva in alcuna parte dal contratto collettivo cui era allegato. Tale documento doveva ritenersi a sua volta allegato al ricorso per cassazione, essendo inserito nel fascicolo del giudizio di primo grado, che era stato depositato assieme al ricorso; pertanto, il Collegio giudicante al momento di decidere l’originario ricorso aveva falsamente percepito un accadimento della realtà, ritenendo non depositato un documento che, invece, era presente in atti.

Trenitalia spa deduceva, pertanto, l’esistenza di un errore revocatorio ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e chiedeva la revocazione della sentenza n. 21488 del 2008 con conseguente accoglimento dei motivi proposti con l’originario ricorso per cassazione, specificamente ribaditi.

Il dipendente si difendeva con controricorso.

Il consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha depositato una relazione che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti.

Il ricorso si prospetta inammissibile.

L’errore d folto, come noto, consiste nell’erronea percezione degli atti di causa e si sostanzia nella supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa oppure nella supposizione della inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non costituisca un punto controverso sul quale la sentenza impugnata per revocazione abbia pronunciato. Tale genere di errore presuppone, in sostanza, il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, “purchè, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di valutazione o di giudizio e, dall’altro, quella risultante dagli atti e documenti non sia stata contestata dalle parti” (Cass., S.u., 12.6.97 n. 5303).

Nel caso di specie il Collegio giudicante ha rilevato che “insieme con il ricorso non risultano depositati, ex, art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4….i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda. Tanto risulta anche dall’elenco dei documenti stilato in calce al predetto ricorso”. Questa motivazione contiene un’esplicita affermazione di diritto, e cioè che i contratti e gli accordi collettivi, a pena di improcedibilità del ricorso, debbono essere depositati “con il ricorso”, ovvero in documento – autonomo rispetto a quanto contenuto nei fascicoli (di parte e di ufficio) del primo e del secondo grado – allegato al ricorso, al pari di tutti gli altri documenti indicati nell’art. 369, comma 2 (ovvero: 1. decreto di concessione del gratuito patrocinio, 2. copia autentica della sentenza o della decisione impugnata, 3. procura speciale).

Conseguentemente, l’errore dedotto – quand’anche riscontrato nella realtà – non sarebbe decisivo, in quanto il Collegio, ove pure avesse rilevato la presenza dei contratti ed accordi collettivi nei fascicoli del giudizio di merito, in ogni caso non avrebbe potuto procedere al loro esame, non essendo essi depositati ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

La mancanza dei requisiti dell’essenzialità e della decisività dell’errore ai fini della decisione comportano l’inammissibilità del ricorso (v. Cass., S.u., 23.1.09 n. 1666).

Le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 30,00 (trenta) per esborsi ed in Euro 2.000,00 (duemila) per onorati, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 23 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2010

 

 

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