Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13975 del 08/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 08/07/2016, (ud. 07/06/2016, dep. 08/07/2016), n.13975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10903/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

VASCELLARI 55, presso lo studio dell’avvocato PIETRO GERARDI,

rappresentato e difeso dall’avvocato AMERIGA MARIA PETRUCCI giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 47/2010 della CONM. TRIB. REG. del LAZIO,

depositata il 03/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito per il controricorrente l’Avvocato BERARDI per delega

dell’Avvocato PETRUCCI che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nei confronti di B.A. venne emesso avviso di accertamento per l’anno 1999 in rettifica del reddito mediante l’applicazione dei parametri previsti dal D.P.C.M. 26 gennaio 1996.

Il ricorso del contribuente fu respinto dalla CTP. L’appello fu accolto dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio sulla base della seguente motivazione.

La metodologia di accertamento in base ai parametri non è sostitutiva delle presunzioni che in ogni caso devono sussistere ancor prima dell’applicazione del metodo parametrico. “I parametri, dunque, non possono costituire essi stessi elementi sufficienti a motivare l’accertamento ma sono unicamente semplici indizi che, unitamente ed a completamento di altri elementi acquisiti dall’Ufficio, possono generare tutt’insieme presunzioni semplici aventi i caratteri della gravità, precisione e concordanza. Non possono, quindi, considerarsi presunzioni qualificate i risultati scaturenti dall’applicazione dei parametri che devono ritenersi soltanto l’ultimo atto, non l’unico e il principale, del procedimento di accertamento”.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi. Resiste con controricorso il contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia violazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva la ricorrente che la CTR ha del tutto obliterato la funzione dei parametri presuntivi di maggior reddito perchè essi, quali presunzioni legali relative, sono idonei di per sè soli a fondare un legittimo accertamento di maggior reddito a carico del contribuente, sul quale incombe l’onere di provare che il reddito presunto non esista o esista in misura inferiore a quello accertato.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L.R. n. 546 del 1992, art. 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Osserva la ricorrente, in subordine, che la CTR non poteva limitarsi ad annullare il rilievo dell’Ufficio ma avrebbe dovuto provvedere nel merito alla corretta quantificazione dei ricavi.

Il primo motivo è fondato. Come affermato dalle sezioni unite (Cass. 18 dicembre 2009, n. 26635; conforme Cass. 15 maggio 2013, n. 11633), la procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sè considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente (che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano state disattese. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall’ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente.

L’accertamento parametrico, svolto nel contraddittorio con il contribuente, non è quindi mero indizio bisognoso di ulteriori indizi per fondare l’accertamento tributario, ma è presunzione sufficiente a sostenere quest’ultimo. La CTR, negando l’autosufficienza probatoria dell’accertamento parametrico, ed in definitiva la natura di presunzione idonea a spostare l’onere della prova sul contribuente, ha violato il suddetto principio di diritto.

L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito. L’impugnazione dell’avviso di accertamento muove dall’assunto erroneo, come si è appena visto, che, nonostante l’esperito contraddittorio, l’applicazione dei parametri non sia autosufficiente sul piano probatorio. L’originario ricorso del contribuente va quindi disatteso.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Il consolidarsi dell’indirizzo di questa Corte in epoca successiva alla proposizione del ricorso costituisce giusto motivo di compensazione delle spese processuali limitatamente ai due gradi di merito.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo motivo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso proposto da B.A.; condanna B.A. al rimborso delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.100,00 per compenso, oltre le spese prenotate a debito; dispone la compensazione delle spese processuali relativamente ai due gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2016

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