Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13968 del 10/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 10/06/2010, (ud. 23/04/2010, dep. 10/06/2010), n.13968

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 16804-2009 proposto da:

COMUNE DI SPOLETO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, via Lutezia n. 8 presso lo studio dell’avvocato

Antonio Campagnola, rappresentato e difeso dall’avvocato Marcucci

Massimo per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.A., elettivamente domiciliata in Roma, piazza Cola

di Rienzo n. 92, presso lo studio dell’avvocato Lorenzo Nardone,

rappresentata e difesa dagli avvocati La Spina Giuseppe e Maria Anna

Sciabola per procura rilasciata a margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè

N.P., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Perugia n. 1319 cron.

Del 22.4.09 in causa r.g. 337-2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23.04.2010 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito l’avv. Daniele Donato per delega dell’avv. Marcucci;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

DESTRO Carlo.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

F.A., agente di polizia urbana dipendente del Comune di Spoleto, chiedeva al locale giudice del lavoro l’annullamento della graduatoria redatta da detto Ente all’esito della selezione per l’accesso alle posizioni economiche orizzontali, effettuata ai sensi dell’art. 26 del contratto integrativo decentrato 2.11.00, contestando la collocazione a lei assegnata.

Instauratosi il contraddittorio nei confronti di tutti i dipendenti in graduatoria e del Comune convenuto, il Tribunale accoglieva la domanda.

Proposto appello dal Comune nei confronti della sola F., la Corte d’appello di Perugia con ordinanza 19.11.08 disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti che avevano partecipato al giudizio di primo grado. Alla successiva udienza, fissata per il prosieguo del giudizio, in presenza del solo difensore della dipendente, la Corte, rilevato che non risultava integrato il contraddittorio, dichiarava improcedibile l’appello, condannando il Comune alle spese.

Avverso questa ordinanza proponeva ricorso per cassazione il Comune di Spoleto il quale, premesso di aver tempestivamente ottemperato all’ordine di integrazione del contraddittorio e di non essere stato presente all’udienza per un imprevisto impedimento del suo difensore, deduceva: 1) violazione dell’art. 348 c.p.c. e dell’art. 331 c.p.c., comma 2, in quanto l’inottemperanza all’ordine di integrazione del contraddittorio avrebbe dovuto condurre all’inammissibilità e non all’improcedibilità dell’appello; 2) carenza di motivazione in quanto il giudice ha tratto la conclusione dell’inottemperanza dalla mancata comparizione della parte interessata, circostanza di per sè inidonea a dar conto dell’inottemperanza all’ordinanza di integrazione del contraddittorio; c) violazione dell’art. 348 c.p.c., comma 2 in quanto il giudice ha dichiarato improcedibile l’appello senza rinviare il procedimento ad una nuova udienza.

Si difendeva con controricorso F., mentre non svolgevano attività difensiva gli altri dipendenti interessati indicati in epigrafe.

Il consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha depositato una relazione che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti.

F. ha depositato memoria.

Preliminarmente deve rilevarsi che a seguito dell’abrogazione dell’art. 357 c.p.c., che contemplava il reclamo al collegio contro le ordinanze dichiarative di improcedibilità, inammissibilità ed estinzione dell’appello, nella nuova struttura del giudizio di secondo grado la pronuncia di tali provvedimenti spetta ora al collegio ed ha natura formale di sentenza non essendo, detti provvedimenti, più soggetti a reclamo ed essendo perciò decisori e definitivi, con la conseguenza che dette pronunzie del giudice di appello sono ricorribili in cassazione ex art. 360 c.p.c. (Cass. 17.5.07 n. 11434).

Inoltre, deve ritenersi infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per carenza di delibera autorizzativa della giunta comunale, proposta dalla controricorrente.

La giurisprudenza più recente di questa Corte ritiene, infatti, che la rappresentanza processuale del Comune spetta istituzionalmente al Sindaco, di modo che nessuna delibera della Giunta comunale è richiesta per la validità del conferimento del mandato difensivo (Cass. 17.2.07 n. 1516). In ogni caso, ove esistesse nello statuto comunale esplicita disposizione nel senso dell’autorizzazione, sarebbe stato onere della parte eccipiente fornire congrua documentazione al riguardo.

Deve, infine, rilevarsi che in materia di pubblico impiego privatizzato, nelle controversie relative all’espletamento di procedure concorsuali interne per il riconoscimento del diritto all’assegnazione del posto messo a concorso, sono contraddittori necessari i partecipanti nei cui confronti la decisione è destinata a produrre effetti diretti in ragione della comunanza della situazione giuridica, complessa ma unitaria, e della domanda, implicita, di riformulazione della graduatoria, che esplica i suoi effetti nei confronti di tutti i partecipanti coinvolti dai necessari raffronti, atteso, tra l’altro, il potere del giudice, D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 63, comma 2, di adottare tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi e di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati (Cass. 5.6.08 n. 14914).

Passando al ricorso, ed anteponendo l’esame dei motivi due e tre, deve rilevarsi che nel caso di specie non si pone questione di applicazione dell’art. 348 c.p.c., comma 2. Tale norma, per la quale nel caso di mancata comparizione dell’appellante alla prima udienza il collegio è tenuto a rinviare ad una nuova udienza, è applicabile in linea di principio anche all’appello nel rito del lavoro, ma non è rilevante nel caso in cui il processo, come nel caso di specie, abbia già avuto trattazione, seppure solo sul piano processuale.

In questo caso sarebbe stato compito del giudice verificare l’ottemperanza all’ordinanza di integrazione e, in caso di riscontro positivo, invitare le parti alla discussione e adottare la decisione, non essendo prevista in questa fase l’adozione di una decisione di carattere processuale.

Non avendo nessuna delle due parti fornito la prova dell’avvenuta notifica, il giudice non avrebbe dovuto dichiarare l’appello improcedibile, ma avrebbe dovuto fare applicazione dell’art. 331 c.p.c., comma 2 per il quale – nel caso di sentenza pronunziata tra più parti in causa inscindibile – l’impugnazione è dichiarata inammissibile se nessuna delle parti provvede all’integrazione del contraddittorio.

Debbono essere, dunque, rigettati i motivi due e tre e, di conseguenza, deve essere dichiarato inammissibile il primo, atteso che parte ricorrente non ha alcun interesse ad ottenere una pronunzia di inammissibilità, invece che di improcedibilità, atteso che le due dette sanzioni processuali conducono alla stessa conseguenza della non riproponibilità dell’impugnazione (art. 358 c.p.c.).

In conclusione il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Quanto alle spese del giudizio di cassazione, esse, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza nel rapporto tra F. e Comune, mentre nulla deve statuirsi nel rapporto tra quest’ultimo ed i chiamati, che non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune di Spoleto alle spese in favore della parte costituita, nella misura di Euro 30 (trenta) per esborsi ed in Euro 3.000 (tremila) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa. Nulla spese tra il Comune ed i dipendenti non costituiti.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2010

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