Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13960 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 06/07/2020), n.13960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4312/2019 proposto da:

K.M.R., elettivamente domiciliato in Roma presso lo

studio dell’avvocato Emanuele Giudice che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno domiciliato ex lege presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1899/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 06/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/1/2020 dal Cons. Dott. Marco Marulli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.R.K., cittadino bengalese, ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Torino, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ne ha respinto il gravame nei confronti del diniego in primo grado delle misure di protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, avendo il decidente erroneamente ritenuto il ricorrente non credibile sul rilievo delle lacune e delle contraddizioni emerse dal suo racconto, valorizzate in senso ostativo alla luce del fatto che era stato lo stesso ricorrente a definirsi un migrante economico; 2) della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 avendo il decidente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria per mezzo di una motivazione generica e non rispettosa della realtà dei fatti, non essendo vero che il ricorrente fosse un migrante economico, che non godesse di uno stabile radicamento sociale in Italia e che, in caso di rimpatrio, non avrebbe visto compromesso il godimento dei diritti fondamentali; 3) dell’omesso esame di un fatto decisivo, non avendo il decidente tenuto conto del conseguito radicamento sociale del ricorrente in Italia.

Al proposto ricorso resiste l’amministrazione intimata con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo motivo è inammissibile dovendosi previamente rammentare che la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, regolata alla stregua dei criteri indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, di modo che, come questa Corte ha già chiarito, la valutazione che ne segna l’esito costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ovvero come anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, dovendosi, per converso, escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340).

3. Il secondo motivo è inammissibile, posto che, ove, in disparte dalla rubrica, si valuti la censura in conformità al suo contenuto, inteso a confutare la congruità motivazionale del decisum in rapporto ai fatti allegati, il motivo anela solo ad una diversa interpretazione delle risultanze processuali e si colloca perciò al di fuori tanto dal perimetro dell’errore di diritto, di cui l’illustrazione non soddisfa minimamente i canoni di capitolazione cassatoria, quanto dal perimetro del vizio motivazionale che non sarebbe qui ravvisabile neppure se fosse ancora in vigore il soppresso dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5

4. Il terzo motivo è ancora inammissibile posto che, quand’anche l’allegata circostanza, in guisa di fatto costitutivo, superasse la soglia dell’autosufficienza, lo sfavorevole pronunciamento del decidente di merito non sarebbe rimeditabile in questa sede integrando un apprezzamento di fatto riservato alla sua esclusiva potestà di giudizio e non avrebbe in ogni caso ad oggetto un fatto decisivo, dato, come hanno ricordato ancora da ultimo le SS.UU. (Cass., Sez. U, 13/11/2019, n. 29459), che la misura reclamata, essendo pur sempre la sua concessione la risultante di una valutazione comparativa, non potrebbe essere accordata “considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia”.

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

6. Spese alla soccombenza e doppio contributo se dovuto.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2200, oltre spese prenotate a debito.

Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I sezione civile, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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