Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13957 del 08/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 08/07/2016, (ud. 12/02/2016, dep. 08/07/2016), n.13957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25168/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT PRIVATE BANKING SPA, UNICREDIT SPA;

– intimati –

nonchè da:

UNICREDIT SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA SCROFA 57, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE PIZZONIA, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE RUSSO CORVACE, GIANCARLO

ZOPPINI giusta delega a margine;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, UNICREDIT PRIVATE BANKING SPA;

– intimati –

nonchè da:

UNICREDIT PRIVATE BANKING SPA in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA SCROFA 57,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PIZZONIA, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE RUSSO

CORVACE, GIANCARLO ZOPPINI giusta delega a margine;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, UNICREDIT SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 68/2009 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 22/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/02/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato CAUNONT CAIMI per delega

dell’Avvocato ZOPPINI che si riporta e chiede il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Milano (OMISSIS) – notificò ad Unicredit Xelion Banca S.p.A. (ora incorporata in Unicredit Private Banking S.p.A.) e alla Unicredito Italiano S.p.A. (ora Unicredit S.p.A.) avviso di rettifica con il quale era accertato il maggior valore del ramo d’azienda oggetto del contratto di cessione stipulato tra le parti con atto del 7 gennaio 2004 per notaio Ajello, registrato il 21 gennaio 2004, determinandosi il valore accertato dell’avviamento in Euro 78.710.000,00 rispetto al valore dichiarato in atto di Euro 34.100.000,00 e disconoscendosi passività per Euro 1.075.919,00, liquidandosi quindi la maggiore imposta di registro dovuta, con applicazione di sanzioni ed interessi.

L’atto fu impugnato da entrambe le parti contraenti dinanzi alla CTP di Milano che, con separate pronunce, accolse parzialmente ciascun ricorso, annullando la ripresa a tassazione relativa al valore dell’avviamento e confermando invece la ripresa per passività nel minore importo di Euro 925.819,08. tenendo conto delle eventuali imposte già versate, con sanzioni di conseguenza, essendo stato escluso che potesse ravvisarsi nella fattispecie l’errore incolpevole.

Entrambe le sentenze furono impugnate dinanzi alla CTR della Lombardia dall’Ufficio ciascuna con appello principale, resistendo a ciascun gravame le rispettive società che, a loro volta, spiegavano ciascuna appello incidentale per la parziale riforma delle sentenze nei giudizi che le avevano viste quali contraddittori dell’Ufficio.

Ciascun appello incidentale si poneva: a) quale appello incidentale condizionato all’eventuale accoglimento dell’appello principale dell’Ufficio, nella parte in cui le rispettive pronunce avevano rigettato le originarie impugnazioni relativamente al motivo afferente il dedotto vizio di motivazione dell’avviso di rettifica e liquidazione impugnato; b) quale appello incidentale non condizionato nella parte residua in cui le sentenze di primo grado avevano disposto la ripresa a tassazione sulle passività non riconosciute, con consequenziale applicazione di interessi e sanzioni.

La CTR della Lombardia, con sentenza n. 68/18/09, depositata il 22 luglio 2009, riuniti gli appelli, dopo avere esposto in motivazione di ritenere meritevoli di accoglimento le tesi esposte dalle società contribuenti, facendone a ciò conseguire “l’annullamento dell’atto impugnato”, in dispositivo, per quanto qui rileva, così testualmente pronunciava: – respinge gli appelli proposti in via principale dall’Ufficio e quello incidentale proposto dalle società contribuenti. Conferma, per l’effetto, le sentenze di primo grado”.

Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione, affidando il ricorso ad un solo motivo.

Le società intimate resistono ciascuna con controricorso e ricorso incidentale di analogo tenore, affidato per l’Unicredit S.p.A. (già Unicredito Italiano) a quattro motivi e per Unicredit S.p..A. (in qualità d’incorporante di Unicredit Private Banking S.p.A., a sua volta incorporante di Unicredit Xelion Banca S.p.A.) a tre motivi, riproponendo altresì ciascuna società le questioni non esaminate dal giudice di appello, in quanto assorbite, per l’ipotesi di ritenuta possibile decisione nel merito, ove accolto il ricorso principale di controparte.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia “omessa od insufficiente motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

La ricorrente Amministrazione lamenta da un lato l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata nell’unico passaggio avente effettiva attinenza ai fatti di causa, nel quale, in maniera apodittica, essa si è limitata ad osservare che “l’Ufficio è passato ad una valutazione comparativa senza dimostrare la identità delle transazioni poste alla base della valutazione, per cui, la ripresa relativa alla cessione di ramo d’azienda è da annullare”.

Per altro verso deduce invece la lacuna motivazionale della sentenza impugnata nella parte in cui essa avrebbe sostanzialmente omesso di valutare la correttezza, in termini di congruità, del valore determinato nell’atto impositivo in forza della comparazione assunta con altra cessione dell’11 luglio 2001 intercorsa tra Unicredito Italiano S.p.A. e Unicredit Xelion Banca S.p.A..

Le società controricorrenti hanno eccepito preliminarmente, in relazione ad una pluralità di profili, l’inammissibilità dell’avverso ricorso, del quale, in ogni caso, hanno chiesto il rigetto per infondatezza.

1.1. Preliminarmente devono disattendersi le censure d’inammissibilità del ricorso dell’Amministrazione finanziaria.

Diversamente da quanto eccepito dalle controricorrenti, la ricorrente Amministrazione non si è limitata all’assemblaggio degli atti di causa dei precedenti gradi di giudizi, ma, nei limiti di quanto rilevante ai lini della decisione del presente giudizio, ne ha riproposto il contenuto nel contesto dell’esposizione sommaria dei fatti di causa di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa va inevitabilmente rapportato all’oggetto della controversia, di non facile ricostruzione anche nella successione degli eventi, che l’Amministrazione ha compiuto anche attraverso la trasposizione di atti, ma nei limiti in cui ciò sia stato ritenuto funzionale dalla ricorrente alla formulazione della censura.

1.2. Nè coglie nel segno l’eccezione d’inammissibilità del motivo e, quindi, del ricorso unicamente sullo stesso fondato, quanto al cumulo. nell’ambito dell’unico motivo, dei vizi di omessa e d’insufficiente motivazione, ontologicamente diversi seppure accomunati nell’unica previsione normativa dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo applicabile, ratione temporis, al presente giudizio.

In proposito è sufficiente ricordare come, da ultimo. le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 6 maggio 2015, n. 9100). in relazione a fattispecie, peraltro, di denuncia congiunta, nell’ambito di un unico motivo, delle diverse violazioni prospettate in relazione al n. 3 ed al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., abbiano osservato che detta denuncia congiunta è ammissibile allorchè nell’illustrazione nel quadro di un motivo formalmente unico le censure siano esplicitate in modo autonomo.

La qualcosa certamente ricorre nella fattispecie in esame nel contesto, peraltro, dell’unico parametro di riferimento normativo invocato di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2. Il motivo addotto dall’Amministrazione ricorrente a sostegno del ricorso principale è fondato.

Nonostante il pregevole sforzo della difesa delle società controricorrenti inteso a desumere in via interpretativa quella che viene dalle parti anzidette proposta come l’effettiva portata decisoria della sentenza impugnata, la lacuna motivazionale della sentenza impugnata è tale da non consentire in alcun modo di poter valutare la correttezza logico – giuridica del decisum.

Va premesso che nell’ambito del motivo di ricorso principale non risulta denunciata la nullità della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per contrasto irriducibile tra dispositivo e motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui, alla statuizione di cui in motivazione, con la quale la CTR ha disposto “l’annullamento dell’atto impugnato”, corrisponde un dispositivo di rigetto oltre che degli appelli principali proposti dall’Ufficio, di “quello incidentale proposto dalle società contribuenti” e “conferma, per l’effetto” delle “sentenze di primo grado”, che viceversa, avevano confermato, per la maggior parte, come si è visto, la ripresa a tassazione delle passività.

2.1. Per meglio comprendere l’ambito effettivo della proposta censura, giova comunque ancora premettere in estrema sintesi quanto segue.

La vicenda per cui è causa attiene alla determinazione del valore dell’avviamento del ramo d’azienda oggetto di cessione con il menzionato atto registralo il 21 gennaio 2004.

Sia le parti private sia l’Ufficio hanno utilizzato il metodo delle “transazioni comparabili”. Diverse, peraltro, ovviamente, in relazione ai differenti valori rispettivamente attribuiti dalle parti all’avviamento nel contralto di cessione di ramo d’azienda e dall’Ufficio con l’impugnato avviso di rettifica di valore, sono le transazioni assunte come parametro di comparazione.

Quella utilizzata dall’Ufficio è stata individuata nella cessione in data 11 luglio 2001, con atto registrato a Milano (OMISSIS) al n. 30321 serie 2V, tra la Xelion Sim S.p.A. e Credito Italiano S.p.A., avente ad oggetto la promozione e la diffusione di servizi di investimento, di strumenti finanziari, di prodotti finanziari ed assicurativi denominato “Divisione Credito Italiano. La transazione cui hanno fatto riferimento le parti contraenti per la determinazione del valore dell’avviamento è quella dell’acquisto in data 1 dicembre 2003, da parte di Unicredito Italiano S.p.A.. della partecipazione totalitaria in ING Finanziaria, sub holding italiana del gruppo bancario olandese ING, che a sua volta deteneva la partecipazione totalitaria nella società ING SIM, società che ha ceduto il proprio ramo d’azienda relativo alla rete di promotori finanziari a Xelion. Il criterio adottato dall’Ufficio per la determinazione del quantum dell’avviamento, quale parte del corrispettivo convenuto per la cessione del ramo d’azienda relativo alla rete di promotori finanziari operanti sul territorio italiano di cui all’atto del 7 gennaio 2004, oggetto di accertamento di valore da parte dell’Amministrazione finanziaria, è consistito nell’applicare, in forza del campione di transazione selezionato, un valore mediano tra gli importi di avviamento derivanti dall’applicazione di un coefficiente minimo e massimo, tra quelli indicati nell’avviso impugnato dalle contribuenti, su ciascuna voce nella quale è suddiviso il totale della raccolta di capitali (asse gathering) gestiti nel triennio.

Viceversa le contribuenti hanno applicato un unico coefficiente moltiplicatore dell’1% sul totale dei patrimoni gestiti tramite la rete dei promotori finanziari, pari a circa Euro tre miliardi, ottenendo quindi un avviamento complessivo di circa Euro 30 milioni.

Detto importo è stato suddiviso, adottando le percentuali di ripartizione, tra la società di produzione – gestione (ING Investment Management SGR S.p.A.) e la rete di distribuzione (ING SIM), delle commissioni totali pagate dai clienti (tra la quota di avviamento imputabile all’attività di distribuzione (pari al 55%) e la quota imputabile all’attività di produzione – gestione, pari al 45%.

La quota relativa all’attività di distribuzione, pari a circa Euro 16,3 milioni è stata aumentata dell’importo di Euro 17,8 milioni, pari al risparmio economico derivante dal fatto che le strutture di costo della rete di distribuzione non sono state trasferite alla cessionaria, restando quindi in capo alla cedente il valore d’avviamento in Euro 34,1 milioni.

2.2. In tali termini delineati i fatti di causa, il thema decidendum devoluto al giudice d’appello evidenziava, da un lato, l’acquiescenza parziale dell’Amministrazione finanziaria alle pronunce di primo grado, nella parte in cui avevano ridotto ad Euro 925.819,08 in luogo di Euro 1.075.819.08 la ripresa a tassazione sulle passività stralciate dall’Ufficio, avendo investito l’appello principale unicamente e specificamente il solo annullamento della rettifica del valore dell’avviamento come pronunciato dai giudici di prime cure.

Dall’altro, invece, gli appelli incidentali proposti avverso le sentenze di primo grado rispettivamente da ciascuna parte privata dei relativi giudizi, avevano duplice natura: a) di appello incidentale condizionato, per la parte in cui ciascuna contribuente chiedeva la riforma della sentenza impugnata che l’aveva vista soccombente relativamente alla pronuncia di rigetto del motivo dedotto con l’impugnazione dell’atto impositivo, concernente il dedotto vizio di motivazione dell’atto medesimo, da ritenere illegittimo anche per eccesso di potere nella forma sintomatica della contraddittorietà con altro atto emesso dallo stesso Ufficio finanziario; b) di appello incidentale non condizionato relativamente alla richiesta riforma di ciascuna sentenza impugnata, con la quale i giudici di primo grado avevano confermato la ripresa a tassazione sulle passività nella parte residua accertata come effettivamente da stralciare rispetto a quella indicata dall’Ufficio nell’avviso di rettifica e liquidazione impugnato, con richiesta quindi di annullamento in toto dell’avviso impugnato per infondatezza nel merito della pretesa impositiva.

La sentenza resa dalla CTR negli appelli riuniti risulta, se non assolutamente non intellegibile nella sua ratio decidendi, quanto meno carente di adeguata motivazione relativamente al compiuto accertamento di fatto.

Se, infatti, un pur succinto nucleo motivazionale relativo ai fatti di causa è riscontrabile nella parte in cui la sentenza impugnata testualmente afferma: “Risulta” (…) “che è passato ad una valutazione comparativa senza dimostrare la identità delle transazioni poste a base della valutazione, per cui la ripresa relativa alla cessione di ramo d’azienda è da annullare”, nel quadro della censura formulata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo, applicabile, ratione temporis, al presente giudizio, non è riscontrabile la coerenza sul piano logico di tale affermazione con le risultanze di causa.

Premesso che, nel testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anteriormente alla modifica, da ultimo apportata del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), come convertito, con modificazioni, in L. n. 134 del 2012, con specifico riferimento alla valutazione dell’avviamento commerciale, questa Corte ha avuto modo in più occasioni di affermare il principio secondo cui “in tema d’imposta di registro, ai fini dell’applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 51, comma 4, riguardante il controllo dell’ufficio sugli atti aventi ad oggetto aziende o diritti reali su di essa, l’esistenza di un valore di avviamento dell’azienda costituisce oggetto di un giudizio di fatto rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito ed immune dal sindacato di legittimità, se adeguatamente motivato” (cfr. Cass. civ. sez. 5, 13 gennaio 2006, n. 613; più di recente Cass. civ. sez. 5 6 maggio 2015, n. 9075, riguardo alla discrezionalità della scelta del metodo per la determinazione dell’avviamento), deve ritenersi che, nella fattispecie in esame, manchi nella decisione impugnata la consapevolezza di quali fossero le transazioni di riferimento e quale fosse il loro oggettivo contenuto, affinchè il giudizio espresso in termini di congruità circa il valore attribuito all’avviamento in ragione dell’una piuttosto che dell’altra risultasse razionalmente e coerentemente formulato.

La CTR, infatti, assume che il valore dell’avviamento calcolato dall’Ufficio si basi “su contratto di appalto di servizi intercorso tra le due società in data successiva alla cessione del ramo di azienda oggetto della rettifica”, o che il valore dell’avviamento risulterebbe supportato da perizia di stima, “non contraddetta dall’Ufficio”, redatta ai fini di analoga cessione avvenuta all’interno del gruppo.

Orbene, la sentenza impugnata, nella prima delle due proposizioni, incorre in un vero e proprio travisamento del fatto (essendo, come si è detto, la transazione assunta come parametro di comparazione dall’Ufficio quella del 2001).

Quanto alla seconda, non v’è alcuna perizia in atti alla quale far riferimento. Le parti controricorrenti hanno sostenuto che, nell’adoperare il termine perizia, la decisione impugnata sia incorsa in una mera imprecisione terminologica, che non impedirebbe di riferire detto termine, impropriamente utilizzato dalla sentenza impugnata, alla certificazione, da parte di società di revisione, del valore dell’avviamento di cui alla transazione del 2003 assunta come parametro di riferimento dalle contribuenti, in adempimento della quale il Gruppo Unicredito aveva pagato al gruppo olandese indipendente ING per l’acquisizione della rete italiana dei promotori finanziari di quest’ultima l’importo di Euro 34.120.265, pressochè equivalente a quello di Euro 34.100.000 dichiarato nell’atto di cessione del 7 gennaio 2004 oggetto di accertamento da parte dell’Ufficio.

Sennonchè – ove anche possa riferirsi il riferimento in questione alla certificazione della società di revisione – mancherebbe, comunque, il presupposto della non contestazione di detto valore insito nell’espressione adoperata di perizia “non contraddetta dall’Ufficio”, atteso che il riferimento all’atto del 2001 da parte dell’Ufficio integra in se stesso la contestazione della congruità dell’avviamento indicato nell’atto oggetto di accertamento sulla base della certificazione della società di revisione.

Nè, infine, il giudizio motivazionale risulta in alcun modo posto in correlazione con i termini dell’effettivo contenuto, pur richiamato, delle decisioni rese dai giudici di primo grado – segnatamente nella parte in cui i giudici di prime cure avevano ritenuto l’omogeneità della transazione del 2003 all’atto per cui è causa del gennaio 2004 – sia in termini di oggetto della cessione, sia come riferimento temporale, rispetto a quella del 2001, anteriore all’attentato dell’11 settembre alle Torri gemelle di New York, che aveva avuto forti contraccolpi sul mercato finanziario, onde potersi ritenere integrata una motivazione sufficiente per relationem a quanto esposto dalla CTP. 2.3. Analoga insufficienza motivazionale – di là dalla pur evidente contraddizione tra il dispositivo della sentenza di rigetto dell’appello incidentale proposto dalle società contribuenti e la motivazione della stessa che ha portato la CTR all’annullamento in toro dell’atto impositivo impugnato – riguarda il riconoscimento integrale delle passività quali esposte nell’atto di cessione, sulla base della mera affermazione che “Relativamente alle riprese riguardanti le passività, i valori sono esattamente quelli scaturenti dai contratti in essere con i Promotori Finanziari”, senza quindi che risulti in alcun modo intellegibile il percorso logico che avrebbe condotto la CTR, nell’esame sul punto delle contrapposte censure, a privilegiare pienamente quella svolta dalle contribuenti nei rispettivi gravami incidentali in luogo di quella dell’Amministrazione, che aveva anche sul punto, reso acquiescenza parziale alle decisioni dei giudici di primo grado.

3. Venendo all’esame dei rispettivi ricorsi incidentali proposti dalle società controricorrenti va dato atto che si è sopra osservato che, nel pur non coerente iter motivazionale, la decisione impugnata aveva, con l’annullamento integrale dell’atto impositivo impugnato, inteso accogliere gli appelli incidentali proposti dalle società contribuenti avverso le decisioni di primo grado anche relativamente alla residua ripresa a tassazione delle passività nei termini statuiti dalle decisioni di primo grado, comportando l’accoglimento integrale nel merito dei ricorsi delle contribuenti l’assorbimento degli ulteriori motivi di appello incidentale (condizionato).

3.1. Ciò premesso, deve ritenersi che i primi due motivi di ricorso incidentale autonomo di Unicredit S.p.A. (già Unicredito Italiano S.p.A.) (rubricati, rispettivamente, sub 2 e 3 del controricorso) ed il primo motivo di ricorso incidentale autonomo di Unicredit S.p.A. nella qualità di incorporante di Unicredit Private Banking S.p.A. (rubricato sub 3 nel relativo controricorso) debbano essere dichiarati. in questa sede, ah origine, inammissibili per carenza d’interesse, difettando il presupposto della soccombenza.

li relativo accertamento di fatto, in conseguenza della cassazione della sentenza impugnata in accoglimento del ricorso principale dell’Amministrazione, dovrà quindi nuovamente essere demandato al giudice di rinvio, nei limiti di quanto già devoluto dinanzi al giudice d’appello dalle rispettive impugnazioni sul punto avverso le decisioni di primo grado.

3.2. Ad analoga conclusione deve pervenirsi riguardo al terzo motivo di ricorso incidentale di Unicredit S.p.A. (già Unicredito Italiano S.p.A.) di cui sub 5 nel relativo controricorso, cui corrisponde il secondo motivo di ricorso incidentale di Unicredit S.p.A. nella qualità di incorporante di Unicredit Private Banking S.p.A. (rubricato sub 4 nel relativo controricorso), con i quali si contesta il vizio di omessa pronuncia sulla contestazione dell’irrogazione delle sanzioni.

La relativa questione, già oggetto di eccezione riproposta, del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 56, dinanzi al giudice d’appello, costituirà pertanto anch’essa oggetto di nuovo esame in sede di rinvio.

3.3. Ugualmente inammissibili. ma per diversa ragione, sono il quarto motivo di ricorso incidentale, contenuto (sub 6) nel controricorso di Unicredit S.p.A. (già Unicredito Italiano S.p.A.), ed il terzo (corrispondente) motivo di ricorso incidentale di Unicredit S.p.A. nella qualità di incorporante di Unicredit Private Banking S.p.A. (rubricato sub 5 nel relativo controricorso), aventi ciascuno natura di ricorso incidentale condizionato, con i quali le società contribuenti lamentano il vizio di omessa pronuncia sui rispettivi motivi d’appello incidentali avverso le decisioni di primo grado che avevano rigettato i rispettivi motivi d’impugnazione volti a denunciare la carenza di motivazione dell’avviso di rettifica e liquidazione impugnato.

La sentenza della CTR in questa sede impugnata, che aveva ritenuto fondati i ricorsi delle contribuenti quanto al merito delle contestazioni sul valore attribuito all’avviamento ed al disconoscimento delle passività operate dall’Ufficio, aveva quindi comportato l’assorbimento in senso proprio su ciascun ulteriore motivo di gravame volto alla riforma delle decisioni di primo grado, che avevano invece ritenuto legittimo l’avviso di rettifica e liquidazione sotto il profilo della rispondenza della motivazione ai requisiti di cui del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52 comma 2 bis e della L. n. 212 del 2000, art. 7, donde l’impossibilità di configurare l’omissione di pronuncia in relazione all’art. 112 c.p.c. (cfr. Cass. sez. 1, 27 dicembre 2013, n. 28663).

Vero è che la cassazione della pronuncia impugnata a seguito del ricorso principale dell’Amministrazione fa venir meno le ragioni dell’assorbimento. Ne risulterebbe, pertanto, il vizio di motivazione del tutto omessa sul motivo di gravame incidentale relativo all’eccepita carenza motivazionale dell’atto impositivo, che, peraltro, non è stato oggetto in questa sede di autonoma ulteriore censura con ricorso incidentale condizionato.

5. La pronuncia impugnata va dunque cassata in accoglimento del ricorso principale dell’Amministrazione ricorrente, dichiarati inammissibili per le ragioni dinanzi esposte i ricorsi incidentali delle controricorrenti e la causa rimessa per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Lombardia, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibili i ricorsi incidentali proposti dalle società controricorrenti.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso principale accolto e rinvia la causa per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Lombardia anche per spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2016

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