Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13956 del 05/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/06/2017, (ud. 20/04/2017, dep.05/06/2017),  n. 13956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12255/2016 proposto da:

ONLY ONE CORPORATION S.R.L. – P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CALABRIA 56, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI D’AMATO,

rappresentata e difesa dall’avvocato DANIELE DE LUCA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 11809/47/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 22/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/04/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 4 dicembre 2015 la Commissione tributaria regionale della Campania dichiarava inammissibile l’appello proposto dalla Only One Corporation srl avverso la sentenza n. 8821/28/15 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che ne aveva dichiarato a sua volta inammissibile il ricorso contro la cartella di pagamento IVA ed altro 2009. La CTR osservava in particolare che il gravame doveva essere dichiarato inammissibile, poichè, come eccepito dall’Agente della riscossione, proposto mediante spedizione con utilizzo di servizio di posta privata.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo quattro motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

L’intimata Equitalia Sud spa non si è difesa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione di plurime disposizioni legislative, poichè la CTR ha dichiarato l’inammissibilità del suo appello in quanto notificato a mezzo di un servizio di posta privata.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-5 – vi è doglianza di omesso esame, anche in violazione dell’art. 116 c.p.c., delle ricevute di ritorno del gravame spedito.

Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente si duole di violazione/falsa applicazione degli artt. 156, 157, 167, c.p.c., poichè la CTR non ha ritenuto sanabile/sanato il vizio notificatorio rilevato dal raggiungimento dello scopo della conoscenza del gravame da parte delle appellate.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono infondate.

Va infatti ribadito che “In tema di notifiche a mezzo posta, il D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, pur liberalizzando i servizi postali in attuazione della direttiva 97/67/CE, continua a riservare in via esclusiva, per esigenze di ordine pubblico, al fornitore del servizio universale (Ente Poste) gli invii raccomandati attinenti le procedure amministrative e giudiziarie. Ne consegue che è inammissibile l’atto di appello notificato mediante servizio di posta privata, trattandosi di una notificazione inesistente, insuscettibile di sanatoria e non assistita dalla funzione probatoria che il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 1, lett. i), ricollega alla nozione di invii raccomandati” (Sez. 6-5, Ordinanza n. 27021 del 19/12/2014, Rv. 634225-01; nello stesso senso Sez. 6-5, Ordinanza n. 19467 del 30/09/2016, Rv. 641243-01).

La sentenza impugnata si conforma a tale principio di diritto e non merita pertanto cassazione.

Quanto ai precedenti citati dalla ricorrente, va rilevato che la sentenza n. 2886/2014 di questa Corte non è per nulla pertinente al caso di specie, mentre la sentenza n. 2922/2015 si fonda su di una diversa ratio decidendi, essendo l’affermazione di diritto sottolineata dalla ricorrente stessa un mero obiter dictum.

In tale pronuncia infatti si trattava di una procedura notificatoria effettuata dall’Agente della riscossione e non quindi, come nel caso in esame, dal contribuente all’Agente della riscossione ed all’Agenzia delle Entrate.

Pertanto la considerazione effettuata dal Collegio in quel diverso caso in ordine all’ipotesi inversa non può che essere appunto considerato al di fuori del perimetro decisionale di quella pronuncia ossia un mero obiter dictum.

Il ricorso va dunque rigettato per l’infondatezza dei primi tre motivi, essendone evidentemente assorbito il quarto.

PQM

 

I Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità all’Agenzia delle Entrate che liquida in Euro 3.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2017

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