Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13952 del 10/06/2010
Cassazione civile sez. trib., 10/06/2010, (ud. 30/04/2010, dep. 10/06/2010), n.13952
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 697/2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope
legis;
– ricorrente –
contro
G.P.C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II 252, presso lo studio dell’avvocato PAGLIARO
Luca, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NARDOCCI
EDOARDO, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 77/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
di MILANO del 19/10/07, depositata il 12/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
30/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;
è presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO
IANNELLI.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Nella causa indicata in premessa, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, che – nell’ambito di giudizio in tema di impugnazione di cartella esattoriale emessa nei confronti del marito della contribuente, deceduto il (OMISSIS), accolta dalla CTP di Pavia, – ha respinto l’appello (incidentale) dell’Ufficio.
La parte erariale lamenta che la sentenza avrebbe violato l’art. 2909 c.c., perchè la precedente sentenza avrebbe accertato l’assenza della qualità di erede della contribuente (per rinunzia all’eredità) e non che non dovesse rispondere iure proprio della dichiarazione congiunta presentata nel 1989, ed avrebbe violato la L. n. 114 del 1977, art. 17, per non avere tenuto conto della responsabilità solidale conseguente alla dichiarazione congiunta anche in caso di rinuncia del coniuge superstite all’eredità.
Manifestamente, entrambi i motivi non censurano la decisiva ratio decidendi, consistente nella ritenuta inoppugnabilità dell’inefficacia dell’atto presupposto nei confronti della contribuente, dichiarato con sentenza CTP Pavia n. 11/2001, non impugnata. L’Agenzia avrebbe dovuto, invece, censurare quest’autonoma ragione espressa a sostegno della decisione impugnata, ma non poteva certo censurare motivazioni espresse in una sentenza diversa da quella impugnata. Sono pertanto inammissibili le censure esposte in quanto prive di riscontro nella decisione impugnata e riferentisi a passaggi della sentenza pronunciata nel giudizio d’impugnazione dell’atto di accertamento, perciò proponibili solo in sede di impugnazione di quella sentenza, essendo infatti da rilevare che, secondo la consolidata giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al “decisum” della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possano rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dovendo il ricorso per cassazione contenere, a pena di inammissibilità i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi pronunzie diverse da quella impugnata (v. tra le altre Cass. N. 2312 del 2003 e n. 3612 del 2004 e, specificamente in materia tributaria, n. 17125 del 2007).
La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite.
Non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto.
riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso deve essere rigettato;
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 12.600,00, di cui Euro 100,00 per spese vive, oltre contributo unificato, spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2010