Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13952 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 06/07/2020), n.13952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36137-18 proposto da:

D.B., rappresentato e difeso dall’avv. Caterina Bozzoli,

elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Padova, via

Trieste n. 49;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia depositata il

12 giugno 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/1/2020 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 1613/18, pubblicata il 12 giugno 2018, confermando l’ordinanza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da D.B., cittadino asseritamente proveniente dal Mali, il quale ha riferito di aver abbandonato il paese di origine perchè terrorizzato a seguito di un attentato che aveva colpito la sua abitazione causando l’uccisione del padre, nell’ambito del conflitto sviluppatosi in Mali a seguito dell’offensiva del Movimento di Liberazione dell’Azawad.

La Corte territoriale, in particolare, ha rilevato la mancanza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, rilevando la mancanza di credibilità delle dichiarazioni, considerata la scarsa precisione e le contraddizioni del racconto del richiedente: questi non era stato neppure in grado di descrivere la regione nella quale si erano svolti gli scontri armati ed in cui avrebbe a lungo vissuto, nè le ragioni del conflitto;

la Corte riteneva dunque non verosimile la circostanza che la famiglia del richiedente si fosse trasferita dalla regione di (OMISSIS), nel sud del paese, in cui era nato il richiedente, a Gao, nel nord del Mali, teatro degli scontri armati, in assenza di gravi o plausibili motivi;

inoltre non appariva verosimile che il richiedente fosse fuggito dal Mali ed avesse abbandonando la madre, disinteressandosi del tutto delle sue condizioni.

La Corte ha escluso, in conseguenza della scarsa credibilità del racconto, il pericolo di un danno grave alla persona del richiedente in relazione alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); ha inoltre escluso la sussistenza, nell’area di provenienza del rifugiato, vale a dire la regione di (OMISSIS), nel sud del paese, di una situazione di conflitto armato e violenza generalizzata, come richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed ha altresì respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente.

Avverso detta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, il richiedente asilo.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e nullità della sentenza impugnata, lamentando il mancato riconoscimento dello status di rifugiato.

Il motivo è inammissibile per assoluta genericità, limitandosi ad affermare apoditticamente la sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione internazionale, omettendo di confrontarsi con la ratio della sentenza impugnata.

Del pari inammissibile, per radicale genericità, il secondo motivo di ricorso, che denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998m, art. 5 e l’omessa pronuncia sui motivi di gravame, censurando, in modo del tutto generico, la mancata concessione della protezione umanitaria, limitandosi ad allegare la giovane età del richiedente e la mancanza di legami con il paese di origine da cui questi era fuggito da oltre cinque anni.

Ed invero, anche con riferimento al riconoscimento della protezione umanitaria, secondo la disciplina previgente applicabile ratione temporis (Cass. 4890/2019), è evidente che l’attendibilità della narrazione svolge un ruolo rilevante, atteso che, ai fini di valutare se il richiedente abbia subito un’effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, questa dev’essere necessariamente correlata alla condizione del medesimo, posto che solo la sua attendibilità consente di attivare poteri officiosi (Cass. 4455/2018).

Il mezzo è peraltro del tutto generico, in quanto non contiene l’allegazione di una specifica situazione di fragilità del richiedente nel senso sopra richiamato, nè reca alcun indice del suo inserimento sociale nel nostro paese.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e, considerato che il Ministero dell’interno non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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