Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1395 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 22/01/2020, (ud. 30/10/2019, dep. 22/01/2020), n.1395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19180/2015 proposto da:

M.M.M., B.P., C.G.,

G.F., P.V., S.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

LUIGI GIACOMO MESSINA;

– ricorrenti –

contro

COMUNE MARSALA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, LARGO LUIGI ANTONELLI 10, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA COSTANZO, rappresentato e difeso dall’avvocato

MASSIMILIANO MARINELLI;

– controricorrente –

e sul ricorso successivo senza numero di r.g. proposto da:

P.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO

14, presso lo studio dell’avvocato ANDREA GRAZIANI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CATERINA BIVONA;

– ricorrente successivo –

contro

COMUNE MARSALA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, LARGO LUIGI ANTONELLI 10, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA COSTANZO, rappresentato e difeso dall’avvocato

MASSIMILIANO MARINELLI;

– controricorrente al ricorso successivo –

e contro

COOPERATIVA SERVIZI SCOLASTICI E SOCIALI A R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2467/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 14/01/2015, R.G.N. 2582/2010.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Marsala, in parziale accoglimento del ricorso proposto dai ricorrenti epigrafati, che avevano lavorato quali autisti di scuola bus in base a plurimi contratti a termine alle dipendenze della Cooperativa Servizi Scolastici e Sociali s.r.l., alla quale il Comune di Marsala aveva dato in appalto il servizio di trasporto degli alunni per il periodo gennaio – dicembre 2001, poi prorogato per il biennio 2002 2003, e per i bienni 2004-2005 e 2006 – 2007, aveva condannato in solido la Cooperativa ed il Comune a corrispondere a ciascuno dei lavoratori le differenze retributive per il solo periodo dal 2004 al 2007, nell’importo calcolato per ciascuno dal nominato C.t.u., in base al c.c.n.l. applicabile;

2. con sentenza del 14.1.2015, la Corte d’appello di Palermo rilevava che il capitolato speciale del contratto di appalto per il biennio 2004/2005 e per il biennio 2006/2007 richiamava il trattamento economico e normativo al c.c.n.l. per i dipendenti degli Enti Locali e che quest’ultimo non costituiva solo il parametro di calcolo del costo del servizio, ma, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 5, anche la fonte regolativa del trattamento economico riservato ai dipendenti dell’appaltatore; quanto al periodo precedente, l’art. 7 del Capitolato di appalto prevedeva il trattamento previsto dal c.c.n.l. di categoria, che era quello riferito all’attività svolta di trasporto delle persone, sicchè doveva essere applicato il c.c.n.l. autoferrotranvieri e le differenze stipendiali, in parziale riforma della decisione indicata, venivano calcolate con riguardo a tali parametri, con esonero del Comune quanto alla riconosciuta responsabilità solidale per il pagamento dei crediti accertati, in applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29;

3. la Corte rilevava che nel ricorso di primo grado non era stata avanzata domanda nei confronti del committente ai sensi dell’art. 1676 c.c. e che non vi era stata alcuna allegazione dei presupposti di fatto dell’azione diretta, con conseguente novità della relativa domanda;

4. veniva, pertanto, disposta la condanna della Cooperativa al pagamento delle somme per ciascuno degli appellati indicate in sentenza ed era rigettata la domanda nei confronti del Comune, dichiarandosi il diritto dello stesso a ripetere le somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado;

5. di tale decisione domandano la cassazione M.M.M. ed altri cinque lavoratori e, con separato ricorso, anche P.N., affidando ciascun ricorso a due motivi, ai quali tutti resiste, con distinti controricorsi, il Comune di Marsala.

Diritto

RGIONI DELLA DECISIONE

RICORSO M. ed altri:

1. Con il primo motivo, si denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e art. 1676 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, sul rilievo che nella specie emergeva chiaramente l’intento dei lavoratori, escluso dalla Corte d’appello, di proporre azione diretta ex art. 1676 c.c., nei confronti del Comune, essendo state specificate le differenze tra azione diretta contro il committente ex art. 1676 c.c., ed azione in via solidale ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, come dimostrato dalle difese spiegate in primo grado dal Comune anche in relazione all’azione ai sensi dell’art. 1676 c.c. e dalla mancanza di alcuna modifica della causa petendi e dei presupposti di fatto, per essere state le conseguenti situazioni giuridiche prospettate anche in appello;

1.1. sostengono i ricorrenti che il Comune, in quanto committente del servizio di trasporto scolastico oggetto degli appalti in cui erano impiegati i ricorrenti, fosse tenuto in solido con la cooperativa al pagamento delle differenze retributive dovute al singolo lavoratore;

2. con il secondo motivo, si lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 303 e 305 c.p.c., nonchè degli artt. 415,421 e 291 c.p.c., rilevandosi che, a seguito della interruzione del processo, la causa era stata ritenuta dalla Corte d’appello erroneamente riassunta in data 17.12.2013 oltre i tre mesi dall’interruzione del 25.7.2013; si assume che il Comune, dopo avere depositato tardivamente il ricorso in riassunzione, aveva omesso di notificare lo stesso per la prima udienza di rinvio entro la quale era stato disposta la rinotifica con termine perentorio, non rispettato;

3. quanto al primo motivo, la Corte palermitana ha affermato che nel ricorso introduttivo ciascuno dei lavoratori aveva chiesto l’affermazione dell’obbligo del Comune di Marsala in quanto committente del servizio di trasporto scolastico oggetto degli appalti e della responsabilità in solido dello stesso con la Cooperativa convenuta per il pagamento delle differenze retributive richieste e che tale unica deduzione sulla posizione del Comune sorreggeva e spiegava la domanda rassegnata nelle conclusioni, ove era domandata la condanna al pagamento da parte della Istituzione Comunale (OMISSIS) e del Comune in quanto coobbligati in solido con la Cooperativa: ciò dimostrava che era stata azionata solo la domanda D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29 e non anche quella ex art. 1676 c.c., solo richiamato, senza alcuna allegazione dei relativi presupposti di fatto dell’azione di diretta;

3.1. non si evince dal ricorso introduttivo, allegato nel corpo del ricorso solo parzialmente quanto alle conclusioni rassegnate da ciascun ricorrente, che altra sia stata la prospettazione della domanda. Al riguardo è stato affermato che “anche laddove vengano denunciati con il ricorso per cassazione “errores in procedendo”, in relazione ai quali la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, si prospetta preliminare ad ogni altra questione quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità, diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di Cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali” (cfr. Cass. 20.7.2012 n. 12664, Cass. 13.3.2018 n. 6014, che, in applicazione di questo principio, ha affermato che il ricorrente, ove censuri la statuizione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile la domanda principale ed omesso di pronunciarsi su quella subordinata, ha comunque l’onere di riprodurre gli atti e documenti del giudizio di merito nei loro passaggi essenziali alla decisione e di precisare l’esatta collocazione dei documenti nel fascicolo d’ufficio al fine di renderne possibile l’esame nel giudizio di legittimità); non risultano neanche riportati i termini del ricorso in appello per la parte di interesse;

3.2. peraltro, il riferimento alla responsabilità solidale di appaltatore e committente denota la correttezza delle osservazioni della Corte palermitana quanto alla ritenuta mancata deduzione dei presupposti anche di una domanda in via diretta nei confronti dell’appaltatore;

4. in ordine al secondo motivo, va osservato che è corretto quanto assume il Comune sull’applicabilità dell’art. 305 c.p.c. e del termine di tre mesi per la riassunzione soltanto ai giudizi interrotti instaurati dopo il 4.9.2009, ai sensi di quanto previsto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 14 e dell’art. 58, comma 1, della legge menzionata, che ha previsto che tale disposizione, che riduce a tre mesi il termine per la riassunzione di giudizio interrotto, originariamente di sei mesi, si applichi ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore, tra i quali non ricade anche quello in esame, instaurato in epoca precedente alla data indicata;

4.1. la seconda doglianza relativa alla perentorietà del termine concesso dal giudice per la rinnovazione della notificazione, concesso per due volte con ritenuta improcedibilità dell’atto in riassunzione, non è sorretta da adeguata specificazione delle ragioni dei disposti rinvii, ben potendo essere giustificato, in ipotesi, il secondo rinvio da una ravvisata necessità di rimessione in termini;

RICORSO P.:

5. con il primo motivo, ci duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, con esclusione del principio di solidarietà in capo alla P.A. ed, in via subordinata, con esclusione per i diritti maturati prima dell’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006, richiamandosi la pronuncia di questa Corte di Cassazione n. 15432 del 2014, la cui lettura consentirebbe di ritenere che la situazione doveva considerarsi diversa per i rapporti maturati sino al dicembre 2006, come nella specie, in quanto solo con la L. n. 296 del 2006, era stato sanato il difetto di delega, e sostenendosi che, prima del momento dell’entrata in vigore di tale legge, l’unica interpretazione perseguibile era quella costituzionalmente orientata al rispetto della delega contenuta nella L. 14 febbraio 2003, n. 30, art. 6;

6. con il secondo motivo, si ascrive alla decisione impugnata omessa motivazione quanto al rigetto delle domande formulate ex art. 1676 c.c., osservandosi che era stata proposta domanda, in via subordinata, per il pagamento, in via solidale ai sensi della norma suddetta, delle obbligazioni contratte nei confronti del ricorrente dall’appaltatore;

7. quanto al primo motivo, va evidenziato che, in materia di appalti pubblici, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 1, comma 2, non è applicabile alle pubbliche amministrazioni la responsabilità solidale prevista dall’art. 29, comma 2, del richiamato D.Lgs., dovendosi ritenere che il D.L. n. 76 del 2013, art. 9, conv. con modif. nella L. n. 99 del 2013, nella parte in cui prevede la inapplicabilità del suddetto art. 29 ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, non abbia carattere di norma di interpretazione autentica, dotata di efficacia retroattiva, avendo solo esplicitato, senza innovare il quadro normativo previgente, un precetto già desumibile dal testo originario del richiamato art. 29 e dalle successive integrazioni (cfr. Cass. 10.10.2016 n. 20327): non sussiste, pertanto, alcun contrasto fra l’art. 1, comma 2, del D.Lgs. e la legge delega, perchè il primo, in realtà, si limita ad esplicitare ciò che era già contenuto nella L. n. 30 del 2003, art. 6 (cfr. par. 2.1 della motivazione della richiamata decisione);

8. con riferimento alla doglianza prospettata nel secondo motivo, a prescindere dall’erronea formulazione del motivo quale omessa motivazione, non più valida nella nuova formulazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, vale quanto osservato sulla censura proposta dagli altri lavoratori e comunque è corretto quanto affermato dalla Corte territoriale sulla mancata allegazione dei presupposti di fatto dell’azione diretta;

9. alla stregua delle svolte considerazioni deve pertanto pervenirsi al rigetto di entrambi ricorsi;

10. i ricorrenti del primo ricorso ed il P. vanno pertanto condannati, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese, in favore del Comune, liquidate rispettivamente nella misura indicata in dispositivo;

11. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta i ricorsi e condanna M.M.M. ed i suoi litisconsorti nonchè P.N. rispettivamente al pagamento delle spese di lite nei confronti del Comune di Marsala, liquidate, per i primi, in Euro 200,00 per esborsi, Euro 6000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15% e, per il secondo, in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R., ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2020

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