Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13948 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 06/07/2020), n.13948

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33389-18 proposto da:

Y.M., rappresentato e difeso dall’avv. Simona Maggiolini,

elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Ferrara, via

Guglielmo degli Aleardi, n. 61;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO elettivamente domiciliato in Roma, via dei

Portoghesi, 12 presso l’Avvocatura generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia depositata il 2

maggio 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/1/2020 dal Consigliere Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 1055/18, pubblicata il 2 maggio 2018, confermando l’ordinanza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da Y.M., cittadino proveniente dal Pakistan, il quale aveva riferito di aver abbandonato il paese poichè era stato aggredito da due talebani, i quali lo avevano fermato per strada e picchiato con un bastone fino a cagionargli la frattura del polso, minacciandolo altresi di morte, per il solo fatto che egli aveva chiesto informazioni sui nuovi vicini di casa, anch’essi talebani.

La Corte territoriale, in particolare, ha rilevato la mancanza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, ritenendo scarsamente credibili le dichiarazioni del richiedente.

La Corte ha escluso, in conseguenza della scarsa credibilità del racconto, il pericolo di un danno grave alla persona del richiedente, in relazione alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) e la sussistenza, nell’area di provenienza del rifugiato, di una situazione di conflitto armato e violenza generalizzata, come richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); il giudice d’appello ha altresì respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, il richiedente asilo.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sul rilievo che la Corte territoriale aveva erroneamente affermato che il Pakistan non era interessato da una situazione di conflitto armato interno, sulla base di una lettura parziale ed incompleta delle acquisite informazioni COI.

Il motivo è inammissibile per genericità, poichè esso si limita a contrapporre all’apprezzamento di merito della Corte territoriale una diversa valutazione della situazione del Pakistan, senza peraltro specificamente indicare gli elementi e le fonti da cui desumere la sussistenza di una situazione di conflitto armato o violenza indiscriminata richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c).

La stessa allegazione del richiedente, del resto, fa riferimento ad una situazione che, pur complessa, caratterizzata da conflitti politici e da controversie internazionali, che possono occasionalmente scatenare episodi di violenza, non integra il presupposto richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), secondo cui il grado di violenza indiscriminata deve aver raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel paese o regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire una minaccia grave alla propria incolumità (Cass. 13858 del 2018).

Il secondo mezzo denuncia violazione di legge, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

Il motivo è inammissibile per genericità.

Nel caso di specie è stata esclusa la credibilità del racconto del richiedente ed è evidente che l’attendibilità della narrazione svolge un ruolo rilevante anche ai fini della protezione umanitaria, atteso che, ai fini di valutare se il richiedente abbia subito un’effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, questa dev’essere necessariamente correlata alla particolare condizione del richiedente medesimo: solo la sua attendibilità consente infatti di attivare poteri officiosi (Cass. 4455/2018).

Il mezzo è peraltro carente sotto il profilo della sussistenza di una specifica situazione di fragilità del richiedente: esso si limita a ribadire, da un lato, l’inizio di un processo di integrazione sociale, e dall’altro la generale situazione di estrema povertà e di debolezza delle strutture sociali nel paese di origine, ma non indica una situazione di grave compromissione dei diritti fondamentali specificamente riferita al richiedente.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il richiedente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in 2.100,00 Euro, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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