Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13947 del 24/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2011, (ud. 29/03/2011, dep. 24/06/2011), n.13947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

nei cui Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

P.G., titolare del laboratorio di analisi cliniche

“BIOS” con sede in (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta delega a

margine del controricorso, dall’Avv. Riello Vincenzo, elettivamente

domiciliato nello studio dell’Avv. Luigi Mancini in Roma, Via di S.

Costanza n. 46;

– controricorrente –

AVVERSO la sentenza n. 09/42/2006 della Commissione Tributaria

Regionale di Napoli – Sezione n. 42, in data 18/01/2006, depositata

il 19 gennaio 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica Udienza del 29

marzo 2011 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Sentito l’Avv. Alessandro De Stefano, dell’Avvocatura Generale dello

Stato, per la ricorrente Agenzia;

Presente il P.M. Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il contribuente in epigrafe indicato impugnava in sede giurisdizionale il diniego, opposto dall’Agenzia Entrate, alla domanda presentata al fine di ottenere il rimborso dell’IVA, non portata in detrazione per gli anni dal 1994 al 2002.

L’adita CTP di Caserta accoglieva il ricorso, giusta decisione che veniva confermata dai Giudici di appello. In particolare, questi ultimi, dopo avere riconosciuto la legittimazione attiva del contribuente e la tempestività della richiesta, nel merito, hanno affermato che le operazioni relative all’acquisto di beni strumentali destinate all’effettuazione di prestazioni sanitarie di diagnosi devono ritenersi escluse dall’IVA, ai sensi dell’art. 13 della Direttiva Comunitaria 388/77.

Con ricorso notificato il 13.05.2006, l’Agenzia Entrale ha chiesto l’annullamento della decisione impugnata. Con controricorso notificato il 27.06.2006, il contribuente ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’Agenzia Entrate censura l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 99 e 100 c.p.c., D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17 e 18 ed altresì, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, nonchè per omessa pronuncia su punti decisivi della controversia e violazione ed errata applicazione dell’art. 13, parte b, lett. c) della 6 Direttiva CEE. Con il primo profilo di censura, viene riproposta e l’eccezione di carenza di legittimazione ad causam del contribuente, sostenendo che la titolarità del diritto all’eventuale restituzione dell’imposta spetta al solo cedente e non mai al cessionario del bene. Con il secondo mezzo, viene censurata la decisione, per avere affermato che alla domanda di rimborso andava applicato il termine ordinario di prescrizione decennale, sostenendosi che, nel caso, doveva trovare, invece, applicazione il termine decadenziale biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, con la conseguenza che il contribuente non aveva più titolo a chiedere il rimborso dell’imposta degli anni dal 1994 al 2000.

Con il terzo motivo, lamenta l’omessa pronuncia sul motivo di appello con cui l’Ufficio aveva censurato la particolare interpretazione della disciplina Comunitaria, e sostiene che la stessa va letta nel senso che devono essere esentate le cessioni di beni effettuate da soggetti che hanno destinato in precedenza detti beni alla effettuazione di operazioni esenti, quando l’IVA assolta al momento del loro acquisto non è stata detrattali primo mezzo, deve ritenersi infondato sulla base del principio, da ultimo affermato da questa Corte, secondo cui “In materia di IVA, il cessionario o committente che acquisisce beni o servizi nell’esercizio dell’impresa, è soggetto attivo nel rapporto tributario ed è quindi legittimato a chiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso di quanto indebitamente versato” (Cass. n. 2808/2008).

Il secondo motivo è fondato e va accolto, alla stregua del condiviso principio, secondo cui “In tema di rimborso delle imposte sui redditi, la disciplina dettata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 e segnatamente il termine di decadenza ivi previsto, operano in tutte le ipotesi di inesistenza dell’obbligazione, a prescindere dalle ragioni di fatto e di diritto che vengano dedotte, senza che possa distinguersi fra pagamento erroneo e pagamento avvenuto in contrasto col diritto comunitario, ipotesi cui va equiparata quella di pagamento di tributi in conformità a norme poi dichiarane incostituzionali, mentre e1 inapplicabile l’ipotesi generale contemplata dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16 e ora, dal D.Lgs 31 dicembre 1992, n. 546 artt. 19 – 21. Ciò1 in quanto la presenza di uno speciale regime di decadenza per l’indebito tributario previsto dalle singole leggi d’imposta o, in difetto, dalle dette norme sul contenzioso tributario, impedisce l’applicazione dell’ordinario termine prescrizionale di dieci anni stabilito per l’indebito di diritto comune” (Cass. n. 17918/2004, n. 16477/2004, n. 813/2005, n. 25096/2006).

In vero, nel caso, la domanda risulta presentata in data 12.03.2004 e, quindi, rispetto agli anni di imposta 2000 e precedenti, ben oltre termine il decadenziale, sia che si faccia riferimento al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, sia pure a quello previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2. Il terzo mezzo, infine, è inammissibile in base al condiviso principio secondo cui “L’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3 o del vizio di motivazione ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, giacchè siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo “error in procedendo” e della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (Cass. n. 27387/2005, n. 1170/2004, n. 12475/2004, n. 12366/1999, n. 8632/2000).

Nel caso, infatti, la denuncia dell’omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale l’Agenzia aveva censurato la particolare interpretazione della Direttiva e della sentenza della Corte di Giustizia, è stata fatta ai sensi dell’art. 360, n.ri 3 e 5 e non già del n.ro 4 del medesimo articolo.

Conclusivamente, vanno respinti il primo ed il terzo mezzo ed accolto il secondo motivo del ricorso.

Per l’effetto, va cassata, in parte qua, l’impugnata decisione, che, per il resto, va confermata, e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, per essere pacifica la circostanza che la domanda di rimborso è stata presentata il 12 marzo 2004, in applicazione del trascritto principio, va decisa nel merito con il rigetto della domanda di rimborso relativa agli anni d’imposta dal 1994 al 2000, stante, per detti anni, l’intervenuta decadenza. Le spese dell’intero giudizio, avuto riguardo all’esito della causa nei vari gradi ed all’epoca dell’affermarsi degli applicati principi, vanno compensate.

PQM

Accoglie il ricorso, nei sensi di cui alla parte motiva, cassa in relazione l’impugnata decisione e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso e la domanda di rimborso per gli anni dal 1994 al 2000;

conferma, per il resto, la decisione impugnata e compensa le spese del presente giudizio di legittimità e dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2011

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