Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13946 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 06/07/2020), n.13946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36795/2018 proposto da:

H.N., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Marco Cavicchioli, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 806/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 27/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/01/2020 dal cons. TRIA LUCIA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 27 aprile 2018, respinge il ricorso proposto da H.N., cittadino del Pakistan, avverso l’ordinanza del locale Tribunale che ha respinto il ricorso del richiedente contro il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello perviene alla suddetta conclusione rilevando, per quel che qui interessa, che:

a) la Commissione territoriale ha respinto la domanda di protezione internazionale perchè, a prescindere da qualsiasi considerazione sulla credibilità del racconto, la vicenda narrata non contiene circostanze riconducibili alla normativa sullo status di rifugiato e sulla protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b);

b) la Commissione ha aggiunto che nella zona di provenienza del ricorrente non si riscontra una situazione di violenza generalizzata del D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, lett. c);

c) neppure la Commissione ha riscontrato la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

d) il ricorso avverso il provvedimento della Commissione è stato respinto dal Tribunale, che ne ha condiviso la motivazione;

e) l’appello avverso l’ordinanza del Tribunale è infondato;

f) in primo luogo, in sede di audizione davanti alla Commissione, il richiedente ha avuto modo di esporre la propria vicenda personale con l’ausilio di un interprete;

g) il Tribunale, con ampia e articolata motivazione, ha ritenuto la vicenda narrata poco verosimile e contraddittoria, pertanto la doglianza di erronea interpretazione dei fatti è infondata;

h) tale osservazione vale per tutte le misure di protezione internazionale, ivi compresa quella di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), visto che il rigetto emesso dal Tribunale al riguardo risulta basato su notizie aggiornate tratte da autorevoli fonti pubbliche, notizie riferite alla situazione attuale della specifica regione del Pakistan di provenienza del ricorrente e collegate alla situazione individuale dell’interessato, situazione di cui non vi è traccia nell’atto d’appello;

1) d’altra parte, non vengono evidenziati elementi che possano dimostrare la sussistenza di situazioni di vulnerabilità soggettiva ovvero il radicamento e l’inserimento sociale in Italia al fine della concessione della protezione umanitaria, sostenendosi al riguardo che il mero dato della provenienza dalla Nigeria sarebbe sufficiente ad ottenere il relativo permesso di soggiorno;

1) data l’infondatezza dell’appello si impone del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 136, la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, disposta con contestuale decreto;

3. il ricorso di H.N. domanda la cassazione della suddetta sentenza per due motivi; il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. il ricorso è articolato in due motivi;

1.1. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 14, lett. c), del D.Lgs. n. 251 del 2007 contestandosi il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), cit. a fronte della generalizzata e diffusa situazione di violenza del Pakistan, specialmente nel Nord Punjab da cui proviene il ricorrente;

1.2. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione di molteplici disposizioni legislative in materia di concessione della protezione umanitaria, sostenendosi che la generalizzata situazione di violenza del Nord Punjab, in via subordinata, potrebbe portare alla concessione della protezione umanitaria;

2. l’esame delle censure porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso;

3. infatti – al di là del formale richiamo alla violazione di norme di legge contenuto nell’intestazione dei motivi – nella sostanza le censure proposte si risolvono nella denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti, posta alla base del rigetto delle domande di protezione internazionale e di protezione umanitaria;

3.1. si tratta, quindi, di censure che finiscono con l’esprimere un mero dissenso rispetto alle motivate valutazioni delle risultanze probatorie effettuate dalla Corte d’appello, che come tale è di per sè inammissibile;

3.2. a ciò va aggiunto che in base all’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis – la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia meramente apparente, oppure sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). Evenienze che qui non si verificano;

3.3. nè va omessa di sottolineare la genericità delle argomentazioni che sostengono i motivi, le quali – oltre ad essere fondate sull’erroneo presupposto secondo cui il mero dato della provenienza dal Pakistan sarebbe sufficiente ad ottenere la richiesta protezione – risultano prive di specifica attinenza con le statuizioni della sentenza di appello impugnata che rappresentano le rationes decidendi idonee a sorreggere la sentenza nei punti cui si riferiscono le contestazioni del ricorrente;

3.4. tali statuizioni sono rispettivamente costituite: a) per il rigetto della domanda di protezione internazionale dalla mancata evidenziazione del concreto collegamento tra la situazione statale e i rischi di persecuzione etc. cui è esposto il richiedente; b) per il rigetto della domanda di protezione umanitaria dalla mancata allegazione di elementi che possano dimostrare la sussistenza di situazioni di vulnerabilità soggettiva ovvero il radicamento e l’inserimento sociale in Italia;

3.5. la relativa omessa impugnazione rende inammissibile, per difetto di interesse, le relative censure, essendo le statuizioni non censurata divenute definitive e quindi non potendosi più produrre in nessun caso il relativo annullamento (vedi, al riguardo: Cass. 7 novembre 2005, n. 21490; Cass. 26 marzo 2010, n. 7375; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 3 maggio 2019, n. 11706);

4. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

5. nulla si deve disporre per le spese del presente giudizio di cassazione, in quanto il Ministero intimato non ha svolto difese in questa sede;

6. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ove il relativo versamento risulti dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA