Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13943 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 06/07/2020), n.13943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35166/2018 proposto da:

D.M., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Nicoletta Masuelli, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 715/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 17/04/2018;

udita la relazione della causa dal cons. TRIA LUCIA svolta nella

camera di consiglio del 24/01/2020.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 26 aprile 2018, respinge il ricorso proposto da O.J.E., cittadino della Nigeria, avverso l’ordinanza del locale Tribunale che ha respinto il ricorso del richiedente contro il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello è pervenuta alla suddetta conclusione rilevando, per quel che qui interessa, che:

a) l’appello è infondato, essendo da condividere appieno le valutazioni del primo Giudice che, peraltro, non sono tanto incentrate sul giudizio di non credibilità del racconto ma sul fatto che tale racconto sembra piuttosto creato al fine di proporre la domanda di protezione, oltretutto facendo riferimento in mala fede ad una situazione del Gambia ormai superata;

b) ne consegue che non sussistono le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria;

c) neppure sono stati evidenziati elementi idonei per il rilascio della protezione umanitaria;

d) l’infondatezza dell’appello proposto strumentalmente con mala fede porta a ritenere che ricorra la fattispecie di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, di azione esercitata in sede di gravemente quanto meno per colpa grave, e quindi comporta la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, effettuata con contestuale decreto;

3. il ricorso di O.J.E. domanda la cassazione della suddetta sentenza per tre motivi; il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. il ricorso è articolato in tre motivi;

1.1. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, violazione e/o erronea applicazione di plurime disposizioni legislative nonchè difetto di motivazione, contestandosi il rigetto della domanda volta ad ottenere lo status di rifugiato perchè basata sia su una erronea valutazione di non credibilità del racconto sia sull’omessa considerazione della situazione socio-politica del Gambia;

1.2. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, violazione e/o erronea applicazione di plurime disposizioni legislative nonchè difetto di motivazione, con riguardo al rigetto della protezione sussidiaria;

1.3. con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in riferimento al rigetto della domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari;

2. i motivi di ricorso – da esaminare insieme per ragioni di connessione logica – sono inammissibili in quanto – al di là del formale richiamo alla violazione di norme di legge contenuto in una parte delle intestazioni dei motivi – nella sostanza tutte le censure proposte si risolvono in una generica denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini della decisione;

2.1. si tratta, quindi, di censure che finiscono con l’esprimere un mero dissenso rispetto alle motivate valutazioni delle risultanze probatorie effettuate dalla Corte d’appello, che come tale è di per sè inammissibile;

2.3. a ciò va aggiunto che in base all’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis – la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia meramente apparente, oppure sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). Evenienze che qui non si verificano;

2.4. nè va omesso di rilevare che, d’altra parte, con riguardo alla protezione internazionale,non si confuta in modo specifico ed utile la valutazione di non credibilità del racconto nè quella del carattere artefatto dello stesso, creato in mala fede e, con riferimento alla protezione umanitaria, analogamente, non si contesta in modo puntuale la statuizione della Corte d’appello secondo cui il ricorrente non ha evidenziato elementi idonei per il rilascio della protezione umanitaria;

2.5. l’omessa impugnazione delle suddette statuizioni – che costituiscono rationes decidendi idonee da sole a sorreggere la sentenza sui punti cui rispettivamente si riferiscono – rende inammissibili, per difetto di interesse, le relative censure, essendo le statuizioni non censurate divenute definitive e quindi non potendosi più produrre in nessun caso il relativo annullamento (vedi, al riguardo: Cass. 7 novembre 2005, n. 21490; Cass. 26 marzo 2010, n. 7375; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 3 maggio 2019, n. 11706);

3. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

7. nulla si deve disporre per le spese del presente giudizio di cassazione, in quanto il Ministero intimato non ha svolto difese in questa sede;

8. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ove il relativo versamento risulti dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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