Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13942 del 07/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 07/07/2016, (ud. 19/04/2016, dep. 07/07/2016), n.13942

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12047-2012 proposto da:

AL.TO., (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PASQUALE PIZZUTI giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M.T., A.A., A.P.,

AT.AN., domiciliate ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e difese

dall’EDOARDO ROCCO giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

AT.MI.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 28/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato EDOARDO ROCCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso al Tribunale di Salerno, Sezione specializzata agraria, P., A., M.T., An. e At.

M. convennero in giudizio Al.To., chiedendo che venisse riconosciuta la cessazione del contratto di affitto agrario stipulato con il convenuto in data 11 giugno 2003, avente ad oggetto un fondo rustico sito a (OMISSIS), con conseguente ordine di rilascio a carico del convenuto.

A sostegno della domanda esposero che il contratto suddetto era stato stipulato in deroga, ai sensi della L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 45 per la durata di anni sei; che, scaduto quel periodo e dopo aver intimato il rilascio del fondo in data 31 maggio 2008, le parti, con una successiva scrittura del 9 novembre 2009, avevano pattuito di prorogare al 10 maggio 2010 la scadenza del contratto, essendo in corso trattative tra le medesime per la compravendita del fondo; che, fallite le suddette trattative, l’ Al. non aveva rilasciato il fondo, nonostante la successiva raccomandata dell’8 febbraio 2010.

Si costituì in giudizio l’ Al., chiedendo il rigetto della domanda. Sostenne il convenuto che il fondo era stato da lui condotto in locazione già dal 2001 in base ad un contratto verbale; che il successivo contratto del 2003, che non conteneva alcuna novità, era da considerare invalido perchè stipulato in carenza di adeguata assistenza sindacale, nullo per mancanza di causa ed annullabile per errore di diritto; e che il successivo accordo del 9 novembre 2009 rientrava nella previsione legale, con conseguente durata per anni quindici, dovendosi sostituire per legge le clausole nulle.

Il Tribunale, non ammessa la prova per interrogatorio e per testi, accolse la domanda delle attrici e dichiarò che il contratto di affitto agrario era cessato alla data del 10 novembre 2009 e condannò il convenuto al rilascio del fondo per la data del 10 novembre 2011, nonchè al pagamento delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata dall’ Al. e la Corte d’appello di Salerno, Sezione specializzata agraria, con sentenza del 28 febbraio 2012, ha rigettato l’appello, ha confermato la sentenza del Tribunale, ha ordinato il rilascio del fondo per la data del 10 novembre 2012 ed ha condannato l’ Al. al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che la mancata contestazione, da parte delle attrici, dei fatti così come indicati dal convenuto in primo grado non implicava che i medesimi potessero essere intesi così come voluto dall’ Al.. Ed infatti, anche ammettendo che fosse vera la circostanza eccepita da quest’ultimo – ossia che il rapporto agrario con le A. esisteva già dal 2001 – il contratto dell’il giugno 2003 si poneva, rispetto al precedente, in termini di novazione; ciò implicava, tra l’altro, l’inammissibilità della prova per testi sollecitata dall’ Al., in quanto in contrasto con il tenore del documento scritto e comunque irrilevante.

Il contratto del giugno 2003, sottoscritto dalle parti in presenza dei rappresentanti delle rispettive associazioni sindacali, dimostrava in modo evidente, ad avviso della Corte, “la comune intenzione delle parti di una “nuova” regolamentazione del contratto”, come risultava dal riconoscimento di una durata inferiore a quella legale, dalla pattuizione di un diverso canone e dalla descrizione del fondo oggetto di affitto, già detenuto dall’ Al., con esclusione di una parte del medesimo (rimasto a disposizione del coerede A.P.E.). Non avrebbe avuto altrimenti alcun senso, per l’ Al., “accedere ad una contrattazione assistita e formale laddove avrebbe ben potuto continuare semplicemente in un “rapporto agrario” quale quello che vuole ipotizzare, già esistente con il fondo”.

Le prestazioni previste con il contratto del 2003 erano totalmente diverse, “e non per elementi accessori”, da quelle indicate dall’appellante nei capitoli della prova per testi, assai generiche;

la durata di un termine breve, chiaramente in deroga, e le altre modifiche alle previsioni di legge rendevano evidente il carattere novativo di quel contratto.

La successiva scrittura privata del 9 novembre 2009, invece, oltre a riferirsi espressamente al contratto dell’11 giugno 2003 e non ad uno precedente, aveva come scopo quello di disciplinare “una regolamentazione transitoria e di durata limitata successiva alla già avvenuta e contemplata scadenza contrattuale, prevedendone una sorta di sospensione di efficacia solo in virtù di trattative finalizzate alla compravendita dell’immobile”, con contestuale impegno, da parte dell’ Al., a rilasciare il fondo entro il 10 maggio 2010 in caso di fallimento delle trattative stesse. Ha pertanto ritenuto la Corte d’appello che quel contratto possedeva tutti gli elementi della novazione, sia l’aliquid novi che l’animus novandi; ed anche nella scrittura del 2009 – che assumeva la veste di obbligazione unilaterale – non si faceva mai menzione nè di un precedente contratto nè della volontà di attribuire la durata legale a quello stipulato nel 2003 o ad altro eventuale diverso contratto. Nè poteva sostenersi, come voleva l’appellante, che il contratto in questione fosse privo di causa per carenza di uno scopo concreto al contratto di durata inferiore, posto che la causa “non potrebbe essere valutata sotto il profilo del solo interesse di uno dei contraenti, ma deve essere valutata dal complesso contemperamento degli interessi contrapposti delle parti, che devono emergere all’atto del contratto”.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Salerno propone ricorso Al.To. con atto affidato a sette motivi.

Resistono con un unico controricorso P., A., M.T. e At.An..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1230, 1231, 1360 e 1363 c.c., dell’art. 115 c.p.c. e della L. n. 203 del 1982, art. 1.

Rileva il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe errato nell’affermare che il contratto dell’11 giugno 2003 aveva carattere di novazione. Il contratto del 2001 esistente tra le parti aveva ad oggetto solo il fondo e non anche il fabbricato. La novazione richiede la comune intenzione delle parti di sostituire l’obbligazione originaria con una nuova, mentre nella specie la modifica del canone non avrebbe alcuna valenza in questo senso.

L’unica “legittima interpretazione” dei documenti e delle norme avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a ritenere che il contratto, sorto nel 2001, sarebbe andato a scadere quindici anni dopo, cioè nel 2016.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2722 c.c. e dell’art. 244 c.p.c..

Rileva il ricorrente – dopo aver trascritto il contenuto del contratto dell’11 giugno 2003 – che non sarebbe corretta l’esclusione della prova testimoniale disposta nella sentenza in esame. Il riferimento, ivi contenuto, alla precedente detenzione da parte dell’ Al. dimostrerebbe che l’esistenza del contratto dell’11 giugno 2003 non poteva essere di ostacolo all’ammissione della prova per testi. Il divieto di cui all’art. 2722 c.c., infatti, riguarda la prova per testi in contrasto col contenuto di un documento, ma non quella avente ad oggetto fatti estranei o, addirittura, presupposti, come nel caso in esame.

3. Il primo ed il secondo motivo, sebbene contenenti censure diverse, vanno trattati congiuntamente in considerazione della stretta connessione tra loro esistente e sono entrambi privi di fondamento.

La Corte d’appello, infatti, con una motivazione del tutto corretta e priva di vizi logici, ha fornito una convincente spiegazione delle ragioni per le quali il contratto stipulato tra le parti in data 11 giugno 2003 si poneva, rispetto al precedente, in termini di novazione, richiamando sul punto una serie di elementi (durata, canone e dimensioni del terreno) che conducevano a tale conclusione.

Una volta pervenuta a questo accertamento, la Corte ha poi ritenuto di non dover ammettere la prova per testi sollecitata dall’ A., siccome irrilevante ai fini del risultato che si intendeva raggiungere.

Le censure di cui al primo motivo (in ordine alla novazione) ed al secondo motivo (in ordine alla mancata ammissione della prova per testi) si infrangono contro il corretto impianto della motivazione fornita dalla Corte salernitana, finendo col prospettare come presunte violazioni di legge quelle che sono, in realtà, censure di merito con le quali si tenta di ottenere una nuova, diversa e favorevole valutazione delle prove, non consentita in questa sede di legittimità. Nè le prove orali delle quali si lamenta la mancata ammissione sono dotate del requisito della decisività che potrebbe renderne, in astratto, illegittima l’esclusione, posto che la Corte d’appello ne ha affermato anche l’irrilevanza.

4. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1325 e 1418 c.c..

Secondo il ricorrente, la motivazione della Corte d’appello in ordine all’eccepita nullità per mancanza di causa non sarebbe idonea. La causa del contratto dovrebbe essere considerata nella sua esistenza in concreto; nella specie, se la Corte di merito avesse valutato che l’affittuario non riceveva alcun beneficio dal contratto del 2003, ma solo pregiudizi in termini di canone e di durata, mentre i concedenti ottenevano solo “ingiustificati vantaggi”, non avrebbe avuto alcuna difficoltà a dichiarare la nullità di quel contratto.

5. Con il quarto motivo di ricorso si in lamenta, riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Rileva il ricorrente che sarebbe stato onere del giudice di merito “porre l’attenzione sul reale assetto di interessi che il contratto era diretto a realizzare”, mentre sul punto la motivazione sarebbe insufficiente, non avendo indagato l’effettiva funzione sociale del contratto ed avendo indebitamente interpretato il contratto del 2003 alla luce della successiva scrittura del 2009. Un’adeguata indagine avrebbe dovuto condurre a dichiarare la nullità del contratto.

6. Il terzo ed il quarto motivo, aventi ad oggetto il problema della presunta nullità del contratto, sono da trattare congiuntamente e sono entrambi inammissibili.

Le censure, infatti, benchè quella del terzo motivo sia posta in termini di violazione di legge, sono in realtà rivolte contro la ricostruzione fattuale della vicenda compiuta dalla Corte d’appello e tendono inammissibilmente a contestare il collegamento evidenziato dalla sentenza in esame tra il contratto suindicato del 2003 e la successiva scrittura privata del 9 novembre 2009. La presunta mancata indagine sull’equivalenza tra le prestazioni corrispettive, nonchè l’asserita mancanza di una funzione economica e sociale concreta, così come il prospettato sbilanciamento dell’assetto contrattuale non sono che generiche riflessioni le quali, mentre non fanno altro che ribadire tesi già motivatamente disattese in sede di appello, non evidenziano in effetti alcuna violazione di legge (terzo motivo).

E la sentenza, del resto, ha anche valutato (negativamente) la presunta assenza di causa (v. p. 9).

Il quarto motivo, poi, muove da una premessa del tutto indimostrata, e cioè che l’odierno ricorrente non fosse a conoscenza dei propri diritti e che, se si fosse proceduto ad una corretta indagine sui rapporti in corso, il contratto sarebbe stato dichiarato nullo, “non potendosi ravvisare in capo all’affittuario nessun interesse concreto alla stipula di un nuovo contratto rispetto a quello preesistente”;

ricostruzione, anche questa, smentita dalla Corte d’appello secondo quanto in precedenza già rilevato.

7. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1429 e 1431 c.c., oltre ad insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Sostiene il ricorrente che la sentenza in esame avrebbe ritenuto assorbita l’eccezione di annullabilità da quella di nullità del contratto. Nel giudizio di merito, invece, era stata fin dall’inizio eccepita l’annullabilità del contratto del 2003 conseguente al fatto che l’ Al. non era a conoscenza della durata legale di quindici anni del contratto di affitto. La valutazione della Corte d’appello circa la riconoscibilità dell’errore si sarebbe risolta in una valutazione “meramente apodittica”, non adeguatamente motivata, mentre sarebbe evidente che il successivo contratto fu la conseguenza dell’ignoranza della durata legale del primo.

8. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione della L. n. 203 del 1982, art. 45 e dell’art. 112 c.p.c..

Osserva il ricorrente che la sentenza impugnata nulla avrebbe detto circa l’eccezione di annullabilità del contratto per insufficiente assistenza da parte dei rappresentanti sindacali di categoria; tale assistenza, infatti, è condizione di validità dei patti purchè si manifesti in un’effettiva attività di consulenza e di indirizzo, e nella specie era onere del giudice verificare che tale attività fosse stata realmente svolta.

9. I motivi quinto e sesto sono da trattare congiuntamente, in quanto la tesi che il ricorrente prospetta è che egli sarebbe stato ignaro della durata legale di quindici anni prevista per i contratti agrari e che tale sua ignoranza, non diradata neppure dai rappresentanti sindacali che lo avevano assistito nella stipulazione del contratto in deroga, avrebbe determinato l’annullabilità del contratto.

Ritiene il Collegio che i motivi, quando non inammissibile, siano comunque infondati.

Ed invero – premesso che, com’è ovvio, non si può addurre a propria scusante l’ignoranza legislativa – le censure ivi prospettate, in parte ripetitive di quelle dei due motivi precedenti, nel ribadire osservazioni già motivatamente disattese dalla Corte d’appello, non contengono alcuna effettiva indicazione degli elementi di fatto dai quali la Corte d’appello avrebbe dovuto trarre spunto per ipotizzare l’annullabilità del contratto. Il che era assolutamente necessario, soprattutto in relazione ad una procedura assistita come quella prevista per la stipula di un patto agrario in deroga. Sicchè anche in questo caso è palese il tentativo di superare la decisione della Corte territoriale attraverso l’indebita sollecitazione di questa Corte ad un nuovo esame del merito.

10. Con il settimo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione della L. n. 203 del 1982, artt. 27, 53, 56 e 58 nonchè dell’art. 1362 c.c..

Questo motivo si indirizza nei confronti della interpretazione data dalla Corte d’appello a proposito della scrittura privata del 9 novembre 2009. Secondo il ricorrente, anche a voler ritenere cessato il contratto di affitto alla scadenza pattuita con la scrittura privata dell’11 giugno 2003, la successiva proroga, in assenza di elementi obiettivi tali da far ritenere una volontà di deroga, doveva essere interpretata secondo i canoni legali, e quindi tale da determinare l’insorgere di un nuovo contratto destinato a durare altri quindici anni, ossia fino al 2024.

10.1. Il motivo non è fondato.

La sentenza in esame, interpretando il contratto del 2003 e la successiva scrittura del 9 novembre 2009, ha dato conto con ampiezza delle ragioni per le quali ha ritenuto che quest’ultima, contenendo “una sorta di dichiarazione di obbligazione unilaterale dell’ Al.”, disciplinava “una regolamentazione transitoria e di durata limitata successiva alla già avvenuta e contemplata scadenza contrattuale”, avente il limitato obiettivo di cristallizzare la situazione esistente in vista della conclusione della trattativa in corso tra le parti per l’acquisto del terreno da parte dell’ Al.. Il carattere unilaterale dell’obbligazione assunta e la transitorietà dell’accordo dimostrano che non era evidentemente in alcun modo rispondente alla volontà delle parti la creazione di un nuovo contratto destinato per legge a durare per altri quindici anni, nè il fallimento delle trattative poteva giustificare una conclusione diversa; sicchè è evidente l’infondatezza delle censure prospettate nel motivo in esame, anche in relazione al contenuto della scrittura come riportato nel ricorso.

11. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 7.800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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