Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13942 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 06/07/2020), n.13942

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34358/2018 proposto da:

O.M., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Romina Possis, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 730/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 19/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/01/2020 dal cons. TRIA LUCIA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 19 aprile 2018, accoglie l’appello del Ministero dell’Interno avverso l’ordinanza del locale Tribunale nella parte in cui ha riconosciuto la sussistenza in favore di O.M., cittadino della Nigeria, dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, modificando il provvedimento della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello perviene alla suddetta conclusione – e quindi rigetta anche la domanda di protezione umanitaria – rilevando, per quel che qui interessa, che:

a) il Tribunale ha accertato uno stato di personale vulnerabilità del richiedente sulla base delle sue allegazioni e, in particolare, del certificato di morte della madre e di alcune fotografie e ha considerato integrati i presupposti per la protezione umanitaria, dando altresì rilevo alla prova dello svolgimento di attività lavorativa;

b) tale valutazione non è condivisibile;

c) il ricorrente non si trova in nessuna delle situazioni previste dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e non allega a corredo della domanda di protezione umanitaria fatti differenti da quelli posti a base della domanda di protezione internazionale;

d) inoltre va sottolineato che la narrazione del vissuto dell’interessato è stata dal Tribunale considerata non verosimile e non credibile e tale valutazione vale pure per la protezione umanitaria, per la quale lì interessato non ha allegato fatti diversi;

e) in appello l’interessato non ha impugnato il suddetto giudizio di non credibilità, ma ha solo chiesto la conferma dell’ordinanza del Tribunale;

f) quindi sulla suddetta statuizione si è formato il giudicato e questo mina anche la decisione assunta dal primo giudice in materia di protezione umanitaria;

g) peraltro, anche gli elementi valorizzati per l’accertamento dell’integrazione sociale sono inidonei allo scopo;

3. il ricorso di O.M. domanda la cassazione della suddetta sentenza per due motivi; il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. il ricorso è articolato in due motivi;

1.1. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 1 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio o comunque per vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riguardo alle affermazioni con le quali la Corte d’appello ha considerato definitiva e quindi passata in giudicato – perchè non censurata in appello – la statuizione di non credibilità del ricorrente peraltro riferita alla protezione sussidiaria e quindi ha ritenuto che tale giudizio dovesse travolgere anche la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

1.2. con il secondo motivo si denunciano: in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; b) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, vizio di motivazione con riguardo alla mancata condivisione della statuizione del Tribunale in merito all’avvenuta integrazione in Italia dimostrata dalla stipulazione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato e dall’apprendimento della lingua italiana e negando la situazione di vulnerabilità del ricorrente che è ormai privo di una rete familiare nel proprio Paese di origine dopo la documentata morte della madre, situazione da valutare con riguardo alla diffusa condizione di grave pericolo per l’incolumità delle persone esistente in Nigeria;

2. il primo motivo deve essere accolto in quanto, in base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte:

a) il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente, in relazione alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di “vulnerabilità”, da effettuare su base oggettiva e, se necessario, previa integrazione anche officiosa delle allegazioni del ricorrente, in applicazione del principio di cooperazione istruttoria, in quanto il riconoscimento del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, deve essere frutto di valutazione autonoma, non potendo conseguire automaticamente al rigetto delle altre domande di protezione internazionale, attesa la strutturale diversità dei relativi presupposti (vedi, per tutte: Cass. 18 aprile 2019, n. 10922; Cass. 7 febbraio 2020, n. 2960);

b) la natura residuale ed atipica della protezione umanitaria se da un lato implica che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione, dall’altro comporta che chi invochi tale forma di tutela debba allegare in giudizio fatti ulteriori e diversi da quelli posti a fondamento delle altre due domande di protezione c.d. “maggiore” (Cass. 7 agosto 2019, n. 21123);

2.1. nella specie la Corte d’appello fa riferimento ad un “giudizio di non credibilità” ormai definitivo sulla non credibilità del racconto del richiedente, ma non attribuisce il giusto rilievo al fatto che tale giudizio era relativo alla sola domanda di protezione internazionale – che, infatti, il Tribunale ha respinto – e quindi giunge alla conclusione che tale giudizio, e la sua mancata impugnazione, debbano valere anche per la protezione umanitaria aggiungendo che per tale forma di protezione il richiedente non avrebbe allegato e provato fatti diversi da quelli posti a base della domanda per la protezione internazionale;

2.2. orbene, premesso che la valutazione delle due indicate forme di protezione è diversa come si è detto, dalla decisione del Tribunale risulta, in modo evidente, che in primo grado i fatti posti alla base della domanda di protezione umanitaria erano differenti dagli altri e specificamente diretti a dimostrare la sussistenza di una situazione di “vulnerabilità” quale richiesta dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (applicabile ratione temporis) si trattava in particolare dell’avvenuta integrazione in Italia dimostrata dalla stipulazione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato e dall’apprendimento della lingua italiana nonchè della situazione di vulnerabilità del ricorrente derivante dalla mancanza di una rete familiare nel proprio Paese di origine dopo la documentata morte della madre – tanto che il Tribunale ha accolto la domanda di protezione umanitaria;

2.3. ne consegue che è erronea la statuizione della Corte d’appello sul passaggio in giudicato del giudizio di credibilità esteso tout court a tutte le forme di protezione richieste e, quindi, anche a quella umanitaria mentre tali giudizi andavano scissi, come disposto in primo grado,’ ntec=i2Suira la motivazione della sentenza impugnata risulta anche articolata su argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili laddove t dopo l’affermazione secondo cui i fatti allegati per le diverse forme di protezione sarebbero gli stessi, poi ci si sofferma ad analizzare gli elementi di “vulnerabilità” posti a base della decisione di primo grado, che sono quelli suindicati, certamente non valevoli per la protezione internazionale;

2.4. da ultimo va rilevato che è del tutto improprio il richiamo alle condizioni previste dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, in quanto questa norma disciplina le espulsioni, mentre il permesso di soggiorno per motivi umanitari per le fattispecie, come quella sub judice, è regolato ratione temporis esclusivamente dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

3. per le anzidette ragioni, il primo motivo deve essere accolto, con assorbimento del secondo motivo;

4. pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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