Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13941 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 06/07/2020), n.13941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 23795/2018 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Mariella Console, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno domiciliato per legge in Roma Via dei

Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1559/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 07/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/01/2020 dal cons. TRIA LUCIA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 7 settembre 2018, respinge il ricorso proposto da M.S., cittadino del Mali, avverso l’ordinanza del locale Tribunale che ha respinto il ricorso del richiedente contro il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello, per quel che qui interessa, precisa che:

a) l’appellante censura il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria e di quella umanitaria muovendo dall’erroneo presupposto della sua ritenuta veridicità e quindi senza contestare il motivato giudizio di non credibilità espresso dal Tribunale;

b) ne deriva che sul punto si è formato il giudicato interno che preclude ulteriori accertamenti;

c) d’altra parte, va escluso, anche sulla base di quanto emerge da fonti pubbliche affidabili, che nel Sud del Mali (da cui proviene il ricorrente) si riscontri una situazione di conflitto armato interno quale configurata dalla CGUE, tanto più che lo Stato maliano è attivamente presente per contrastare le violenze;

d) infine, non sono state neppure allegate o documentate dal ricorrente particolari condizioni di vulnerabilità per motivi personali o di salute che consentano di accordare la protezione umanitaria, essendo la stipulazione di un contratto di lavoro non sufficiente per dimostrare l’avvenuta integrazione nel tessuto socio-economico italiano;

e) va esclusa la sussistenza della mala fede o della colpa grave nell’esercizio dell’azione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, pertanto non si dispone la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e con separato decreto si liquida il relativo compenso al difensore che ne ha fatto richiesta;

3. il ricorso di M.S. domanda la cassazione della sentenza per tre motivi; il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. il ricorso è articolato in tre motivi;

1.1. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, mancata valutazione della credibilità del ricorrente e dei profili individuali di rischio e violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni legislative sostenendosi che la Corte d’appello avrebbe ritenuto non contestato il giudizio di non credibilità espresso dal Tribunale e quindi formato il giudicato sul punto in base ad un’erronea lettura dell’atto d’appello;

si aggiunge che, sulla base di tali erronei presupposti, la Corte territoriale ha omesso di valutare i profili individuali di rischio, almeno nella misura in cui potevano apparire rilevanti per la protezione sussidiaria;

1.2. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g) e art. 14, con riguardo all’erronea esclusione di una situazione di violenza indiscriminata in Mali configurante un conflitto armato internazionale e interno;

1.3. con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e di altre disposizioni legislative in materia di protezione umanitaria, rilevandosi in primo luogo che alla presente fattispecie continua ad applicarsi la disciplina vigente prima del D.L. n. 113 del 2018 e sottolineandosi poi che l’interessato aveva evidenziato la situazione di vulnerabilità soggettiva rappresentata dal rischio di venire reinserito in un contesto di elevato pericolo per la propria incolumità personale e di compromissione del diritto alla salute e all’alimentazione;

a ciò si aggiunge che l’interessato parla fluentemente l’italiano ed è integrato a pieno titolo nella comunità locale di (OMISSIS) dove lavora e ha stabilito la propria residenza;

2. l’esame dei motivi di censura porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, per le ragioni di seguito esposte;

3. il primo motivo va dichiarato inammissibile perchè la contestazione della statuizione della Corte d’appello relativa alla avvenuta formazione del giudicato interno sull’omessa impugnativa del giudizio di non credibilità espresso dal Tribunale è stata prospettata senza tenere conto del consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte (vedi, per tutte: Cass. 15 marzo 2019, n. 7499 e Cass. 1 febbraio 2017, n. 2771) secondo cui in tema di giudicato interno, ai fini della verifica dell’avvenuta impugnazione, o meno, di una statuizione contenuta nella sentenza di primo grado, affinchè la Corte di cassazione – che non è vincolata all’interpretazione compiuta dal giudice di appello – possa esercitare il proprio potere-dovere di valutare direttamente gli atti processuali per stabilire se, rispetto alla questione su cui si sarebbe formato il giudicato, la funzione giurisdizionale si sia esaurita per effetto della mancata devoluzione della questione nel giudizio di appello, con conseguente preclusione di ogni esame della stessa, è necessario che la parte interessata non si limiti a dedurre di aver ritualmente impugnato la statuizione contestata, ma che, a pena di inammissibilità, rispetti il principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione e, quindi:

a) riproduca nel corpo del ricorso le parti essenziali della sentenza di primo grado e dell’atto di appello sul punto, onde rendere possibile l’individuazione, nei suoi termini esatti e non genericamente, della censura che sarebbe stata dedotta in appello;

b) alleghi al ricorso per cassazione sia l’atto d’appello sia la sentenza di primo grado, nel rispettivo testo integrale, in quanto per l’esame di una simile censura non è sufficiente il riassunto sintetico dei suindicati atti (Cass. 11 febbraio 2015, n. 2617; Cass. SU 4 gennaio, n. 1416; Cass. 28 maggio 2019, n. 29881);

3.1. nella specie il suddetto principio non è stato osservato in quanto manca qualsiasi riproduzione e allegazione della sentenza di primo grado e dell’atto d’appello;

4. il secondo motivo è inammissibile perchè le censure con esso proposte risultano generiche e non idonee a scalfire la ratio della decisione di rigetto della protezione sussidiaria assunta dalla Corte d’appello in quanto, anche sulla base di quanto emerge da fonti pubbliche affidabili, è da escludere nel Sud del Mali (da cui proviene il ricorrente) si riscontri una situazione di conflitto armato interno quale configurata dalla CGUE a proposito della fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), tanto più che lo Stato maliano è attivamente presente per contrastare le violenze e, d’altra parte, l’interessato non ha dedotto circostanze specifiche dalle quali possa desumersi l’esistenza di un rischio personalizzato in caso di rimpatrio;

5. il terzo motivo, relativo al rigetto della protezione umanitaria, è ugualmente inammissibile in quanto le deduzioni del ricorrente al riguardo risultano del tutto generiche e non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, tanto che dal ricorso non si riesce a individuare la speciale condizione di vulnerabilità che affliggerebbe il ricorrente e che il giudice di merito avrebbe trascurato di considerare, perchè nel ricorso si fa esclusivo riferimento all’inadeguatezza delle condizioni di vita in Mali;

6. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

7. le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

8. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ove il relativo versamento risulti dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2100,00 (duemilacento/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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