Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13935 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 06/07/2020), n.13935

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5130/2019 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in Roma, via Barnaba

Tortolini n. 30, presso lo studio dell’avv. Alessandro Ferrara, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il

10/7/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/01/2020 dal Cons. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La corte d’appello di Napoli, con la sentenza n. 3405/18, pubblicata il 10 luglio 2018, confermando l’ordinanza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da A.S., cittadino proveniente dalla Nigeria, il quale ha riferito di aver abbandonato il paese di origine a seguito della rappresaglia scatenata nei suoi confronti e dei giovani del proprio villaggio, in conseguenza dell’uccisione di un militare trovato nei pressi del villaggio stesso.

La Corte territoriale, in particolare, ha rilevato la genericità dei motivi di impugnazione ed ha in ogni caso escluso, alla stregua delle stesse fonti indicate dal richiedente, la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata come richiesto dall’art. 14, lett. c), e delle condizioni che potessero giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, lamentando che la Corte territoriale abbia omesso di applicare correttamente i canoni di valutazione della credibilità del richiedente e di esercitare il dovere di cooperazione istruttoria officiosa. Il ricorrente lamenta dunque che il provvedimento impugnato abbia fondato il rigetto della domanda su elementi non esplicitati in sentenza, che rendono la statuizione immotivata.

Il motivo è inammissibile per genericità.

Il ricorrente deduce la violazione di legge sostanziale, vale a dire le norme relative alla valutazione di credibilità del richiedente (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5) ed al dovere di cooperazione istruttoria (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3), ma non contesta specificamente la fondamentale ratio della pronuncia impugnata, vale a dire la genericità dei motivi di appello, riportando nel corpo del ricorso il contenuto dell’atto di appello, nè indica specificamente gli elementi dedotti con l’impugnazione ed i fatti costitutivi della pretesa, ritualmente allegati, la cui valutazione sarebbe stata omessa dalla corte territoriale.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e, considerato che il Ministero dell’interno non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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