Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13934 del 24/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 24/06/2011), n.13934

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9684/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

IF DI VIGNUZZI PIERLUIGI SAS;

– intimato –

avverso la sentenza n. 14/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 04/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/03/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate ricorrono per cassazione, sulla base di un motivo, nei confronti della sentenza della commissione tributaria regionale del Lazio in data 4.2.2005, la quale ha confermato la sentenza di primo grado, in controversia instaurata dalla IF s.a.s. di Vagnuzzi Pierluigi avverso una cartella di pagamento per Iva 1986, sul rilievo della intervenuta decadenza dal potere impositivo per effetto dell’infruttuosa scadenza dei termini di esecutività del ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57.

L’intimata non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e (ove occorra) n. 3, nonchè vizio di motivazione, per il fatto di avere la decisione pronunciato su una causa petendi mai denunciata dalla parte contribuente, con correlato vizio di ultrapetizione.

Il motivo, che in effetti denuncia il mentovato vizio di ultrapetizione (sebbene a petto di formulazione ultroneamente riferita anche agli artt. 115 e 116 c.p.c.), è fondato.

Dalla sentenza risulta che il ricorso avverso la cartella di pagamento venne sorretto, e condiviso dalla commissione provinciale, dalla considerazione che l’avviso di accertamento, da cui era scaturita la cartella, “era già stato annullato dall’ex C.T. di 1^ grado di Roma”, con sentenza “non impugnata e pertanto passata in giudicato”.

l.a veridicità di simile emergenza di fatto è stata tuttavia esclusa dal giudice d’appello, stante che – leggesi “dall’esame degli atti, effettivamente questa commissione non riscontra alcun ricorso presentato all’ex C.T. di 1^ grado di Roma avverso l’avviso di rettifica Iva n. (OMISSIS), e neppure, ovviamente, alcuna sentenza di accoglimento di questo ipotetico ricorso”.

La distinta questione della tempestività di formazione del ruolo non venne introdotta dalla società contribuente, la quale – ancora risulta dalla sentenza – rimase contumace nel giudizio di appello.

Deriva che l’impugnata sentenza si sarebbe dovuta limitare a trarre le logiche conseguenze dalla riscontrata infondatezza dell’unico profilo in effetti consegnato all’impugnazione avverso la cartella.

Il principio che regola il contenzioso tributario è che esso abbia un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 24). Donde i motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo costituiscono la causa pretendi rispetto all’invocato annullamento dell’atto medesimo, con conseguente duplice inammissibilità di un mutamento delle deduzioni avanti al giudice di secondo grado (ex plurimis Cass. n. 22010/2006; n. 7766/2006) ovvero dell’inserimento di temi d’indagine nuovi (cfr. Cass. n. 16929/2007).

Da qui il denunciato vizio di ultrapetizione, cui va associata la nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 4) e la conseguente necessità di cassazione con rinvio ad altra sezione della medesima commissione regionale. La quale provvedere a riesaminare il merito della regiudicanda nei limiti di quanto in effetti dedotto, oltre che a liquidare le spese anche del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla commissione tributaria regionale del Lazio diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 23 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2011

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