Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13933 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 06/07/2020), n.13933

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34193/2018 proposto da:

O.L., elettivamente domiciliato in Roma Via Lima 20 presso

lo studio dell’avvocato Iacovino Vincenzo che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

15/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2019 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Campobasso, con decreto depositato in data 15.10.2018, ha rigettato la domanda proposta da O.L., cittadino della Costa D’Avorio, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al richiedente dello status di rifugiato, non essendo le sue dichiarazioni credibili (costui aveva riferito di essere fuggito dalla Costa d’Avorio per il timore di imbattersi nuovamente negli esponenti di una baby gang che lo avevano aggredito in quanto amico di un vigilante di quartiere).

Al richiedente è stata inoltre negata la protezione sussidiaria, essendo stata ritenuta l’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata nel suo paese di provenienza.

Il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari per carenza di una condizione di vulnerabilità.

Ha proposto ricorso per cassazione O.L., affidandolo a due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione della Convenzione di Ginevra, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 7 e 14 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Lamenta il ricorrente l’erroneità della decisione con cui il Tribunale di Campobasso ha ritenuto l’insussistenza in Costa d’Avorio di una situazione di violenza diffusa e generalizzata derivante da guerra civile in atto e di violazione dei diritti umani, e ciò in contrasto con quanto riportato dal rapporto di Amnesty International 2016-2017.

Il ricorrente avrebbe avuto quantomeno diritto alla protezione umanitaria in considerazione della sua evidente vulnerabilità ricollegabile alle difficoltà che ha vissuto, tenuto conto anche del percorso di integrazione intrapreso nel paese di accoglienza.

2. Il motivo è inammissibile.

va preliminarmente osservato che questa Corte ha più volte statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018, Rv. 648790).

Nel caso di specie, il giudice di merito, valorizzando il rapporto di Amnesty International del 2017-2018, ha evidenziato l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata nel paese di provenienza del ricorrente e tale accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità (Cass. 12/12/2018 n. 32064). Ne consegue che le censure del ricorrente, sul punto, si configurano come di merito, e, come tali, inammissibili in sede di legittimità, essendo finalizzate esclusivamente a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio già esaminato dal giudice di merito.

In ordine alla richiesta protezione umanitaria, va preliminarmente osservato che questa Corte ha già avuto modo di affermare che, anche ove sia dedotta dal richiedente una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili nel paese d’origine, pur dovendosi partire, nella valutazione di vulnerabilità, dalla situazione oggettiva di tale paese, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza. Infatti, ove si prescindesse dalla vicenda personale del richiedente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (in questi termini Cass. n. 4455 del 23/02/2018).

Nel caso di specie, oltre a non essere stato dedotto assolutamente nulla dal ricorrente in ordine alle condizioni personali di vita prima della sua partenza dal paese d’origine (se non con riferimento alla vicenda della baby gang ritenuta non credibile dal Tribunale), è stata allegata dal richiedente la violazione dei diritti fondamentali in Costa d’Avorio in modo molto generico, per lo più con riferimento alla situazione di instabilità ed insicurezza presente nel paese.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2.

Lamenta il ricorrente la violazione da parte del giudice di merito delle norme relative al patrocinio a spese dello Stato.

4. Il motivo è inammissibile.

Va osservato che questa Corte ha più volte affermato che la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 della stesso D.P.R.. Si deve quindi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 del D.P.R. citato. (Cass. 29288/2017; conf. Cass. n. 30282018 e n. 32028/2018).

Ne consegue che il ricorrente avrebbe dovuto promuovere tempestivamente lo speciale procedimento di opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 e non attendere la proposizione del ricorso per cassazione.

L’accerta inammissibilità del ricorso non comporta comunque la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali essendo la costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno inammissibile per tardività.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, del ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso Roma, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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