Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13931 del 24/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 24/06/2011), n.13931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9445/2006 proposto da:

LA SORGENTE SCARL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA OSLAVIA 30, presso lo studio

dell’avvocato DENTE Alberto, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GUARINO MICHELE, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BRESCIA

(OMISSIS);

– intimati –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 217/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 05/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/03/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il resistente l’Avvocato D’ASCIA, che ha chiesto

l’inammissibilità;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

1. Con sentenza n. 217/05, depositata il 5.12.05, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dalla società La Sorgente soc. coop. a r.l. nei confronti dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Brescia (OMISSIS), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente avverso l’avviso di accertamento per IVA, IRPEG, ILOR ED IRAP, relativi agli anni di imposta 1997 e 1998.

2. La CTR riteneva, invero, che la dedotta nullità della notifica degli avvisi di accertamento fosse sanata dalla tempestiva proposizione del ricorso da parte della contribuente, e – nel merito – reputava fondate le argomentazioni dell’Ufficio, già recepite dalla decisione di prime cure.

3. Per la cassazione della sentenza n. 217/05 ha proposto ricorso la Sorgente coop. a r.l. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate, articolando sei motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva. La ricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

1. Con il primo e secondo motivo di ricorso, che per la loro evidente connessione vanno esaminati congiuntamente, la Cooperativa La Sorgente a r.l. deduce la violazione del combinato disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, artt. 145, 156 e 160 c.p.c..

1.1. Si duole, invero, la ricorrente del fatto che la CTR abbia disatteso il motivo di appello concernente la presunta nullità della notifica degli avvisi di accertamento, che deriverebbe, secondo la Cooperativa La Sorgente, dalla falsa attestazione, da parte del messo notificatore, di non avere reperito presso la sede sociale, nè il legale rappresentante della società, nè nessun altro incaricato alla ricezione della notifica, ai sensi dell’art. 139 c.p.c..

Del tutto erroneo sarebbe, invero, – a parere della ricorrente – l’assunto del giudice di appello, secondo il quale l’eventuale nullità della notifica degli avvisi di accertamento sarebbe stata sanata, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., dalla tempestiva proposizione del ricorso da parte della contribuente. Trattandosi, infatti, di atti aventi natura amministrativa, la notifica degli stessi non sarebbe soggetta, a parere della Cooperativa La Sorgente, a sanatoria ai sensi degli artt. 156 e 160 c.p.c..

1.2. Tali deduzioni della ricorrente si palesano, peraltro, del tutto prive di fondamento e vanno, pertanto, disattese.

1.2.1. Questa Corte ha, invero, già avuto modo di affermare che la natura sostanziale e non processuale dell’avviso di accertamento tributario – costituente un atto amministrativo autoritativo mediante il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, in special modo quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina speciale tributaria. Per il che, dovendo trovare applicazione con riferimento all’avviso di accertamento – per effetto del richiamo operato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 – le norme sulle notificazioni nel processo civile, è di tutta evidenza che debba logicamente applicarsi a tale atto anche il regime delle nullità e delle sanatorie, previsto dal codice di rito.

Ne discende che la tempestiva proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare, con effetto ex tunc, la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento (provocata da qualunque vizio) per raggiungimento dello scopo dell’atto, ai sensi dell’art. 156 c.p.c. (v. Cass. S.U. 19854/0, Cass. 15554/09).

1.2.2. Da quanto suesposto in via di principio, consegue che, nel caso concreto, avendo la stessa contribuente affermato in questa sede (p. 2 del ricorso) di avere proposto tempestivo ricorso avverso gli avvisi di accertamento in discussione, l’eventuale nullità della notifica di tali atti impositivì deve ritenersi definitivamente sanata, come correttamente affermato dal giudice di appello.

Il motivo di ricorso in esame è, pertanto, del tutto infondato.

2. Con il terzo motivo di ricorso, la Cooperativa La Sorgente deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

2.1. La ricorrente asserisce, invero, che il giudizio negativo espresso, sulla vicenda processuale, dalla CTR della Lombardia sarebbe fondato su affermazioni apodittiche, e non sarebbe, quindi, correttamente motivato.

2.2. La censura in esame è del tutto inammissibile per la sua genericità.

2.2.1. Rileva, infatti, la Corte che la ricorrente si è limitata ad esporre la motivazione della sentenza di primo grado, ed a trascrivere parte dei motivi di appello proposti avverso tale decisione, formulando, poi, una sorta di quesito in forma di enunciato, secondo cui “i giudizi negativi delle Commissioni Tributarie, in tanto sono validi, in quanto correttamente motivati e non solo apoditticamente enunciati”.

2.2.2. Orbene, non può revocarsi in dubbio, a giudizio della Corte, che non soddisfi il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4, che prescrive l’indicazione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza, la generica affermazione che la decisione difetti di motivazione sostanziale, occorrendo, ai fini dell’illustrazione del motivo di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, che il ricorrente indichi le specifiche ragioni per le quali la motivazione appaia omessa, o insufficiente, o contraddittoria, nonchè i punti decisivi della controversia in ordine ai quali il vizio motivazionale dedotto si sarebbe, a suo avviso, esplicato (Cass. 7820/02, 10945/02).

Sicchè è palesemente privo di autosufficienza il ricorso che si limiti, come nel caso di specie, ad asserire – senza alcun riferimento a fatti specifici della controversia – che la motivazione dell’impugnata sentenza si fondi su affermazioni apodittiche e non ben motivate.

3. Con il quarto ed il quinto motivo di ricorso, che per la loro evidente connessione vanno esaminati congiuntamente, la Cooperativa La Sorgente deduce, poi, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 23, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1, e art. 97 Cost..

3.1. Si duole, al riguardo, la ricorrente del fatto che l’Ufficio abbia ritenuto – sulla scorta del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza di Brescia – che la contribuente abbia omesso di effettuare le ritenute alla fonte sugli emolumenti dalla stessa erogati ai soci dipendenti, e che tale convincimento sia stato, poi, recepito dalla CTR nell’impugnata sentenza.

Ritiene, per contro, la contribuente che l’Ufficio sia in ogni caso “obbligato a desumere le prove relative ai fatti e circostanze enunciate dai contribuenti avverso gli avvisi di accertamento fatti a carico di essi, da quelle già in possesso dell’Ufficio, risultanza questa verificatasi nel caso di specie”. E tanto anche in forza dei principi di collaborazione e buona fede, nonchè di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, enunciati – rispettivamente – dalla L. n. 212 del 2000, art. 10 e art. 97 Cost..

3.2. Ciò posto, rileva la Corte che anche la censura in esame si palesa totalmente destituita di fondamento.

3.2.1. Ed invero, in materia tributaria, l’avviso di accertamento – ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e segg. (per le imposte dirette) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, e segg. (per l’IVA) – non richiede un’autonoma attività istruttoria, il cui svolgimento contrasterebbe con i principi di economicità ed efficienza dell’attività amministrativa, nonchè con le norme specifiche che, in materia tributaria, disciplinano l’istruttoria e la motivazione degli atti impositivi (L. n. 212 del 2000, art. 12), e consentono all’amministrazione di avvalersi dell’attività di altri organi (v., in materia di IVA, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 51 e 52) (Cass. 13486/09). Sicchè, è del tutto legittimamente adottato l’avviso di accertamento la cui motivazione rinvii per relationem – come nel caso di specie – ad atti ed accertamenti eseguiti da altri organi nelle precedenti fasi procedimentali, purchè essi siano trasfusi nell’avviso di accertamento o ad esso allegati (Cass. 25721/09).

Ne consegue che le verifiche eseguite dalla polizia tributaria, se contenute negli atti, come il processo verbale di constatazione, allegati all’avviso di rettifica, o trascritti essenzialmente nella motivazione dello stesso, costituiscono parte integrante del materiale indiziario e probatorio che il giudice tributario di merito è tenuto a valutare, dandone conto nella motivazione della sentenza emessa (Cass. 4306/10).

3.2.2. Da tali premesse di principio discende, pertanto, che, nel caso di specie, essendo del tutto incontroverso che il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza era stato portato a conoscenza della contribuente unitamente agli avvisi di accertamento, non è dato ravvisare nella fattispecie concreta, ad avviso della Corte, la dedotta violazione delle disposizioni normative suindicate.

D’altro canto, a fronte degli elementi di prova suindicati forniti dall’amministrazione a fondamento degli atti impositivi, ed a dimostrazione della maggiore pretesa azionata, costituiva onere della società contribuente, che intendesse contestarne la capacità dimostrativa, oppure sostenere l’esistenza di circostanze modificative o estintive dei medesimi, dimostrare a sua volta gli elementi di prova specifici a sè favorevoli (Cass. 13509/09, 10802/02).

A tanto non ha, per contro, in alcun modo ottemperato la Cooperativa La Sorgente che si è limitata ad allegare, del tutto genericamente, l’esistenza di altri elementi di prova, più favorevoli ad essa contribuente, in possesso dell’amministrazione finanziaria, senza, peraltro, neppure indicarli. Sicchè anche la censura in esame non può, pertanto, che essere disattesa.

4. Con il sesto motivo di ricorso, infine, la Cooperativa la Sorgente deduce la totale estraneità della Dott. P.P. a qualunque violazione accertata a carico della Cooperativa, avendo la medesima assunto la qualità di amministratore unico della società solo in epoca posteriore ai fatti oggetto degli atti di impositivi in questione.

4.1. Il motivo è del tutto inammissibile per carenza di interesse, atteso che l’impugnata sentenza non contiene censura alcuna nei confronti della Dr.ssa P., nè affermazione alcuna in ordine ad un’eventuale responsabilità della medesima, a qualsiasi titolo, in ordine agli accertamenti notificati alla cooperativa ricorrente.

5. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dalla Cooperativa La Sorgente non può che essere rigettato.

6. Le spese del giudizio di cassazione vanno poste a carico della ricorrente, risultata totalmente soccombente, nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dall’amministrazione intimata nel presente giudizio, che liquida in Euro 8.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 23 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2011

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