Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13931 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 22/06/2020, dep. 06/07/2020), n.13931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26166/2014 proposto da:

Comune di Spotorno in persona del Sindaco p.t., elettivamente

domiciliato in Roma, Via Pierluigi da Palestrina 63, presso lo

studio dell’Avv. Stefania Contaldi, che lo rappresenta e difende

unitamente all’Avv. Alberto Russo giusta procura speciale

14/06/2019, autenticata dal Segretario comunale;

– ricorrente –

contro

Tributi Italia S.p.A.;

– intimata –

S.T.A.R. in liquidazione.

– intimata –

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza in data 28.12014, la Corte d’Appello di Genova ha rigettato l’impugnazione proposta dal Comune di Spotorno nei confronti della S.p.A. Tributi Italia e della STAR S.r.l. avverso il lodo parziale, depositato il 15.10.2009, con il quale il Collegio arbitrale, qualificato il rapporto intercorso tra le parti come concessione di pubblico servizio avente ad oggetto la riscossione dei tributi di pertinenza comunale, aveva rigettato alcune delle domande formulate dall’Ente.

Dopo aver dato atto che, con precedente lodo parziale del 28.7.1008, erano state rigettate le domande di nullità e di annullamento delle convenzioni inter partes, la Corte ha escluso la dedotta contraddizione tra statuizioni, trattandosi piuttosto di un equivoco ingenerato dalla peonastica reiterazione dei quesiti, e ciò in quanto il Collegio arbitrale aveva semplicemente rigettato i quesiti 10, 10 bis, 11 e 12, inerenti all’esistenza di cause di risoluzione di diritto, e rimesso in istruttoria per decidere sulla domanda di risoluzione per inadempimento, evidenziando, pure, che sulla decadenza dal rapporto concessorio – tale doveva qualificarsi la dedotta decadenza dal contratto – gli arbitri avevano correttamente rilevato di esser privi di potestas iudicandi.

La Corte ha, quindi, escluso la sussistenza sia dei denunciati difetti di motivazione, che a volte mascheravano censure di merito, che delle asserite omesse pronunce: la tecnica redazionale di formulazione delle conclusioni frazionate in una prolissa serie di doglianze aventi ad oggetto singoli e specifici fatti- ne dava, talvolta, solo l’apparenza.

Non era sussistente la contraddittorietà col precedente lodo parziale del 28.7.2008, in cui si era semplicemente dato atto che, a valle del rapporto concessorio, era sorto un contratto disciplinato da norme privatistiche.

Avverso tale sentenza, che ha rigettato l’impugnazione incidentale di Tributi Italia, ha proposto ricorso il Comune di Spotorno, con dieci motivi. Le Società Tributi Italia e STAR sono rimaste intimate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., n. 11 e nullità della sentenza per mancanza di motivazione, il ricorrente rileva di aver denunciato la contraddittorietà tra le disposizioni di cui ai punti 1, 2 e 10 del dispositivo e la disposizione di cui al punto 3 del medesimo dispositivo: coi primi, il lodo aveva rinviato all’esito della disposta CTU l’esame delle domanda proposte da esso Ente ai punti 6, 7 e 9 delle proprie conclusioni, con le quali aveva dedotto una serie d’inadempimenti di Tributi Italia, e, con l’altra, aveva respinto la domanda di risoluzione del contratto, proposta coi quesiti 10, 10 bis, 11 e 12.

Come risulta dal relativo esame, prosegue il ricorrente, con i quesiti 11 e 12 era stata chiesta, proprio, la risoluzione per inadempimento, su cui il lodo aveva rimesso l’accertamento all’esito della CTU: la denunciata patente contraddittorietà tra le statuizioni è stata misconosciuta dalla Corte d’appello in violazione dell’art. 829 c.p.c., n. 11, come reso evidente dalla stessa motivazione perplessa e, dunque, nulla.

2. Col secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 829 c.p.c., n. 5, ed art. 823 c.p.c., n. 5 e la nullità della sentenza per assoluta mancanza di motivazione sul rigetto del motivo d’impugnazione relativo alla domanda di risoluzione per inadempimento.

3. I motivi, da valutarsi congiuntamente per comodità espositive, sono infondati.

4. Premesso che, in sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia deciso sull’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, questa Corte non può apprezzare direttamente il lodo, ma solo la decisione impugnata (cfr. Cass. n. 2985 del 2018, e giurisprudenza richiamata), va rilevato che la Corte d’Appello ha interpretrato il lodo evidenziando che, seppure il Collegio arbitrale avesse respinto, al punto 3 del dispositivo, la domanda di risoluzione senza ulteriore specificazione, quel giudice aveva, in realtà, escluso la sola esistenza di cause di risoluzione di diritto, mentre aveva rimesso in istruttoria per decidere sulla domanda costitutiva di risoluzione per inadempimento. E tanto, ha affermato la Corte genovese, si desumeva dalla lettura “della motivazione del provvedimento impugnato” che dava conto del “diniego della esistenza di una causa di risoluzione automatica o ipso iure del rapporto (quale la diffida ad adempiere o la clausola risolutiva espressa) o di una causa di decadenza”. La parziale coincidenza tra i quesiti rigettati e quelli rimessi in istruttoria era, dunque, apparente essendo dovuta all’iterazione ed alla frammentazione della loro formulazione da parte dell’Ente.

5. Così argomentando, la Corte d’Appello ha espresso una motivazione, del tutto intelligibile, con cui ha escluso la dedotta contraddittorietà tra parti del dispositivo del lodo, tenendo conto non soltanto delle statuizioni formalmente in esso racchiuse, ma, anche, delle enunciazioni contenute nella motivazione, che, com’è noto, costituiscono le necessarie premesse logiche e giuridiche della decisione. Se tanto basta ad escludere l’asserita nullità della decisione per assenza della motivazione, la tesi del ricorrente presuppone un’esegesi del lodo diversa da quella resa dalla Corte d’Appello, il che attinge al merito, in assenza di deduzione di violazione delle regole interpretative, peraltro non deducibile ratione temporis trattandosi di giudizio arbitrale intrapreso nel luglio 2007 in base a convenzione di arbitrato dei precedenti mesi di marzo ed aprile (cfr. pag. 4 ricorso).

6. La lamentata carenza di motivazione a sostegno del rigetto dell’omologo motivo riferito alla statuizione del lodo muove dalla petizione di principio secondo cui, contrariamente al decisum, sarebbe stata rigettata (in tesi senza motivazione) la domanda costituiva di risoluzione, ed inoltre è pure generica, non essendo riportati i pertinenti passaggi del lodo, al quale la Corte di Genova si è espressamente richiamata nel disattendere la censura di difetto di motivazione del lodo. Non è, ancora, neppure indicata quale specifica inadempienza non sarebbe stata considerata in riferimento, beninteso, alle statuizioni decisorie. Non può, per completezza, sottacersi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la violazione dell’obbligo di esposizione sommaria dei motivi della decisione, imposto agli arbitri dall’art. 823 c.p.c., n. 5, che può esser fatta valere in sede di impugnazione del lodo ex art. 829 c.p.c., comma 1, n. 5, è integrata nel caso, qui non ricorrente, in cui la motivazione manchi del tutto o sia talmente carente da non consentire di comprendere l’iter logico e la ratio della decisione (Cass. SU n. 24785 del 2008; Cass. n. 28218 del 2013; n. 12321 del 2018).

7. Col terzo motivo il Comune deduce violazione dell’art. 829 c.p.c., n. 12; nullità della sentenza per mancanza di motivazione; omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio relativo all’omessa pronuncia sulla domanda posta al punto 12 ter delle conclusioni, fatto rilevante e decisivo ai fini dell’applicazione dell’art. 829 c.p.c., n. 12.

Il menzionato quesito, afferma il ricorrente, aveva ad oggetto la domanda di risoluzione avanzata in riferimento alla critica situazione patrimoniale e finanziaria di Tributi Italia (già San Giorgio), situazione che poneva in pericolo le spettanze di esso Comune, anche, ai sensi dell’art. 1461 c.c.. Su tale quesito, il lodo non aveva pronunciato e la Corte d’appello aveva rigettato il corrispondente motivo d’impugnazione, travisando il contenuto della domanda, come una semplice lettura della stessa rendeva palese.

8. Il motivo è inammissibile. Ed, invero, la Corte genovese ha ritenuto insussistente la dedotta omessa pronuncia, evidenziando che la domanda, di cui il Comune predicava la pretermissione, costituiva una mera duplicazione di quelle precedenti (artt. 10, 10 bis, 11 e 12), valutate in senso negativo per l’Ente: il riferimento alla “critica situazione patrimoniale” non era idoneo a conferire autonomia al quesito stesso costituendo, solo, una formula riassuntiva per indicare situazioni e comportamenti che erano stati evidenziati e descritti in quelli precedenti.

A fronte di tale motivazione, che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, è compiuta e pienamente comprensibile, il motivo si sostanzia in una critica di merito rispetto all’interpretazione del quesito ed in particolare alla valenza dell’allegazione relativa alla “critica situazione patrimoniale” della Società, che la Corte d’Appello ha, comunque, esaminato. Il motivo è peraltro generico, tenuto conto che in riferimento al “rilascio di idonee garanzie” al cui obbligo Tributi Italia sarebbe venuta meno, il lodo si è espresso rigettando al punto 9 del dispositivo (riportato a pag. 18 del ricorso) “la domanda del Comune di Spotorno relativa all’obbligo del concessionario di fornire adeguata fideiussione”, ed al riguardo il ricorso è silente.

9. Con il quarto motivo, si deduce violazione dell’art. 829 c.p.c., n. 12; nullità della sentenza per mancanza di motivazione; omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio relativo all’omessa pronuncia sulla domanda posta al punto 8 delle conclusioni, fatto rilevante e decisivo ai fini dell’applicazione dell’art. 829 c.p.c., n. 12. Con tale quesito era stato devoluto al Collegio arbitrale di accertare che le concessionarie dovevano considerarsi inadempienti agli obblighi contemplati all’art. 3 della convenzione, per avere omesso, in violazione dei canoni di buona fede e leale collaborazione, di aderire alla richiesta di verifica di congruità, riferita al minimo garantito allo scadere del quinquennio.

Su tale domanda il lodo non aveva pronunciato, nè in sede di dispositivo e neppure di motivazione, e la Corte genovese non aveva sanzionato l’omissione illegittimamente affermando una pretesa “atomizzazione delle domande” che non costituiva di certo, una valida motivazione.

10. Il motivo è, in parte, infondato ed, in parte, inammissibile. La Corte d’Appello ha affermato che le domande risolutorie di cui al punto 8 delle conclusioni sono ripetute e ribadite nel successivo punto 10, ha correlativamente ritenuto che il rigetto del punto 10 ha implicato il rigetto del punto 8, perciò escludendo l’omessa pronuncia.

Se tale motivazione è del tutto comprensibile, la critica, che afferma l’autonomia tra domanda di accertamento dell’inadempimento e domanda di risoluzione, che su esso si fonda, è fuori fuoco, poichè non tiene conto che la prima è necessariamente contenuta nella seconda. Nessuna contraddizione è poi dato rilevare nella sentenza impugnata: è al riguardo sufficiente osservare che i comportamenti indicati dal ricorrente sono stati valutati, con esito per lui infausto, ai fini della verifica della risoluzione di diritto, alla quale – come sopra esposto- è limitata la statuizione di rigetto, mentre, in relazione alla domanda costitutiva di risoluzione, la censura è inammissibile non essendo stata ancora emessa in parte qua statuizione impugnabile per averne il lodo, e quindi la sentenza impugnata, rinviato la decisione.

11. Con il quinto motivo, il Comune deduce la violazione dell’art. 829 c.p.c., n. 5 ed art. 823 c.p.c., n. 5, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e per mancanza di motivazione, l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio consistente nell’avere il lodo ritenuto “la fondatezza dell’eccezione di inadempimento di Tributi Italia dal puro e semplice accertamento del ritenuto inadempimento del Comune rispetto all’obbigo di rinegoziazione del contratto senza alcuna indagine comparativa tra tale asserito inadempimento e gli inadempimenti di Tributi Italia consistenti nell’omesso versamento al Comune delle somme dovute dal luglio 2007 all’ottobre 2008, fatto emergente dal lodo arbitrale”. In particolare, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale ha omesso di valutare il profilo sub b) del quinto motivo, con il quale esso Comune si era doluto della ritenuta fondatezza dell’eccezione d’inadempimento sollevata ex adverso, senza alcuna indagine “sulla correlazione e la proporzionalità tra l’uno e l’altro inadempimento”; “la decisione del lodo (punto 3 del dispositivo) di respingere la domanda di risoluzione del contratto proposta dal Comune di Spotorno relativamente agli inadempimenti di Star e Tributi Italia degli anni 2007 e 2008 unicamente sulla base del ritenuto inadempimento del Comune di Spotorno per non avere dato seguito alla richiesta di rinegoziazione del contratto formulata da Tribuiti Italia con lettera del 31.7.2008… non può non ritenersi, pertanto, con ogni evidenza, sfornita del tutto di motivazione”. La Corte territoriale, lamenta il ricorrente, ha del tutto omesso di esaminare tale profilo, fondamentale ai fini della valutazione della ritenuta legittimità dell’eccezione d’inadempimento avversaria, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in assenza di motivazione ed omettendo l’esame del fatto decisivo per il giudizio relativo all’indagine comparativa tra i comportamenti delle parti.

12. Il motivo è inammissibile. La Corte territoriale ha rigettato l’intero quinto motivo d’impugnazione del lodo, ritenendolo incentrato, tutto, su questioni di merito, il che rende evidente che le doglianze non incontrano la decisione. Sotto altro profilo, la censura è generica: essa non solo riporta frammentariamente i pertinenti passaggi del lodo (svolti nelle pagg. 20-27, come riferisce lo stesso ricorrente) ma non specifica in riferimento a quale domanda la valutazione comparativa avrebbe dovuto esser svolta, vizio che appare esiziale, tenuto conto che: a) il ricorrente espone (pag. 51) che gli inadempimenti, da lui lamentati, sono stati valutati in rapporto all’art. 9 del contratto, clausola che gli arbitri hanno affermato regolare un’ipotesi di decadenza, e di cui hanno escluso i presupposti; b) l’accoglimento delle domande (e non eccezioni) riconvenzionali di Tributi e di Star, implicavano il mero accertamento dell’inadempienza di esso Comune all’obbligo di rinegoziazione e di esclusiva (cfr. punti 4 e 5 dispositivo del lodo) per il cui accertamento non era richiesta valutazione comparativa; c) la domanda di risoluzione costitutiva, come si è detto, non è stata decisa in seno al lodo oggetto della presente impugnazione, sicchè l’esame della censura sull’assenza della valutazione comparativa delle condotte delle parti (in questo caso necessaria) non è ammissibile, in quanto diretta, per l’appunto, avverso una statuizione non ancora emessa.

13. Con il sesto motivo, il Comune deduce, nuovamente, la violazione dell’art. 829 c.p.c., n. 5 ed art. 823 c.p.c., n. 5, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione, l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio consistente nell’avere il lodo ritenuto fondata l’eccezione d’inadempimento avversaria “pur avendo dato atto che il rifiuto del Comune di accedere alla richiesta di rinegoziazione del contratto formulata da Tributi Italia il 31 luglio 2008 era posteriore agli omessi versamenti di Tributi Italia alle scadenze del 30 luglio 2007, del 30 ottobre 2007, del 30 gennaio 2008, del 30 aprile 2008 e del 30 luglio 2008”. Anche in questo caso, la Corte genovese aveva travisato il motivo di nullità rapportandolo all’entrata in vigore del D.L. n. 93 del 2008, art. 7 bis, che aveva esentato i proprietari di prima casa dal pagamento dell’ICI, norma che era stata citata in seno all’atto d’impugnazione, sol perchè richiamata nel lodo come base normativa a fondamento della richiesta di rinegoziazione formulata dalla concessionaria.

14. Il motivo è inammissibile. La Corte ha qualificato il motivo di impugnazione, dedotto in termini di omessa motivazione e contrarietà del lodo, quale “erronea ricostruzione dei fatti e violazione di norme di diritto”, e ne ha escluso la sussistenza per avere il lodo compiutamente argomentato che l’obbligo della rinegoziazione era ancorato alle sopravvenienze normative che già nel 2007 avevano ridotto l’ICI, poi abolita nel 2008. La censura non centra, dunque, la ratio decidendi, non potendo, inoltre, non rilevarsi che la motivazione sussiste e che la cronologia dei fatti, in tesi pretermessa, risulta esser stata considerata, talchè in definitiva, la doglianza mira ad un riesame del merito.

15. Con il settimo motivo, il Comune deduce la violazione dell’art. 829 c.p.c., n. 5 ed art. 823 c.p.c., n. 5, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e per mancanza di motivazione, per avere la Corte territoriale ignorato il settimo motivo con cui il lodo era stato censurato per aver respinto la domanda di risoluzione senza considerare che esso ricorrente “aveva proposto la domanda di risoluzione giudiziale del contratto per inadempimento in data 14 aprile 2008, ben prima dunque del ritenuto inadempimento del Comune consistente nel non aver aderito alla richiesta di rinegoziazione del contratto formulata da Tributi Italia il 31 luglio 2008”. E tanto aveva comportato che, per effetto dell’art. 1453 c.c., l’asserito suo successivo inadempimento doveva considerarsi irrilevante.

16. La doglianza presenta profili d’inammissibilità e di infondatezza. La Corte ha rigettato il settimo motivo d’impugnazione ritenendo che lo stesso esprimeva la medesima doglianza svolta in quello precedente secondo la tecnica redazionale iterativa, adottata nell’atto di impugnazione, e già analizzata. A fronte di tale argomentare, il ricorso è generico, non essendo il motivo d’impugnazione stato trascitto per intero, e, nella parte in cui lo è, esso è infondato, in quanto reitera, in effetti, la doglianza inerente alla mancata valutazione degli inadempimenti avversari, per gli omessi versamenti alle scadenze 2007-2008, anche in riferimento ai tempi della proposizione della domanda risolutoria. Così convenendo, la postulata autonomia della censura rispetto alle due precedenti non è stata chiarita, restando pertanto escluse le pretese omissioni; l’interferenza con la statuizione di cui al punto 3 del dispositivo risulta invece criptica, tenuto conto della consistenza del relativo decisum, ormai definitivamente acclarato nei sensi di cui si è già esposto.

17. Con l’ottavo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 829 c.p.c., n. 5 ed art. 823 c.p.c., n. 5, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione, per avere la Corte d’Appello rigettato, senza alcuna motivazione, la doglianza con cui aveva censurato il rigetto, da parte del Collegio arbitrale, del nono motivo dell’impugnazione, relativo alla questione della controversa computabilità “nel minimo garantito delle somme introitate dal Comune direttamente nell’anno 2001 e successivi per imposte dovute negli anni 2000 e precedenti”. Nella specie, la Corte si era limitata a riportare il contenuto della decisione arbitrale e ad affermare che la motivazione era comprensibile.

18. Con il nono motivo, si deduce la violazione dell’art. 829 c.p.c., n. 5 ed art. 823 c.p.c., n. 5, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e per mancanza di motivazione, l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, sul decimo motivo di impugnazione per nullità, con cui esso Comune aveva censurato per mancanza di motivazione la ritenuta sussistenza di un suo obbligo di assegnare, in via esclusiva, oltre che il servizio di gestione dei tributi comunali, anche, i servizi di gestione delle entrate comunali, di riscossione delle sanzioni amministrative e di gestione patrimoniale e finanziaria del suo patrimonio immobiliare, nonchè l’inadempimento di tale suo obbligo. E ciò, senza considerare, da una parte, il mancato approntamento dell’organizzazione necessaria per l’assunzione e la gestione di tali servizi, da parte di STAR, che non li aveva neppure richiesti in costanza del rapporto, limitandosi a dedurli in sede arbitrale; e, dall’altra, che Tributi Italia non era legittimata a far valere tale preteso inadempimento, di cui in teoria, poteva dolersi, solo, Star. La Corte territoriale non si era espressa sul secondo e terzo dei profili dedotti, aveva omesso di esaminare la lettera del 9.2.2001, richiamata nel motivo d’impugnazione del lodo, e decisiva per il giudizio.

19. Con il decimo motivo, il Comune lamenta la violazione dell’art. 829 c.p.c., n. 5 ed art. 823 c.p.c., n. 5, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione, sull’undicesimo motivo dell’impugnazione per nullità. Tributi Italia, riferisce il ricorrente, aveva rilasciato fideiussione, per gli anni 2007 e 2008, da due Società (la Union Generale S.p.A. e la Fidinvest S.p.A.) che erano state cancellate dall’elenco degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 del TU delle Leggi bancarie. L’assunto del lodo, secondo cui la fideiussione manteneva validità, era giuridicamente errato, ed era stato censurato per omessa motivazione non già circa l’esistenza e permanenza delle fideiussione, ma circa l’idoneità della stessa ad assolvere all’assunto obbligo di garanzia. Ed in proposito, la Corte nulla aveva statuito.

20. I motivi, da valutarsi congiuntamente, sono inammissibili, per difetto di autosufficienza: il ricorrente omette di riportare le corripondenti doglianze avanzate in sede di impugnazione del lodo arbitrale, ed il rigetto delle relative critiche è coerente con i limiti del controllo sulla motivazione degli arbitri, quali enunciati al precedente p. 6.

17. Il ricorso va, in conclusione, rigettato, senza dover provvedere sulle spese, in assenza di costituzione delle parti intimate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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