Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13930 del 07/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 07/07/2016, (ud. 09/03/2016, dep. 07/07/2016), n.13930

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29064-2013 proposto da:

T.M., (OMISSIS), T.V.

(OMISSIS), C.I. (OMISSIS),

T.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA LAZIO 9, presso lo studio dell’avvocato MARCO CIAPPONI,

rappresentati e difesi dall’avvocato LUIGI LA PLACA giusta procura

in allegato al ricorso;

– ricorrenti –

contro

G.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1524/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 03/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato LUIGI LA PLACA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La vicenda trae origine da una rissa tra due gruppi familiari, i T. e i G..

Il Tribunale penale di Sciacca dichiarò T.L. e C.I. colpevoli del reato di rissa e del reato di lesioni volontarie ai danni di G.G. e li condannò alle pene di giustizia, nonchè al risarcimento dei danni materiali e morali in favore di quest’ultimo, costituitosi parte civile. Danni da liquidarsi in separata sede. La corte d’appello di Palermo riformò la sentenza impugnata e assolse entrambi gli imputati dal reato di rissa. Tale sentenza fu annullata dalla Corte di Cassazione, limitatamente agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Il 4 maggio 2009, G. G. riassunse il giudizio innanzi alla Corte d’Appello di Palermo deducendo che le lesioni da lui lamentate, indicate nella certificazione medica acquisita agli atti del giudizio penale, fossero casualmente riconducibili al fatto illecito del T. e della C., come poteva evincersi dalle dichiarazioni rese nel giudizio penale di primo grado dallo stesso G. e da P.S.F., presente al momento del fatto e che si era adoperato per separare i contendenti. Il G., pertanto, chiese che il T. e la C. venissero dichiarati responsabili di tutti i danni in conseguenza delle lesioni subite.

2. La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza n. 1524 del 3 novembre 2012, ha accolto la domanda del G., confermando la sentenza del Tribunale di Sciacca con la quale la C. e il T. erano stati condannati al risarcimento dei danni. La Corte d’Appello ha valutato, ai soli effetti civili, la sussistenza dei reati di rissa e lesioni volontarie ascritti al T. e alla C..

Ha ritenuto che la ricorrenza dei suddetti reati si evince con sufficiente certezza dalle acquisizioni processuali del giudizio penale di primo grado. La corte territoriale ha anche rivalutato e affermato la sussistenza del reato di lesioni volontarie sulla base delle dichiarazioni di G. e dello S. che trovano conferma nel referto medico dell’ospedale di (OMISSIS).

3. Avverso tale decisione, C.I., sia in proprio che nella qualità di erede di T.L. e M., V. e T.P. quali eredi di T.L., propongono ricorso in Cassazione sulla base di un motivo.

3.1 Gli intimati non svolgono attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo ed unico motivo, i ricorrenti deducono “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5”. Lamentano gli eredi T. e la C. che la corte territoriale ha omesso, erroneamente, di valutare la precisa dichiarazione resa dal G. nel corso dell’esame avanti il Tribunale di Sciacca, all’udienza del 10 maggio 2005, nel procedimento penale a carico di T.L. e C.I. nella quale dichiarava: a) di non essere in grado di indicare da quale dei suoi avversari sia stato colpito; b) di avere tutti addosso; c) con quali mezzi sia stato colpito. Ed ancora le dichiarazioni di S. che la Corte d’Appello ha posto a base della sua decisione sono in contrasto con quelle sopra trascritte tant’è che S. Filippo non risulta neppure indicato come fonte di prova nella stessa sentenza della Corte di Cassazione. Il motivo è inammissibile. E’ principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente, come nel caso di specie, non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente.

L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011). Il giudice del merito ha valutato tutte le prove agli atti ed in particolare le circostanze dell’aggressione, le dichiarazione del G. e dello S. e il referto medico dell’ospedale.

5. In considerazione del fatto che gli intimati non si sono costituiti non occorre disporre per le spese.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 9 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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