Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13929 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25420/2017 proposto da:

Silia S.p.a. in Amministrazione Straordinaria, in persona dei

commissari straordinari pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Daniele Portinaro, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Elettrosud S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via degli Scipioni n. 94, presso

lo studio dell’avvocato Giovanna Fiore, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Alberto Ponti, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 734/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 29/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/02/2020 dal Consigliere VELLA Paola.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 29/03/2017, ha rigettato l’appello proposto dalla Silia S.p.a. in Amministrazione Straordinaria avverso la sentenza con cui il Tribunale di Vercelli aveva a sua volta rigettato la domanda avanzata dalla procedura nei confronti di Elettrosud S.r.l. di revocatoria, L.Fall., ex art. 67, comma 2, dei pagamenti effettuati in suo favore, nel cd. periodo sospetto, dalla società poi dichiarata insolvente, per mancanza di prova del presupposto soggettivo dell’azione.

2. La Silia in A.S. ha proposto ricorso per la cassazione della predetta sentenza affidato a un unico motivo, cui la Elettrosud ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

3. La ricorrente denunzia la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 2727 c.c. e dei principi in materia di presunzioni, dell’art. 2697 c.c. e dei principi in materia di valutazione delle prove”, per avere la corte d’appello “ritenuto che tutto l’impianto probatorio – con riferimento agli indici sia interni che esterni al rapporto tra le parti – fornito dalla odierna ricorrente fosse privo di sufficiente rilevanza ai fini di integrare quella probabilità della scientia decoctionis funzionale alla revocabilità dei pagamenti di cui ha richiesto la restituzione”.

3.1. In particolare, la ricorrente lamenta che la corte territoriale avrebbe “misurato la rilevanza probatoria degli elementi indiziari forniti da Silia con il “metro” della certezza assoluta, in luogo della certezza logica, ovvero della “ragionevole” certezza anche probabilistica (…), da applicarsi in tema di presunzioni ex art. 2727 c.c.”, in tal modo distorcendo “l’interpretazione di tutte le prove documentali e testimoniali offerte da Silia, destituendole di fondamento”, quando invece non avrebbero potuto “essere considerate irrilevanti” i fatti indicati a pag. 12 del ricorso.

4. Il motivo è inammissibile.

5. Questa Corte ha più volte osservato che il vizio censurato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata da una norma di legge, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa non attiene all’esatta interpretazione della norma, bensì alla tipica valutazione di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 24155/2017, 6587/2017) al di fuori dei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (Cass. 22707/2017, 195/2016), qui però non allegato.

5.1. Ebbene, le doglianze in esame evocano chiaramente un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e si pongono, quindi, al di fuori del perimetro del mezzo di impugnazione utilizzato, traducendosi appunto in una richiesta di rivisitazione del merito, inammissibile in questa sede (Cass. 6939/2020, 7192/2020, 27072/2019, 29404/2017, 9547/2017, 16056/2016).

5.2. Questa Corte ha altresì precisato che, “in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione” (Cass. 1229/2019, 27000/2016) – circostanze, queste, che non ricorrono nel caso di specie – e che “il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità” sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione di norme processuali, sussumibile nella previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), bensì un errore di fatto che deve essere censurato secondo il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e perciò nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (Cass. Sez. U, 19485/2017; Cass. 23940/2017, 7580/2019).

5.3. Anche di recente le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito come sia “inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (Cass. Sez. U, 34476/2019).

5.4. Anche riqualificando il motivo come censura motivazionale, esso sarebbe comunque inammissibile, sia perchè proposto senza il rispetto dei canoni del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (applicabile ratione temporis) – che impone al ricorrente l’onere di indicare, in ossequio all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), il fatto storico il cui esame sia stato omesso, il dato (testuale o extratestuale) da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti e, soprattutto, la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8053/2014, 8054/2014, 1241/2015; Cass. 19987/2017, 7472/2017, 27415/2018, 6383/2020, 6485/2020, 6735/2020)- sia per la preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, (applicabile ai giudizi di appello proposti successivamente all’11 settembre 2012, come quello per cui è causa), in base alla quale non può essere impugnata per omesso esame di fatti storici la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” (cd. doppia conforme), allorchè le “questioni di fatto” siano state decise nei due gradi di merito in base alle “stesse ragioni” (ex multis, Cass. 29222/2019, 7580/2019).

6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.

7. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (cfr. Cass. Sez. U, n. 23535/2019 e n. 4315/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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