Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13927 del 07/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 07/07/2016, (ud. 09/03/2016, dep. 07/07/2016), n.13927

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28800-2013 proposto da:

G.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DEI MONTI PARIOLI 18, presso lo studio dell’avvocato

RENATO MARINI, rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE

PIETRAGALLA giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE SAN PIETRO APOSTOLO, in persona del Sindaco lrpt,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PRISCILLA 35/1 INT1, presso

lo studio dell’avvocato FRANCESCO PAGLIOSO, che lo rappresenta e

difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1252/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 13/09/2013; udita la relazione della causa svolta nella

pubblica udienza del 09/03/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO

OLIVIERI;

udito l’Avvocato RENATO MARINI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’appello proposto dal Comune di San Pietro Apostolo avverso la sentenza del Tribunale di Catanzaro n. 354/2008 – che aveva condannato l’ente locale a risarcire i danni subiti da G. L. a causa dell’allagamento nel 1996 del proprio fondo dovuto ad omessa manutenzione di griglie di scolo dell’acqua piovana collocate sulla adiacente strada comunale – veniva accolto dalla Corte d’appello di Catanzaro che, con sentenza in data 13.9.2013 n. 1252 rilevava che la danneggiata non aveva fornito la prova che la fuoriuscita delle acque tracimate nel fondo fosse dovuta ad incuria del Comune, alla stregua delle dichiarazioni testimoniali assunte e dell’incertezza sulla datazione della documentazione fotografica prodotta, ed essendo rimasta invece provata la eccezionalità della precipitazione meteorologica dell’ottobre 1996.

La sentenza notificata il 2.10.2013 è stata ritualmente impugnata per cassazione dalla G. che ha dedotto con un unico motivo vizio di error in judicando e vizio di motivazione.

Ha resistito con controricorso l’ente locale.

La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il motivo è inammissibile.

La ricorrente formula plurime censure di legittimità senza tuttavia individuare le statuizioni ritenute affette dall’uno piuttosto che dall’altro vizio, rimettendo quindi inammissibilmente alla Corte la individuazione della censura che è rimessa alla esclusiva scelta processuale della parte.

Anche a voler considerare “tamquam non esser la censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, formulata in relazione ad asserita violazione della L. 13 giugno 1942, n. 794, artt. 29 e 30 che non trova alcuna argomentazione a supporto nella esposizione del motivo, l’altra censura, concernente il vizio motivazionale, non rispecchia i requisiti prescritti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze pubblicate a far data dall’11.9.2012.

La ricorrente, infatti, censura la sentenza per “difetto, insufficienza e contraddittorietà della motivazione” (ricorso pag.

17) omettendo di individuare lo specifico “fatto storico” (principale o secondario) “decisivo”, oggetto di discussione tra le parti, che sarebbe stato del tutto pretermesso dal Giudice di appello, e limitandosi semplicemente a contestare la valutazione delle risultanze probatorie – insindacabile in sede di legittimità, trattandosi di attività riservata ai sensi dell’art. 116 c.p.c. al giudice del merito – compiuta dalla Corte territoriale, opponendo ad essa una propria diversa ricostruzione dei fatti.

La Corte d’appello ha, infatti, ritenuto inefficace sul piano probatorio la documentazione fotografica allegata all’ATP, in quanto attestante una situazione (ostruzione delle griglie dovuta a fogliame non raccolto) descritta al momento del sopralluogo del consulente (febbraio 1997) e dunque non rappresentativa dello stato delle griglie e dei canali di scolo al tempo del fatto (1996), non essendo di contro stato accertato se e quali tra le foto predette fossero state scattate dalla stessa danneggiata al tempo del sinistro;

inoltre ha ritenuto attendibili le dichiarazioni dei testi assunti tutte convergenti nella dimostrazione della effettuazione, da parte del Comune, della necessaria manutenzione delle griglie di scolo al tempo dei fatti.

Pertanto la critica rivolta alla sentenza impugnata, secondo cui la situazione delle griglie di deflusso dell’acqua piovana descritta nelle foto riprese circa quattro mesi dopo l’evento alluvionale avrebbe dovuto indurre i Giudici di appello a ritenere tale condizione “omogenea” a quella esistente al tempo del sinistro, oltre a risolversi in una mera illazione, intende pervenire ad un inammissibile riesame del merito, così come la critica rivolta alla sentenza in ordine alla non rilevata inattendibilità dei testi, in quanto dipendenti comunali, nonchè la censura di inesatta valutazione delle imprecise indicazioni fornite dagli stessi testi in ordine alla attività di manutenzione, dovendo aggiungersi, in relazione a quest’ultimo aspetto, che il motivo si palesa, in ogni caso, privo anche del requisito di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, avendo la ricorrente omessa del tutto la integrale trascrizione delle dichiarazioni rese dai testi asseritamente misconosciute dalla Corte territoriale (cfr. con riferimento al precedente testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5:

Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 1161 del 01/02/1995; id. Sez. 2, Sentenza n. 12080 del 13/09/2000; id. Sez. L, Sentenza n. 4849 del 27/02/2009; id. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 17915 de/ 30/07/2010; id.

Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015).

Il motivo è altresì inammissibile, per carenza di interesse, in quanto si limita a censurare una sola “ratio decidendr (relativa alla mancanza di prova della condotta colposa omissiva), omettendo del tutto di censurare anche l’altra autonoma “rado decidendi” idonea a sorreggere da sola la decisione (mancanza di prova del nesso causale tra la ipotizzata mancata manutenzione delle griglie e l’alluvione del fondo), avendo la Corte territoriale valutato come anomalo ed eccezionale il fenomeno atmosferico verificatosi ad ottobre del 1996, come descritto in tali termini dalla stessa danneggiata, e dunque integrante una causa di forza maggiore che, ponendosi al di fuori della sfera di controllo del Comune, eccedeva comunque le possibilità di intervento volte ad impedirlo.

Orbene costituisce principio giurisprudenziale consolidato che ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (cfr. Corte cass. 3 sez. 7.11.2005 n. 21490; id. 3 su. 11.1.2007 n. 389; id.

SS.UU. 20.6.2007 n. 14297; id. SS.UU. 23.12.2009 n. 27210; id. 3 sez. 12.3.2010 n. 6045; id. Sez. 6 – L, Ord. 3.11.2011 n. 22753; id. 3 sez. 14.2.2012 n. 2108; id. SS.UU. 29.3.2013 ra. 7931).

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la parte ricorrente condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo.

Sussistono i presupposti per l’applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che dispone l’obbligo del versamento per il ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata, essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013 (cfr. Corte cass. SU 18.2.2014 n. 3774).

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.900,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre gli accessori di legge;

– dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somma prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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