Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13926 del 24/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 24/06/2011), n.13926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9480/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

B.M.;

– intimata –

sul ricorso 13693-2006 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliata in ROMA VIA PAOLO

EMILIO 7, presso lo studio dell’avvocato CASTELVETERE STEFANO SERGIO,

che la rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELL1 ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 86/2004 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 19/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato D’ASCIA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato CASTELVETERE, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per la nullità della sentenza

per mancanza di motivazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 20.3.2006 è stato notificato a B.M. un ricorso del Ministero delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata il 19.4.2005). che ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n.400/10/2002, che aveva integralmente accolto il ricorso della parte contribuente avverso avviso di rettifica inerente IVA anno 1992:

processo verbale di costatazione ed avviso di irrogandone sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione IVA anno 1991 ed ulteriore avviso di irrogazione sanzioni per tardiva presentazione della dichiarazione IVA per l’anno 1991.

B.M. si è costituita con controricorso e ricorso incidentale notificato il 21.4.2006 ad entrambe le parti ricorrenti ed ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 23.3.2011. in cui il PG ha concluso per la nullità della sentenza, in mancanza di motivazioni.

2. I fatti di causa.

Con tre distinti atti di ricorso la contribuente B. ha impugnato un avviso di rettifica e i successivi avvisi di irrogazione di sanzione per omessa e per tardiva dichiarazione (ricorsi che sono stati poi riuniti nello stesso processo avanti all’adita CTP di Roma), dei quali si intende solo che il secondo ed il terzo concernono sanzioni sia per l’omessa che per la tardiva presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno 1991. mentre il primo concerne il disconoscimento di una eccedenza detraibile “oltre il decimo di quella spettante e comunque in quanto contenente dati inesatti”. Nei ricorsi introduttivi di primo grado la contribuente aveva eccepito la duplicazione della sanzione, irrogata sia per il ritardo che per l’omissione, ed aveva allegato che il ritardo di mesi tre nella presentazione della dichiarazione era dipeso da causa di forza maggiore, connessa ad una malattia impediente. L’adita CTP aveva integralmente accolto il ricorso di primo grado (sulla premessa che le dichiarazioni IVA omesse si considerano valide purchè presentate entro il 30.6.1996, in applicazione del D.L. n. 41 del 1995, art. 19 bis) e l’appello proposto dall’Agenzia era stato disatteso dalla CTR di Roma.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della C’IR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata sia nel senso che doveva essere disattesa la doglianza di ultrapetizione proposta dall’Agenzia (atteso che i primi giudici avevano accordato l’annullamento degli atti impositivi in correlazione all’espressa istanza della parte contribuente e facendo applicazione della vigente normativa) e nel senso che il ritardo nella presentazione della dichiarazione, era stato determinato da impedimento assoluto. D’altronde si era trattato di infrazione “meramente formale”.

4. Il ricorso per cassazione ed il ricorso incidentale.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con unico motivo d’impugnazione e si conclude – previa indicazione del valore della lite in Euro 69.777,46 – con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia anche in ordine alle spese di lite.

Il ricorso incidentale è sostenuto esclusivamente con l’istanza rivolta a questa Corte di condannare i ricorrenti a rifondere le spese del giudizio di appello, “inopinatamente compensate dal giudice a quo”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Questione preliminare.

Preliminarmente necessita rilevare l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero delle Finanze e del ricorso incidentale proposto contro il predetto Ministero.

Quest’ultimo non è stato parte del processo di appello (instaurato dopo il 1 gennaio 2001 – data di inizio dell’operatività delle Agenzie fiscali – dal solo Ufficio locale dell’Agenzia) sicchè non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare o ad essere convenuto nel presente grado.

Sussistono giusti motivi, in considerazione de fatto che la giurisprudenza di questa Corte in tal senso si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

6. Il primo motivo d’impugnazione.

Il primo ed unico motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 37, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia – art. 360 c.p.c., n. 3”).

Con tale motivo d’impugnazione la ricorrente Agenzia si duole del fatto che il giudice di appello – in violazione del disposto del menzionato art. 37 secondo cui: “Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a trenta giorni si considerano omesse a tutti gli effetti”- abbia erroneamente valorizzato la malattia della contribuente quale motivo di forza maggiore, per quanto ciò non possa rivestire alcuna rilevanza giuridica nell’ottica della disciplina dettata dal menzionato art. 37, anche atteso che. a mente della predetta disposizione, la dichiarazione può essere sottoscritta anche da un delegato.

La ricorrente Agenzia osserva che il ritardo previsto dalla legge (con la conseguente equiparazione alla completa omissione) non prevede possibilità alcuna di sanatoria, con conseguente perdita anche del diritto alla detrazione d’imposta ed evidenzia infine, “quanto al richiamato D.L. n. 41 del 1995, art. 19 bis”, che detta norma rende operante la sanatoria solo se vi è stata adesione e cioè se e stata presentata apposita istanza entro il 15.12.1996 e qualora sia stato versato l’importo stabilito dalla legge, ciò che nella specie non risultava fatto.

Osserva la Corte che, da parte il richiamo all’art. 19 bis or ora menzionato (che non è oggetto di alcun argomento della sentenza di secondo grado e che perciò è inutilmente valorizzato dalla parte ricorrente, in difetto di allegazione alcuna circa l’ambito effettivo del thema decidendum oggetto del giudizio di appello) ciò che solo mette conto acclarare è se correttamente il giudice d’appello abbia ritenuto giustificato il ritardo nella presentazione della dichiarazione per il solo fatto della allegata malattia impediente ovvero per il solo fatto che detto ritardo ha avuto “aspetto meramente formale”, alla luce della previsione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 37, che la ricorrente Agenzia assume sia stato violato.

La or ora menzionata norma (nella versione vigente all’epoca dei fatti, così come modificata dall’art. del D.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24) prevede:

“Le dichiarazioni previste dal presente decreto devono essere sottoscritte dal contribuente o da un suo rappresentante legale o negoziale.

Le dichiarazioni sono presentate all’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto, il quale, anche se non richiesto, deve rilasciare ricevuta.

Le dichiarazioni possono anche essere spedite all’ufficio a mezzo di lettera raccomandata e si considerano presentate nel giorno in cui sono consegnate all’ufficio postale, che deve apporre il timbro a calendario anche sulla dichiarazione.

La prova della presentazione della dichiarazione che dai protocolli, registri ed atti dell’ufficio non risulti pervenuta non può essere data che mediante la ricevuta dell’ufficio o la ricevuta della raccomandata.

Le dichiarazioni presentate entro trenta giorni dalla scadenza del termine sono valide, salvo quanto stabilito nell’art. 43, comma 1, e nell’art. 48, comma 1.

Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a trenta giorni si considerano omesse a tutti gli effetti, ma costituiscono titolo per la riscossione dell’imposta che ne risulta dovuta”.

Alla luce della disposizione sopra trascritta, non vi è motivo alcuno per supporre – anzitutto – che un impedimento come quello rappresentato dalla contribuente – e ritenuto idonea esimente da parte del giudice di appello – possa costituire ragione di deroga alle conseguenze di legge (equiparazione del ritardo all’omessa presentazione) ed all’applicazione della disciplina sanzionatomi in tema di tardiva o omessa presentazione della dichiarazione di cui si tratta, anche atteso che detta presentazione non deve e non doveva di necessità avvenire personalmente, ma poteva essere realizzata con le modalità e per il tramite dei soggetti previsti dalla anzitrascritta disposizione di legge. Al personale impedimento fisico della contribuente non si sarebbe perciò potuto attribuire la menoma rilevanza.

E neppure si sarebbe potuta attribuire rilevanza alcuna alla circostanza che il ritardo non abbia determinato pregiudizio alcuno per le casse dell’Erario (della qual cosa, per la verità, la Commissione di appello non fornisce giustificazione alcuna), sicchè dovrebbe essergli attribuito un carattere meramente “formale”, quasi che diversa possa essere la qualificazione dell’omissione peculiarmente qualificate e sanzionata dalla legge, a seconda che ad essa si accompagni o non si accompagni un reale pregiudizio per le ragioni dell’Erario.

Ed infatti l’art. 37 prevede che ogni ritardo superiore a giorni trenta equivalga a definitiva omissione, senza alcuna deroga od eccezione che consenta di attribuire rilevanza ad impedimenti o cause di forza maggiore. Non è chi non veda, perciò, che il giudice di appello ha fatto erroneo governo dell’art. 37 ora menzionato, allorchè ha ritenuto che il ritardo fosse giustificato per ragione di impedimento assoluto, o per la sua rilevanza puramente “formale”.

Invero una siffatta rilevanza di elementi fattuali esterni all’omessa tempestiva presentazione della dichiarazione non è assegnata dalla norma in alcun modo, sicchè la loro valorizzazione ai fini della soluzione della controversia costituisce di certo violazione del precetto di legge.

Non resta che cassare la decisione qui impugnata (si che poi ne resta assorbito l’appello incidentale proposto dalla intimata e relativo al solo provvedimento di regolazione delle spese del secondo grado di giudizio), con rimessione della lite alla medesima CTR di Roma (la quale provvederà anche sulle spese di questo grado) onde riesamini – alla luce dei principi sopra riassunti – le ragioni dedotte nel proposto appello oltre che le questioni – subordinate in punto logico – riproposte dalla parte intimata nel presente grado di giudizio e che sono rimaste assorbite dalla priorità logica che va assegnata alla censura dell’erronea applicazione del principi di diritto di cui si è detto da parte del giudice di secondo grado.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero delle Finanze e compensa le relative spese. Accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Cassa la decisione impugnata e rinvia la causa alla CTR di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di questo grado di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2011

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