Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13926 del 05/06/2017
Cassazione civile, sez. lav., 05/06/2017, (ud. 14/02/2017, dep.05/06/2017), n. 13926
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –
Dott. CURCIO Laura – Consigliere –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29260/2015 proposto da:
R.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA VALADIER, 52, presso lo studio dell’avvocato SAVINO GUGLIELMI,
che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
TELECOM ITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.
FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ARTURO MARESCA, ENZO
MORRICO, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, ROBERTO ROMEI, che la rappresentano
e difendono giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5013/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 11/06/2015 R.G.N. 963/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/02/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità, in
subordine rigetto;
udito l’Avvocato SAVINO GUGLIELMI;
udito l’Avvocato ROBERTO ROMEI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Con sentenza dell’11 giugno 2015, la Corte d’Appello di Roma, chiamata a pronunziarsi in sede di reclamo L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 58, confermava la decisione del Tribunale di Roma e rigettava la domanda proposta da R.C. nei confronti di Telecom Italia S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli a seguito della contestazione disciplinare elevata a suo carico a motivo dell’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna pronunziata nei suoi confronti per spaccio di stupefacenti.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione di genericità della contestazione per essere questa idonea a garantire il diritto di difesa e proporzionata, alla stregua dei criteri in base ai quali questa Corte ha riconosciuto la rilevanza disciplinare di fatti estranei al rapporto di lavoro, la sanzione irrogata. Per al cassazione di tale decisione ricorre il R. affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso la Società che ha poi presentato memoria
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 e dell’art. 48 lett. A) del CCNL per il settore Telecomunicazioni, lamenta a carico della Corte territoriale l’omessa valutazione ai fini del giudizio circa la ricorrenza dell’invocata giusta causa, dell’incidenza della condotta penalmente rilevante sotto l’ulteriore profilo dell’affidabilità del lavoratore quanto all’esatto adempimento pro futuro della specifica prestazione assegnatagli.
Con il secondo motivo il denunciato vizio di violazione di legge afferisce alla L. n. 183 del 2010, art. 30, comma 3, sostenendosi da parte del ricorrente essere stato il giudizio di proporzionalità tra sanzione irrogata e condotta addebitata operato in difformità dai criteri posti dalla predetta norma.
I due motivi, che possono essere qui trattati congiuntamente, per risolversi entrambi – aldilà della denunciata genericità della contestazione, al contrario correttamente valutata dalla Corte territoriale come conforme al dettato del codice disciplinare di cui al CCNL di categoria che impone di tener conto, con riguardo alle condanne penali relative a fatti estranei al rapporto di lavoro, dell’ulteriore profilo della lesione della figura morale del lavoratore e dell’erroneo riferimento alla disposizione di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 30, comma 3, che si limita a prescrivere al giudice di tener conto, come puntualmente ha fatto la Corte territoriale, delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi mentre gli ulteriori criteri valutativi ivi indicati hanno riguardo esclusivo alla quantificazione del risarcimento dovuto in caso di licenziamento illegittimo nell’area della tutela obbligatoria – nella confutazione del giudizio espresso dalla Corte territoriale in ordine alla proporzionalità della sanzione irrogata alla condotta contestata, si appalesano del tutto infondati, per essere stato quel giudizio correttamente operato con riferimento alla ricorrenza del requisito posto dal contratto collettivo della lesione della figura morale del lavoratore ed agli ulteriori elementi ritenuti rilevanti a tali fini dalla giurisprudenza di questa Corte, quali le caratteristiche oggettive e soggettive della condotta, il grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni, il danno di immagine derivato alla società dalla notorietà del fatto, con esito motivato in termini esenti da vizi logici e giuridici.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nei confronti della sola parte costituita, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2017