Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13923 del 05/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 05/06/2017, (ud. 07/02/2017, dep.05/06/2017),  n. 13923

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16453/2011 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persone del leggile rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO

RICCI, CLEMENTINA PULLI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.D., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA ANDREA BAFILE 3, presso lo studio dell’avvocato SERGIO MASSIMO

MANCUSI, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 175/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/02/201lr.g.n. 5102/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2017 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

udito l’Avvocato CLEMENTINA PULLI;

udito l’Avvocato UGO MANCUSI per delega SERGIO MASSIMO MANCUSI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma ha accolto l’impugnazione di P.D. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Tivoli, che le aveva respinto la domanda volta al riconoscimento del diritto alla maggiorazione della pensione di invalidità civile ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 38, comma 2, ed in riforma della decisione di primo grado ha dichiarato il diritto dell’appellante a percepire la suddetta maggiorazione, condannando l’Inps al pagamento delle relative differenze, maggiorate degli accessori di legge.

La Corte di merito ha osservato che l’appellante aveva diritto all’invocata maggiorazione in quanto il suo reddito annuo complessivo non superava in relazione all’anno di riferimento (2006) il limite previsto per l’accesso alla prestazione.

Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con due motivi.

Resiste con controricorso la P..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione della L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 38, l’Inps contesta la decisione della Corte d’appello secondo la quale il limite reddituale per il conseguimento del diritto alla maggiorazione di cui al primo comma della norma in esame sarebbe lo stesso richiesto per il riconoscimento del diritto alla pensione di invalidità civile. Di conseguenza la Corte sarebbe incorsa in errore nel ritenere che non era applicabile alla P. il limite di cui al quinto comma della stessa norma di legge, pari ad Euro 7.167,55 per l’anno 2006 di interesse per la causa, e a ritenere per converso applicabile il maggior limite reddituale di Euro 13.973,26, previsto per il riconoscimento del diritto alla pensione di invalidità di cieco civile.

2. Col secondo motivo, dedotto per vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’Inps lamenta l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione dal momento che i ciechi civili, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza, non rientrano tra i titolari delle prestazioni di cui alla L. n. 118 del 1971 e, quindi, posto che la P., quale cieco civile, non beneficiava di prestazione disciplinata da quest’ultima legge, non era dato comprendere come potesse essere fatta rientrare nella previsione della L. n. 448 del 2001, art. 38, comma 2, concernente la maggiorazione oggetto di causa che, a sua volta, riguarda i titolari delle prestazioni assistenziali di cui alla L. n. 118 del 1971.

3. Osserva la Corte che il primo motivo è fondato, essendo corretta l’interpretazione letterale della L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 38, offerta dall’Inps.

Infatti, il comma 1 dell’art. 38 (Incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati) della citata legge dispone che a decorrere dal 1 gennaio 2002 è incrementata, a favore dei soggetti di età pari o superiore a settanta anni e fino a garantire un reddito proprio pari a 516,46 euro al mese per tredici mensilità, la misura delle maggiorazioni sociali dei trattamenti pensionistici di cui alla L. 29 dicembre 1988, n. 544, art. 1 e successive modificazioni, alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 70, comma 1, con riferimento ai titolari dell’assegno sociale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 6 e alla L. 29 dicembre 1988, n. 544, art. 2, con riferimento ai titolari della pensione sociale di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26.

4. Il comma 2 dello stesso art. 38 prevede, poi, che i medesimi benefici di cui al comma 1 in presenza dei requisiti anagrafici di cui al medesimo comma, sono corrisposti ai titolari dei trattamenti trasferiti all’INPS ai sensi della L. 26 maggio 1970, n. 381, art. 10 e della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, nonchè ai ciechi civili titolari di pensione, tenendo conto dei medesimi criteri economici adottati per l’accesso e per il calcolo dei predetti benefici.

5. Quindi, il comma 5 della norma in esame dispone che l’incremento di cui al comma 1 è concesso in base alle seguenti condizioni: a) il beneficiario non possieda redditi propri su base annua pari o superiori a 6.713,98 Euro; b) il beneficiario non possieda, se coniugato e non effettivamente e legalmente separato, redditi propri per un importo annuo pari o superiore a 6.713,98 Euro, nè redditi, cumulati con quello del coniuge, per un importo annuo pari o superiore a 6.713,98 Euro incrementati dell’importo annuo dell’assegno sociale; c) qualora i redditi posseduti risultino inferiori ai limiti di cui alle lettere a) e b), l’incremento è corrisposto in misura tale da non comportare il superamento dei limiti stessi; d) per gli anni successivi al 2002, il limite di reddito annuo di 6.713,98 Euro è aumentato in misura pari all’incremento dell’importo del trattamento minimo delle pensioni a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, rispetto all’anno precedente.

6. Pertanto, il limite reddituale da tener presente è quello di cui del citato art. 38, comma 5 (Euro 6.713,98, gradualmente aumentato negli anni successivi) e non l’altro indicato dalla Corte d’appello, cioè il più elevato limite di Euro 13.973,26, stabilito per l’accesso alle prestazioni di invalidità. Infatti, il quinto comma dell’art. 38 della legge citata, nello stabilire i limiti di reddito da non superare ai fini dell’incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati, fa espresso riferimento all’incremento di cui al comma 1, cioè alle maggiorazioni sociali dei trattamenti pensionistici indicati alle lett. a) b) e c) ed il comma 2 estende tali benefici ai ciechi civili titolari di pensione. Oltretutto, della L. n. 448 del 2001, art. 38, comma 5, lett. c), è chiaramente previsto che qualora i redditi posseduti siano inferiori ai limiti di cui alle lettere a (Euro 6.713,98) e b (Euro 6.713,98 incrementati dell’importo annuo dell’assegno sociale) l’incremento è corrisposto in misura tale da non comportare il superamento dei limiti stessi.

Al riguardo è utile ricordare che questa Corte (Cass. sez. lav. n. 4585 del 22.3.2012) ha avuto occasione di statuire che “in tema di prestazioni pensionistiche, il riconoscimento della maggiorazione di cui alla L. n. 448 del 2001, art. 38, presuppone che il reddito individuale del pensionato non superi il limite previsto nonchè, ove tale requisito sia sussistente, che neppure il cumulo di esso con il reddito del coniuge superi l’importo complessivo della cifra rappresentata dal cumulo del reddito individuale con l’ammontare annuo dell’assegno sociale, giacchè anche in difetto di uno solo di tali requisiti l’incremento non spetta; ciò è conforme alla lettera della norma, che tra i limiti di reddito pone la disgiunzione “nè” con ruolo additivo, ed è coerente, altresì, con lo scopo del beneficio, diretto a garantire a “soggetti disagiati” un reddito mensile pari ad euro 516,46 (cosiddetto “incremento al milione”).”

7. Tenendo conto di tali precisi parametri normativi di riferimento è agevole rilevare che nella fattispecie, così come emerge dalla stessa sentenza impugnata, la P., la quale aveva chiesto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione della pensione di invalidità civile n. 7670946 della L. n. 448 del 2001, ex art. 38, comma 2, aveva superato per l’anno di riferimento, cioè il 2006, il limite di cui della L. n. 448 del 2001, citato art. 38, comma 5, che era stato gradualmente aumentato negli anni successivi, in quanto godeva di un reddito complessivo annuo di Euro 9.545,12 (derivante da pensione di invalidità Inps e da pensione di reversibilità come è incontroverso tra le parti), ed era titolare, altresì, di pensione di invalidità civile quale cieco civile (dato anche questo incontroverso).

8. In definitiva, dato il carattere dirimente del primo motivo, rimane assorbito l’esame del secondo e, per l’effetto, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa è decisa direttamente da questa Corte nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto della domanda. L’alterno esito dei giudizi di merito e la particolarità della questione trattata inducono questa Corte a ritenere interamente compensate tra le parti le spese dell’intero processo.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2017

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