Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13922 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. I, 06/07/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 06/07/2020), n.13922

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5928/2015 proposto da:

D.M.T., quale erede di P.T., elettivamente

domiciliata in Roma, Via Cavour n. 96, presso lo studio

dell’avvocato Manganiello Emilio, rappresentata e difesa

dall’avvocato Del Cuore Michele, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Mantegazza Laura n. 24, presso lo studio del sig. Gardin Marco,

rappresentata e difesa dall’avvocato Pellegrino Paolo, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE, del

09/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2019 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Emilio Manganiello, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.M.T., erede di P.T., conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Lecce, sez. Staccata di Gallipoli, la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. per sentire dichiarare la invalidità e nullità parziale del contratto di c/c con apertura di credito n. (OMISSIS), particolarmente in relazione alla clausola di pattuizione dell’interesse anatocistico trimestrale, della clausola “ad uso piazza” per la determinazione degli interessi ultra legali, della cosiddetta commissione di massimo scoperto e del regolamento delle valute sulle singole operazioni in c/c e conseguentemente determinare l’esatto dare-avere tra le parti in base ai risultati del ricalcolo effettuato dalla CTU tecnico bancaria e sulla base della documentazione relativa al rapporto di apertura di credito, con condanna alla Banca alla restituzione delle somme addebitate o riscosse pari ad Euro 14.838,32 ed alle spese e competenze del giudizio. La Banca contestava quanto ex adverso dedotto, eccepiva la nullità della citazione per indeterminatezza dell’oggetto e, in via gradata, la prescrizione del diritto alla restituzione delle somme percepite anteriormente al decennio precedente la citazione; in subordine, contestava nel merito la domanda attorea.

All’esito dell’espletamento di c.t.u. contabile, il Tribunale accoglieva la domanda e, dichiarata la nullità del contratto di conto corrente stipulato da P.T. con la Banca Monte dei Paschi di Siena con riferimento alla determinazione degli interessi passivi, alla capitalizzazione trimestrale degli stessi, all’addebito trimestrale di c.m.s. e spese e alla regolamentazione delle valute; accertava e dichiarava la sussistenza dell’indebito pagamento, da parte dell’attore, di Euro 25.945,32, con consequenziale condanna alla restituzione della predetta somma, dei relativi interessi legali e spese processuali.

La banca proponeva appello alla Corte d’Appello di Lecce, per la dichiarazione di nullità della consulenza tecnica eseguita dal C.T.U. nominato dal Tribunale, nonchè per la prescrizione dei crediti di restituzione oggetto del giudizio di primo grado. In via subordinata, la Banca formulava anche la richiesta di rideterminazione del saldo del c/c bancario comprensivo della capitalizzazione annuale degli interessi in luogo della trimestrale.

La Corte territoriale con riferimento al primo motivo di appello, ritenuto che fosse infondato, emendava la motivazione della sentenza di prime cure, statuendo che l’attore aveva depositato consulenza tecnica relativa a tutte le operazioni afferenti il conto corrente n. (OMISSIS), delle quali la banca non aveva mai contestato l’esattezza. Pertanto, in applicazione del principio di non contestazione, tali fatti dovevano ritenersi legittimamente acquisiti al processo, non avendo in alcun modo leso l’esplicazione del diritto di difesa della parte convenuta. Relativamente a motivo con il quale l’appellante si doleva della mancata conversione della capitalizzazione trimestrale degli interessi nella capitalizzazione annuale, la Corte di Lecce statuiva che, non avendo la clausola di capitalizzazione annuale natura di uso normativo, come affermato dalle SSUU (sent. 24418/2010), non ne era possibile l’accoglimento.

L’ulteriore motivo, con il quale veniva riproposta l’eccezione di prescrizione del diritto alla restituzione dell’indebito pagamento degli interessi ed altri importi in questione, veniva in parte accolto dalla Corte, la quale, preso atto del difetto di prova, del carattere non solutorio delle rimesse dell’attore, per effetto di affidamento del conto, rideterminava il credito del P. in Euro 1.685,19. D.M.T. ricorre per cassazione contro la predetta sentenza della Corte leccese affidando l’impugnazione ad un unico motivo. Resiste con controricorso la banca convenuta. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, il ricorrente denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1842,2033,2697 c.c. e artt. 115 e 167 c.p.c., sostenendo che la Corte territoriale abbia errato: a) nel non considerare che l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca fosse generica (infatti, a suo avviso, non erano stati indicati in dettaglio i versamenti solutori come tali da considerare prescritti); b) nel rideterminare il credito del P., in forza del mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dello stesso circa l’esistenza e l’entità dell’affidamento (circostanza che avrebbe consentito di considerare le rimesse come ripristinatorie dell’importo finanziato e, quindi, soggette a prescrizione decennale decorrente dalla chiusura del conto e non dal giorno del singolo pagamento annotato); c) nel non ritenere che l’affidamento del conto doveva ritenersi dimostrato in base al principio di non contestazione, non avendo la banca convenuta contestato l’affermazione, fatta da parte dell’attore sin dall’atto introduttivo del giudizio, che il conto era affidato e che dall’andamento del rapporto doveva inferirsi che si trattava di fido illimitato, onde tutti i versamenti avevano carattere ripristinatorio e non solutorio. Il profilo sub a), è infondato.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in riferimento alle modalità di proposizione dell’eccezione di prescrizione da parte della banca, l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito è soddisfatto con la semplice affermazione dell’inerzia del titolare del diritto) unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte (Cass. sez. un. 15895/19).

Il profilo, sub b) è del pari infondato, in quanto secondo la giurisprudenza di questa Corte, “In materia di contratto di conto corrente bancario, poichè la decorrenza della prescrizione è condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio, dei versamenti effettuati dal cliente, essa matura sempre dalla data del pagamento, qualora il conto risulti in passivo e non sia stata concessa al cliente un’apertura di credito, oppure i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento; ne discende che, eccepita dalla banca la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, è onere del cliente provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito, che qualifichi quel versamento come mero ripristino della disponibilità, accordata” (Cass. n. 2660/19). Quanto al profilo sub c), non è esatto che la banca non abbia contestato l’affermazione dell’attore secondo cui il conto era affidato. Vero è, invece, che dalla stessa trascrizione del testo della comparsa di risposta della banca davanti al tribunale, contenuta nel ricorso per cassazione (pp. 9-22), risulta che la convenuta aveva eccepito l’assoluta genericità dell’atto di citazione (p. 11) e, in particolare, della deduzione dell’attore di “un rapporto bancario consistente in apertura di credito con affidamento mediante scopertura sul c/c n. 11/01/035190”, denunciando altresì “la mancanza di una benchè minima prova, addirittura in punto di effettiva esistenza del rapporta bancario…” (p. 12). In ogni caso, difetta, prima ancora della prova, la stessa tempestiva allegazione, da parte dell’attore del limite del fido, precisazione indispensabile ai fini della verifica dell’eventuale superamento dello stesso e, dunque, della qualificazione delle successive rimesse del correntista. La deduzione della ricorrente, secondo cui il fido doveva ritenersi illimitato, infatti, risulta, tardivamente formulata soltanto con il ricorso per cassazione, nel quale non si precisa se e come essa sia stata formulata anche nel giudizio di merito.

Il ricorso va, quindi, rigettato e le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a pagare alla Banca Monte dei Paschi di Siena, in persona del legale rappresentante pt, le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo di Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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