Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13918 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 20/05/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 20/05/2021), n.13918

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12954-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

GIUSEPPINA GIANNICO, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO

PREDEN;

– ricorrente –

contro

S.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 389/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 11/11/2014 R.G.N. 1141/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/02/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M. in person6 del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato SERGIO PREDEN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 889 del 2014, la Corte d’appello di Torino ha accolto

l’impugnazione proposta da S.G. avverso la sentenza dei Tribunale di Verbania di rigetto della sua domanda di accertamento della irripetibilità delle somme che l’INPS aveva chiesto in restituzione a seguito del ricalcolo della pensione di vecchiaia integrata al minimo di cui l’interessata fruiva, determinato dalla concorrente fruizione anche di una pensione estera diretta, denunciata dalla pensionata come pensione estera di reversibilità.

2. Ad avviso della Corte d’appello, accertato che la S. fruiva di pensione estera diretta e non di reversibilità di talchè effettivamente si era determinata l’indebita erogazione prospettata dall’Inps, andava comunque applicato il disposto della L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 2, che consente ii recupero dell’indebito nel rispetto del termine di un anno successivo alla data della verifica annuale delle situazioni reddituali.

3. Precisava la Corte che l’erronea dichiarazione reddituale da parte della S., con l’indicazione di fruire di una pensione estera di reversibilità anzichè di una diretta, era avvenuta sino al 11 luglio 2006 con riferimento all’anno 2006, mentre l’INPS si era limitato, il 23 dicembre 2008, a comunicare alla parte che erano state riscosse quote di integrazione al minimo della pensione non spettanti a causa del possesso di redditi personali di importo superiore ai limiti stabiliti dalla legge, rinviando ad una successiva comunicazione le informazioni sulle modalità di recupero o su eventuali sanatorie; solo il successivo 22 giugno 2010 l’Inps aveva comunicato che il recupero sarebbe avvenuto in 36 rate mensili.

4. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’INPS sulla base di un motivo.

5. S.G. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Con l’unico motivo, l’INPS deduce la violazione ed errata applicazione della L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 2, ed in particolare osserva che la ratio della disposizione impone di ritenere sufficiente, al fine del rispetto del termine di un anno successivo alla verifica della situazione reddituale, la sola comunicazione dell’accertamento dell’indebita erogazione senza che sia necessario che si compia anche il materiale recupero delle somme erogate indebitamente.

7. Il motivo è fondato.

8. La L. n. 412, art. 13, comma 2, dispone che l’I.N.P.S. “procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza”.

9. Si è affermato, al riguardo, che “l’obbligo dell’I.N.P.S. di procedere annualmente alla verifica dei redditi dei pensionati, prevista dalla L. n. 412 del 1991, art. 13 quale condizione per la ripetizione, entro l’anno successivo, dell’eventuale indebito previdenziale, sorge unicamente in presenza di dati reddituali certi, sicchè il termine annuale di recupero non decorre sino a che il titolare non abbia comunicato un dato reddituale completo” (v. Cass. nn. 3802 e 15039 del 2019; Cass. n. 953 del 2012, ma v. anche Cass. n. 1228 del 2011 e Cass. n. 18551 del 2017).

10. Da ciò il corollario che la questione attinente alle modifiche reddituali di cui l’ente previdenziale venga autonomamente a conoscenza in ragione della propria attività istituzionale o che siano ad esso regolarmente rese note dall’interessato, non appartiene in sè all’ambito degli errori I.N,P.S. e quindi alla sfera della non ripetibilità indicata dalla L. n. 88 del 1989, art. 52, comma 2, (come modificato dalla L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 1), soggiacendo invece alla regola di ripetibilità in un termine decadenziale, stabilito appunto dal citato art. 13, comma 2.

11. Ratto della disciplina è che tra la percezione di una prestazione connessa al reddito e la verifica in merito al mantenersi dei redditi al di sotto della soglia che condiziona l’an o il quantum della prestazione stessa si manifesta una “fisiologica sfasatura temporale” (Corte Cost. n. 166 del 1996), data dai tempi tecnici affinchè i dati disponibili all’Istituto siano “immessi nei circuiti delle verifiche contabili” (così ancora Corte Cost. cit.).

Su tali tempi tecnici si esercita la discrezionalità legislativa finalizzata a contemperare le esigenze di certezza del beneficiario con le difficoltà insite nella complessità organizzativa del sistema pensionistico.

12. Dunque, come già affermato da questa Corte (v. Cass. n. 3802 del 2019), la norma non ha riguardo (solo) al momento della conoscibilità dei redditi maturati dal percettore di una data prestazione, ma ad un’attività di verifica, ovverosia di controllo organizzato sul rapporto tra prestazioni ed entrate, con riferimento alla moltitudine di persone che godono di diritti pensionistici dipendenti dai rispettivi redditi.

13. Il dato letterale fa poi riferimento ad una verifica da effettuare annualmente, ovverosia per ciascun anno civile (come tale intendendosi il periodo dal 1 gennaio al 31 dicembre), e ad un anno successivo entro cui deve procedersi al recupero.

Il significato dell’avverbio annualmente è plurimo e fondante dell’intera disciplina: non contiene un termine decadenziale, ma solo la fissazione del referente temporale (a quo) del successivo termine (entro l’anno successivo) il cui superamento è idoneo a estinguere il diritto.

14. Pertanto, per un verso, la decadenza di cui all’art. 13, comma 2, riguarda il mancato rispetto del termine finale per l’attività di recupero e non il termine stabilito per le attività di verifica annuali, rispetto al quale la previsione ha la portata di una mera norma di azione della P.A., finalizzata a scandirne l’incedere accertativo.

15. Per altro verso, sulla scia della giurisprudenza di legittimità secondo cui la verifica può aversi solo allorquando l’ente sia in possesso di dati reddituali certi (v., fra le tante, Cass. n. 953 del 2012), il senso della previsione è quello per cui il termine, nel suo complesso, ha decorrenza dall’anno in cui l’ente ha avuto conoscenza (o conoscibilità) dei dati da cui emerge il superamento dei limiti reddituali e quindi li ha anche potuti verificare.

16. Inoltre, la norma non afferma che il recupero debba intervenire entro un anno dalla verifica, ma entro l’anno successivo, ove l’aggiunta dell’aggettivo “successivo” risulterebbe pleonastica se il senso fosse quello di fare riferimento al termine di un anno calcolato dal momento di conoscibilità dei redditi.

17. All’interno di tale articolato procedimento si colloca la previsione dei comma 2 dell’art. 13 cit. secondo la quale l’INPS “(…) provvede, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza”.

Il termine “recupero” non può essere inteso, come ha fatto la sentenza impugnata, nel senso che entro l’anno (civile) successivo a quello in cui è pervenuta la dichiarazione reddituale l’intero importo debba essere in effetti restituito all’INPS, ma va inteso nel senso che entro tale termine l’Istituto deve formalizzare la richiesta di restituzione dell’importo ritenuto indebito e cioè deve iniziare il procedimento amministrativo di recupero portandolo a conoscenza del pensionato.

In questo senso si è già pronunciata questa Corte di legittimità con la recente ordinanza n. 23031 del 2020.

Una diversa interpretazione non appare coerente con l’iter procedimentalizzato che caratterizza la formazione degli atti di una pubblica amministrazione (quale è l’INPS) finendo per affidare il prodursi dell’effetto impeditivo della decadenza ad un evento (l’effettivo recupero) che sta a valle dell’attività amministrativa e che risente inevitabilmente della condotta del soggetto obbligato.

Inoltre, qualora si accedesse a tale interpretazione, si finirebbe in modo paradossale per escludere la possibilità di rateizzare la restituzione dell’indebito che è posta nell’esclusivo interesse del pensionato, come peraltro avvenuto nel caso di specie ove l’INPS ha comunicato che il recupero sarebbe avvenuto mediante trattenute sulla pensione in trentasei rate decorrenti dal mese di agosto 2010.

La sentenza impugnata, che non si è attenuta al seguente principio:

“La L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 2, laddove prevede che l’INPS provvede, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza, va inteso nel senso che entro tale termine l’Istituto deve formalizzare la richiesta di restituzione dell’importo ritenuto indebito e cioè deve iniziare il procedimento amministrativo di recupero portandolo a conoscenza del pensionato”;

va, dunque, cassata con rinvio alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che esaminerà la fattispecie alla luce dell’indicato principio.

Al giudice del rinvio è rimessa anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

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