Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13918 del 03/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13918 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 1222-2011 proposto da:
ARGENTINI GIAN MARIA RGNGMR66D30G224Z, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20,
(STUDIO LABLAW),

presso lo studio dell’avvocato

PETRACCA NICOLA,

che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FAILLA LUCA, giusta delega in
2013

atti;
– ricorrente –

1112
0

a

contro

RADICIFIBRES S.P.A. 00919330167, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata

Data pubblicazione: 03/06/2013

in ROMA, VIA DI RIPETTA

22,

presso lo studio

é dell’avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato CAGGESE MARGHERITA,
giusta delega in atti;

311/2010 della CORTE D’APPELLO

di BRESCIA, depositata il 02/07/2010 r.g.n. 418/09;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

27/03/2013

dal Consigliere Dott. GIUSEPPE

NAPOLETANO;
udito l’Avvocato PETRACCA NICOLA;
udito l’Avvocato CAGGESE MARGHERITA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n.

controricorrente

W 1222-11
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Brescia, confermando la sentenza di primo grado,
,
rigettava la domanda di Gian Maria Argentini proposta nei confronti della
società Radicifibres, di cui era stato dipendente con la qualifica di

pagamento: dell’indennità suppletiva in conseguenza dell’ingiustificato
licenziamento; del risarcimento del danno per il subito demansionamento;
delle differenze retributive relative alla omessa inclusione nel calcolo
degli istituti di retribuzione indiretta e del TFR nella retribuzione
corrisposta fuori busta paga; della retribuzione per il periodo di
astensione da lavoro per malattia.

La Corte del merito poneva a fondamento del

decisum,

innanzitutto, il

rilievo secondo il quale il motivo del licenziamento (riorganizzazione
dell’attività e soppressione del posto) indicato nella lettera di
licenziamento risultava dimostrato alla stregua degli acquisiti elementi
istruttori, così come era provata la crisi finanziaria e i processi di
mobilità con trasferimenti interni e licenziamenti ed il sopravvenuto
disinteresse allo svolgimento dei compiti per i quali l’Argentini era stato
assunto. Escludeva, poi, la predetta Corte
cessione

ex

la configurabilità di una

art. 2112 cc non essendovi stato alcun passaggio di una

organizzazione di beni e servizi suscettibile di essere autonomamente
valutata sul piano produttivo, ma solo una redistrubuzione di funzioni da
svolgere all’interno delle varie società o da parte della holding a favore
.

di tutte le società del gruppo.

1

dirigente, avente ad oggetto la condanna della predetta società al

Relativamente al dedotto demansionamento, la Corte distrettuale, premesso
che questo non trovava riscontro negli esiti della istruttoria, osservava
che lo svuotamento dei compiti, avvenuto nella fase immediatamente
antecedente alla risoluzione del rapporto, apparteneva alla fisiologia
della cessazione, già annunciata, di una collaborazione che con riferimento

qualificato rilevante

essere

e suscettibile di determinare un danno non

patrimoniale nemmeno descritto se non tautologicamente o non
patrimoniale non essendo ravvisabili condotte non conformi a diritto idonee
a ledere l’integrità psicofisica del ricorrente e nemmeno un danno
all’immagine – pure allegato senza alcuna indicazione dei profili concreti-.

Circa la retribuzione concernente il periodo di astensione per malattia, la
Corte territoriale, sul rilievo che i certificati medici, subito contestati
dalla società, non riportavano alcuna descrizione della malattia la quale
non veniva indicata dall’Argentini nemmeno in corso di causa„ riteneva che
detti certificati non erano idonei a provare, in uno al comportamento tenuto
dallo stesso Argentini durante il dedotto periodo di malattia, uno stato
d’inabilità temporanea assoluta al lavoro. Né, secondo la Corte del merito,
vi erano allegazioni tali da consentire un accertamento tramite CTU.

Quanto alla retribuzione fuori busta imputata formalmente alle funzioni di
membro del Consiglio di Amministrazione della società Poliseda, la Corte di
Appello sottolineava che dall’istruttoria testimoniale non emergeva alcuna
prova tale da avvalorare la dedotta simulazione.

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a una posizione apicale, come quella dell’Argentini, non poteva

Rispetto alla mancata motivata ammissione di alcuni capitoli di prova da
parte del giudice di primo grado, la Corte del merito rimarcava che non era
stata mossa alla relativa ordinanza alcuna censura né nel giudizio di primo
grado né in quello di appello dove si era solo, genericamente, lamentata una
non ammissione della prova.

Analogamente, secondo la Corte distrettuale, non essendo stato svolto alcun
rilevo alla decisione del Tribunale di non proseguire la prova testimoniale
per un solo teste che non si era presentato e la concordanza delle
deposizione di tutti gli altri testi, andava confermata la ritenuta – dal
giudice di primo grado – sufficienza dell’istruzione. Del resto/ la
concordanza delle dichiarazioni

dei testi escludeva la necessità di

procedere ad un loro confronto.

Infine la Corte di appello riteneva di non ammettere i nuovi documenti ed i
nuovi capitoli di prova stante la tardività, e della produzione, e
dell’articolazione.

Avverso questa sentenza l’Argentini ricorre in cassazione sulla base di sei
motivi di censura, specificati da memoria.

Resiste con controricorso la società intimata che deposita memoria
illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la prima censura il ricorrente, deducendo violazione degli artt.112,
115, 116 cpc, 2697, 1362 cc 1 2 della Legge n. 604 del 1966, 22 del CCNL dei
dirigenti industria nonché contraddittorietà della motivazione,sostiene,

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sotto i vari profili denunciati, l’erroneità della sentenza di appello in
quanto i giudici di secondo grado, nonostante avessero accertato la non
effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento lo hanno
ritenuto giustificato sostituendo a quelle indicate dal datore di lavoro

La censura è infondata.

E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte

che ove

vengano dedotte esigenze di riassetto organizzativo finalizzato ad una più
economica gestione dell’azienda – la cui scelta imprenditoriale è
insindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità – può considerarsi
licenziamento ingiustificato del dirigente, cui la contrattazione collettiva
collega il diritto all’indennità supplementare in ipotesi non definite dai
principi di correttezza e buona fede, solo quello non sorretto da alcun
motivo (e chéi quindif sia meramente arbitrario) ovvero sorretto da un motivo
che si dimostri pretestuoso e quindi non corrispondente alla realtà, di
talché la sua ragione debba essere rinvenuta unicamente nell’intento di
liberarsi della persona del dirigente e non in quello di perseguire il
legittimo esercizio del potere riservato all’imprenditore

(

per tutte

V.Cass. 26 luglio 2006 n. 17013 e Cass. 22 ottobre 2010 n.21748).

Nella specie la Corte del merito si è attenuta a siffatto principio
valutando, con motivazione immune da vizi logici e coerente sul piano
formale, come giustificato il licenziamento in quanto fondato sulla
veritiera allegata “diversa organizzazione dell’attività della subhotding” e
” una maggiore integrazione gerarchica tra tutte le funzioni aziendali di

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altre ragioni giustificative.

tutte le società”. In particolare la Corte del merito ha rilevato che, sulla
base delle espletata istruttoria, è emerso che l’assunzione dell’Argentini
venne determinata dalla volontà di Fausto Radici di dare attuazione a un
progetto di accentramento della funzione di controllo e gestione anche della
holding e delle subholding seguite dai fratelli nella subholding

progetto, precisa la Corte del merito, non diede i risultati sperati e
subito dopo la morte di Fausto Radici, in concomitanza anche con una crisi
finanziaria,

venne deciso dai fratelli Radici di annullare tale progetto

con nuova ridistribuzione

delle funzioni più importanti. In questa

riorganizzazione, rimarca la Corte del merito, Fulvio Gamba

già

amministratore delegato delle varie controllate e direttore generale di
Radicinylin, assunse la posizione e gli incarichi che erano stati di Fausto
Radici, mentre Gianfranco Galbiati, dirigente con maggiore anzianità,
assunse la direzione generale di Radicinylon. Ognuno dei due, pertanto
sottolinea la Corte di Appello, andò a svolgere presso la Radicinylon una
parte dei compiti già dell’Argentini in relazione alla riattribuzione e
ridistribuzione delle varie funzioni fra sub holding e holding.

Né, come sostenuto dal ricorrente, può ritenersi che la motivazione posta a
base del licenziamento sia diversa da quella assunta dalla Corte di Appello
ai fini della verifica della effettività della scelta datoriale, in quanto
la lettera di licenziamento, fa riferimento alla “diversa organizzazione
dell’attività della subholding” ed ad “una maggiore integrazione gerarchica
tra tutte le funzioni aziendali di tutte le società”, ragioni queste,
appunto, poste a base dell’indagine condotta dalla Corte del merito.

5

Radicinylon, progetto da lui ideato ed affidato all’appellante. Tale

Ciò che viene in evidenza, ai fini di cui trattasi, è la ragione della
allegata “diversa organizzazione dell’attività della subholding” che viene
accertata come effettiva.

Del resto

la nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente,

si identifica con quella di giusta causa o giustificato motivo

ex art. l

della legge n. 604 del 1966 e conseguentemente, fatti o condotte non
integranti una giusta causa o un giustificato motivo di licenziamento con
riguardo ai generali rapporti di lavoro subordinato ben possono giustificare
il licenziamento, per cui, ai fini della giustificatezza del medesimo, può
rilevare qualsiasi motivo, purché apprezzabile sul piano del diritto, idoneo
a turbare il legame di fiducia con il datore, nel cui ambito rientra
l’ampiezza dei poteri attribuiti al dirigente.

Con il secondo motivo l’Argentini, denunciando violazione degli artt. 2112
cc, 2 della Legge n. 604 del 1966 e 22 CCNL dirigenti industria, prospetta
che laddove si dovesse accedere alla tesi di cui alla sentenza di primo
grado – secondo la quale vi sarebbe stato l’assorbimento nella holding della
sub holding – vi sarebbe violazione dell’art. 2112 cc configurandosi la
fattispecie del trasferimento d’azienda.

Il motivo non è condivisibile.
E’ assorbente al riguardo il rilievo che la Corte del merito accerta che non
vi è stato alcun passaggio di una organizzazione di beni e servizi
suscettibile di essere autonomamente valutata sul piano produttivo, ma solo
una ridistribuzione di funzioni da svolgere all’interno delle varie società

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per la particolare configurazione del rapporto di lavoro dirigenziale, non

da parte della holding a favore di tutte le società del gruppo. Né su tale
accertamento vi è specifica censura.

Con la terza critica il ricorrente, allegando violazione degli artt. 2013,
2087 e 2727 cc nonché vizio di motivazione, assume che la Corte del merito

non corretto presupposto che questo, come tale, non è idoneo a produrre una
danno patrimoniale e non patrimoniale compreso il danno all’immagine e
contesta, altresì, la ritenuta non idonea allegazione dei danni risarcibili
e si richiama a giurisprudenza di questa Corte.

La critica non è avallabile.

E’,infatti,

giurisprudenza consolidata di questa Corte che-in tema di

risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e
dequalificazione~ il riconoscimento del diritto del lavoratore al
risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre
automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può
prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del
giudizio diff’esistenza di un pregiudizio (di natura non meramente emotiva
ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare reddituale
del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri,
inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione
della sua personalità nel mondo esterno. Tale pregiudizio non si pone quale
conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella
suindicata categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera
potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non

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erroneamente non considera rilevante il demansionamento di breve durata sul

solo di allegare il demansionamento, ma anche di fornire la prova

ex art.

2697 cc del danno e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale(
per tutte Cfr. Cass. 17 settembre 2010 n. 19785 e Cass. 19 dicembre 2008 n.
29832 nonché Cass. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972).

regula iuris in quanto ha

affermato che in relazione al limitato periodo di demansionamento non
risulta nemmeno allegato, se non genericamente, il lamentato danno.

Né il mero richiamo alla potenzialità lesiva del comportamento datoriale,
senza alcuna specifica deduzione circa gli elementi fattuali del
concretizzarsi di tale danno, come ritenuto, con motivazione congrua, nella
sentenza impugnata, può costituire idonea allegazione ai fini di cui
trattasi.
La sentenza di appello che si è attenuta alla richiamata regula luris ed è
supportata da adeguata e non contraddittoria motivazione va, pertanto, in
parte qua confermata.

Con la quarta censura l’Argentini prospettando violazione degli artt. 2010,
2697 e 2118 cc nonché insufficiente motivazione, asserisce la non
correttezza della sentenza impugnata in punto

di ritenuta insussistenza

della malattia in quanto spettava alla società provare

l’assenza della

malattia certificata.
Anche tale censura non è condivisibile. E’ assorbente il rilievo, proprio
della sentenza impugnata,

che i certificati medici attestanti non una

malattia, ma esclusivamente la mera necessità di astensione dal lavoro, non

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La Corte di Appello si è attenuta a siffatta

consentono di per sé di ritenere la ricorrenza di una affezione, la quale,
per giunta, non viene nemmeno specificata dal ricorrente impedendo in tal
modo qualsiasi accertamento, anche a mezzo di CTU,della sussistenza,
all’epoca, della stessa.

dedotto in giudizio si fonda sulla malattia del titolare, come nei giudizi
in tema di indennità di malattia la relativa prova deve concernere
inevitabilmente lo stato di salute del lavoratore, né ciò può esonerarlo
dall’onere di cui all’art. 2697 cc (Cass. 30 agosto 2006 n. 18718)

E’,quindi,corretta ed adeguatamente motivata sul punto la sentenza
impugnata.

Con il quinto motivo il ricorrente, deducendo violazione dell’art. 2727 cc,
lamenta che la Corte del merito non ha fatto ricorso, quanto alla dedotta
simulazione in relazione alle somme percepite formalmente quale membro del
consiglio di amministrazione di società spagnola, alla presunzione sulla
base di circostanze di fatto che conducevano in modo concordante alla
sussistenza di accordo simulatorio.

La critica è infondata.
Invero la simulazione dedotta dal ricorrente non è stata provata, né
tt4rano agli atti né sono state evidenziate in alcun modo presunzioni
gravi, precise e concordanti tali da legittimare l’assunto dell’Argentini.

Con la sesta critica l’Argentini, denunciam6 violazione degli artt. 112,
115, 116, 437 cpc nonché insufficiente e contraddittoria motivazione,

9

D’altro canto questa Corte ha ritenuto che quando il diritto soggettivo

critica la sentenza impugnata laddove non si è dato seguito alle istanze
istruttorie posto che si era censurata la mancata ammissione dei mezzi
istruttori.

L’assunto non è condivisibile.

prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra
le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee
a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così,
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti
(salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) ( in tal senso per tutte
Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267 e 27 luglio 2008 n.2049), nella specie la
Corte del merito, con motivazione coerente ed adeguata, rileva che la
concordanza delle deposizioni acquisite e la mancanza d’indicazioni su quali
circostanze il teste non compreso potrebbe essere dirimente induce a
confermare la valutazione di sovrabbondanza della lista testimoniale e di
sufficienza dell’istruzione della causa espletata.

La stessa Corte di appello, poi, ritiene correttamente, l’ultroneità del
confronto dei testi atteso che le relative dichiarazioni sono pienamente
concordanti.

Infine, altrettanto correttamente, la Corte del merito non consente, e la
produzione di documenti in quanto non ritualmente indicati nel ricorso e
tanto perché gli stessi erano già nella disponibilità della parte, e
l’ammissione della prova per testi articolata in appello in quanto tardiva.

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Premesso, che spetta al giudice del merito, in via esclusiva di valutare le

Si tratta all’evidenza, sotto il primo profilo dell’esercizio di un potere
discrezionale che, in quanto sorretto da logica motivazione, sfugge al
sindacato di questa Corte, e sotto gli altri profili conforme alla corretta
interpretazione della norma di rito ( art. 437, secondo comma, cpc) secondo

Del resto è acquisito alla giurisprudenza di questa Corte che nel rito del
lavoro, l’omessa indicazione dei documenti probatori nell’atto di
costituzione in giudizio, imposta dall’art. 416, terzo comma, cpc, e
l’omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto determinano la
decadenza dal diritto di produrli, salvo che i documenti si siano formati
successivamente ovvero la loro produzione sia giustificata dallo sviluppo
del processo o siano ritenuti indispensabià, ai fini della decisione( da
ultimo V. Cass. S.U. 20 aprile 2005 n. 8202).

E’, infatti, consolidata la regula iuris in ragione della quale nel rito del
lavoro sono ammesse in appello nuove prove solo se esse sono indispensabili
ai fini della decisione e cioè necessarie per superare l’incertezza sui
fatti costitutivi dei diritti, e la valutazione di indispensabilità resta
affidata al potere discrezionale del giudice d’appello, il cui giudizio è
insindacabile in sede di legittimità anche quando esso avvenga in maniera
implicita, mancando una espressa motivazione al riguardo ( Cass. 20 giugno
1996 n.5714 cui adde Cass. S.U. 20 aprile 2005 n. 8202 cit.).

va

sottaciuto

che

Corte

questa

ha

affermato

che

anche

nel processo del lavoro la riduzione delle liste testimoniali sovrabbondanti
, ex art. 245 cpc, costituisce un potere discrezionale del giudice del

11

la quale non sono ammesse in appello nuove prove.

merito, che può essere esercitato nel corso dell’espletamento della prova e
con provvedimento che può essere dato anche per implicito, mediante
sospensione degli esami testimoniali e chiusura dell’istruzione a norma
dell’art. 209 cpc ( Cass. . 3 marzo 2000 n. 2404)

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna

ti gamma»

ricorrente al pagamento eq-,

delle spese giudiziali liquidate in C 50,00 per esborsi, oltre C 4500,00 per
compensi ed oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 marzo 2013
Il Presidente

In conclusione il ricorso va respinto.

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