Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13916 del 05/06/2017


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Cassazione civile, sez. un., 05/06/2017, (ud. 11/04/2017, dep.05/06/2017),  n. 13916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6236-2016 proposto da:

CENTRO RESIDENCE S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA

SEVERINI 54, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE TINELLI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XXIV MAGGIO 43,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO PURI, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA

depositata in data 07/09/2015;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/04/2017 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso;

uditi gli Avvocati Massimo Ridolfi per delega dell’avvocato Giuseppe

Tinelli e Maria Claudina Sponti per delega dell’avvocato Paolo Puri.

Fatto

La società Centro Residence s.r.l. in liquidazione, impugnava tre pignoramenti dei crediti presso terzi con i quali Equitalia Sud s.p.a. aveva intimato alla Banca Monte dei Paschi di Siena, al Ministero dell’Economia e all’Archivio di Stato di Viterbo di pagare, rispettivamente la somma di Euro 1.167.004,52, Euro 1.168.538,47 e Euro 1.169.491,75, tutti in qualità di debitor debitoris della società Centro Residenze s.r.l., assumendo di non essere mai venuta a conoscenza della relativa cartella.

La Commissione tributaria regionale del Lazio confermava la sentenza della commissione tributaria provinciale che dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice tributario sul rilievo che gli avvisi erano stati ritualmente notificati.

La società propone ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, affidato a due motivi fondati sulla ritenuta sussistenza della giurisdizione del giudice tributario.

La sola Equitalia Sud s.p.a. ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si eccepisce la giurisdizione tributaria nel caso di impugnazione congiunta, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, di un atto di pignoramento presso terzi e della prodromica cartella di pagamento ove si affermi l’omessa notifica al contribuente, in quanto la sola impugnazione dell’atto di pignoramento dinanzi alla giurisdizione ordinaria per farne valere invalidità derivata della nullità della cartella di pagamento notificata non sarebbe ammissibile in virtù dell’espressa limitazione posta a tale eccezione dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57.

Con il secondo motivo si lamenta, sotto diverso profilo (ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, art. 19, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1), la violazione delle norme in tema di giurisdizione avendo la società impugnato, unitamente agli atti di pignoramento presso terzi, la cartella di pagamento onde dedurne l’invalidità derivante dalla mancata notifica, con conseguente sussistenza della giurisdizione tributaria.

I motivi di ricorso, in quanto logicamente connessi vanno esaminati congiuntamente.

La questione prospettata attiene all’individuazione del giudice -ordinario o tributario – cui è devoluta la cognizione dell’opposizione proposta avverso un atto di pignoramento e della prodromica cartella di pagamento, in forza di crediti tributari, basata sulla dedotta mancata o invalida previa notificazione della cartella di pagamento recante la suddetta pretesa creditoria.

Giova premettere i principali riferimenti normativi.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 ha attribuito alle Commissioni tributarie, per i giudizi di merito, la giurisdizione in materia tributaria, prevedendo, nel comma 1, secondo capoverso che “restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 50 per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo D.P.R.”

Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, comma 2, prevede che il procedimento di espropriazione forzata nell’esecuzione tributaria è regolato “dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione” in quanto non derogate dal capo 2^ del medesimo D.P.R. e con esso compatibili.

Il citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 stabilisce che non sono ammesse nè le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c. (salvo quelle concernenti la pignorabilità dei beni) nè quelle regolate dall’art. 617 cod. proc. civ. ove siano relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.

La giurisprudenza di questa Corte, in ordine al riparto di giurisdizione, ha affermato che: 1) le cause concernenti il titolo esecutivo, in relazione al diritto di procedere ad esecuzione forzata tributaria, si propongono davanti al giudice tributario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo; art. 9 c.p.c., comma 2); 2) le opposizioni all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. concernenti la pignorabilità dei beni si propongono davanti al giudice ordinario (art. 9 c.p.c., comma 2); 3) le opposizioni agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c., ove siano diverse da quelle concernenti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, si propongono al giudice ordinario (art. 9 c.p.c., comma 2); 4) le opposizioni di terzo all’esecuzione di cui all’art. 619 c.p.c. si propongono al giudice ordinario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58; art. 9 c.p.c., comma 2). (ex plurimis, Cass. n. 18505 del 2013).

Rimane tuttavia aperto il problema dell’individuazione del giudice davanti al quale proporre l’opposizione agli atti esecutivi ove questa concerna la regolarità formale o la notificazione del titolo esecutivo e, in particolare, ove il contribuente, di fronte al primo atto dell’esecuzione forzata tributaria (cioè all’atto di pignoramento), deduca (come nella specie) di non avere mai ricevuto in precedenza la notificazione del titolo esecutivo.

Sussistono due diversi orientamenti al riguardo da parte di questa Corte che, pur divergendo sulla giurisdizione, condividono il comune presupposto interpretativo secondo cui l’inammissibilità dell’ opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi, stabilita dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 non va intesa (pena la violazione del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost.) come assoluta esclusione della tutela giudiziale delle situazioni soggettive prese in considerazione da dette opposizioni.

Il più recente orientamento ritiene che l’opposizione agli atti esecutivi riguardante un atto di pignoramento, che il contribuente assume essere viziato per nullità derivata dall’omessa notificazione degli atti presupposti, è ammissibile e va proposta dinanzi al giudice ordinario, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e degli artt. 617 e 9 c.p.c., perchè la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria sussiste quando sia impugnato un atto dell’esecuzione forzata tributaria successivo alla notificazione della cartella di pagamento (come, appunto, un atto di pignoramento), restando irrilevante il vizio dedotto e, quindi, anche quando detto vizio venga indicato nella mancata notificazione della cartella di pagamento: in tale ipotesi, il giudice ordinario dovrà verificare solo se ricorra il denunciato difetto di notifica all’esclusivo fine di pronunciarsi sulla nullità del consequenziale pignoramento basato su crediti tributari (cfr Cass., Sezioni Unite, n. 21690 del 2016 e n. 8618 del 2015; Cass., Sezione terza, n. 24235 e n. 9246 del 2015).

Altro diverso orientamento prevede che l’opposizione agli atti esecutivi riguardante un atto di pignoramento, che il contribuente assume essere viziato da nullità derivata dall’omessa notificazione degli atti presupposti, si risolve nell’impugnazione del primo atto in cui viene manifestato al contribuente l’intento di procedere alla riscossione di una ben individuata pretesa tributaria: l’opposizione, pertanto, è ammissibile e va proposta davanti al giudice tributario (ai sensi degli artt. 2, comma 1, secondo periodo, e 19 – estensivamente interpretato – del D.Lgs. n. 546 del 1992).

Tale ultimo orientamento appare preferibile a condizione che oggetto dell’impugnazione, come nel caso di specie, sia stato non solo l’atto di pignoramento, ma anche la cartella di cui viene lamentata l’omessa notifica, in forza del citato D.P.R. n. 546 del 1992, art. 19 recante l’elenco degli atti impugnabili davanti alle commissioni tributarie, suscettibile (secondo la nota e consolidata giurisprudenza di questa Corte) di ampliamento per interpretazione estensiva (in relazione, ad esempio, ad ogni atto autoritativo contenente una ben individuata pretesa tributaria a carico del contribuente).

Appare, al riguardo, rilevante la prospettazione del contribuente che impugnando davanti al giudice tributario la cartella presupposta fa valere una nullità “derivata” dell’atto espropriativo; ai fini della giurisdizione rileva, principalmente, il dedotto vizio dell’atto di pignoramento, cioè la mancata notificazione della cartella, e non la natura, propria di questo, di primo atto dell’espropriazione forzata (art. 491 c.p.c.).

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, prevede un’ipotesi d’impugnazione congiunta che consente di impugnare un atto autonomamente impugnabile “non conosciuto” unitamente al successivo atto notificato e, quindi, “conosciuto” al fine di farne valere eventuali profili di illegittimità; la mancata notificazione della cartella di pagamento rende, quindi, il pignoramento impugnabile, unitamente alla cartella di pagamento, dinanzi alla commissione tributaria.

Sotto il profilo letterale l’orientamento secondo cui sarebbe devoluta al giudice ordinario l’impugnazione del pignoramento, incentrato sulla mancata notifica della cartella di pagamento è in contrasto con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo: con riferimento alle procedure esecutive aventi ad oggetto entrate tributarie sarebbe, quindi, un rimedio precluso dal divieto espresso dal predetto D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57.

La soluzione compatibile con il rispetto del diritto di difesa, sancito dall’art. 24 Cost., è data dal riconoscimento della facoltà per il contribuente di impugnare davanti al giudice tributario la cartella di pagamento (atto presupposto), congiuntamente all’atto di pignoramento presso terzi (atto successivo), ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3.

Anche se l’impugnazione degli atti dell’esecuzione successivi alla cartella è attratta alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, esigenze di ordine sistematico impongono di ammettere la tutela giurisdizionale davanti al giudice tributario, allorchè si contesti l’avvenuta notifica della sottostante cartella di pagamento, nel caso in cui il contribuente per la prima volta viene a conoscenza della esistenza della cartella stessa, a seguito della notifica del titolo esecutivo formato nei propri confronti.

L’impugnazione dell’atto di pignoramento è strumentale all’impugnazione della cartella di pagamento onde far valere il difetto di notifica della stessa, non quale vizio proprio degli atti di pignoramento, ma quale motivo di nullità della cartella stessa, trattandosi della soluzione in concreto praticabile per far valere l’illegittimità della cartella ed arrestare la procedura esecutiva, in considerazione delle già citate limitazioni, in materia fiscale, nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi previste dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57.

Nè appare convincente ripartire la giurisdizione, nell’ipotesi in esame, in base al petitum formale contenuto nell’impugnazione proposta dal contribuente: a) giurisdizione tributaria, ove sia richiesto solo l’annullamento dell’atto presupposto dal pignoramento; b) giurisdizione ordinaria, ove sia richiesta solo la dichiarazione di nullità del pignoramento. Non solo il petitum sostanziale è unico (il contribuente ha interesse a rendere non azionabile la pretesa tributaria, facendo valere una soluzione di continuità nell’iter procedimentale) ma una simile ricostruzione sarebbe inutilmente artificiosa, obbligando ad una duplice azione davanti a giudici diversi. Non ha neanche importanza se, in punto di fatto, che la cartella sia stata o no effettivamente notificata trattandosi di rilievo che attiene al merito in quanto la giurisdizione non può farsi dipendere dal raggiungimento della prova della notificazione e, quindi, secundum eventum.

Tale soluzione non contrasta, inoltre, col disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo. Tale inammissibilità, infatti, va interpreta nel senso che comporta solo il divieto di proporre dette opposizioni davanti al giudice ordinario, senza però che ciò impedisca di proporre la questione al giudice tributario, impugnando, unitamente al pignoramento, la cartella di pagamento per mancata notificazione.

Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nel prevedere l’inammissibilità davanti al giudice ordinario di alcune opposizioni in sede di esecuzione forzata, va interpretato nel senso che le situazioni soggettive poste a base di esse possano essere preventivamente tutelate davanti al giudice tributario.

Va, quindi, riaffermato il principio di diritto secondo cui “in materia di esecuzione forzata tributaria, sussiste la giurisdizione del giudice tributario nel caso di opposizione agli atti esecutivi riguardante l’atto di pignoramento, che si assume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento),ove venga impugnata anche la prodromica cartella di pagamento per vizio di notifica”.

Va, conseguentemente, accolto il ricorso,cassata l’impugnata sentenza, dichiarata la giurisdizione del giudice tributario, rimettendo la causa alla Commissione tributaria provinciale di Roma, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulla regolamentazione delle spese relative alla fase di legittimità.

PQM

 

accoglie il ricorso,cassa l’impugnata sentenza, dichiara la giurisdizione del giudice tributario, rimette la causa alla Commissione tributaria provinciale di Roma, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulla regolamentazione delle spese relative alla fase legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2017

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