Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13914 del 05/06/2017

Cassazione civile, sez. un., 05/06/2017, (ud. 04/04/2017, dep.05/06/2017),  n. 13914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Primo Presidente –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9201-2016 proposto da:

D.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FEDERICO CONFALONIERI 1, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA

PALMA, rappresentata e difesa da sè medesima;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PESCARA, PUBBLICO MINISTERO

PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata in

data 24/12/2015;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale FUZIO

Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato D.M.G..

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata, pubblicata il 24 dicembre 2015, il Consiglio Nazionale Forense ha rigettato il ricorso proposto dall’avv. D.M.G. avverso la decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pescara che le aveva inflitto la sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Il C.N.F. ha confermato la decisione, ritenendo che l’avv. D., operando il frazionamento di crediti vantati nei confronti della propria cliente, società Sodicar s.r.l., mediante la richiesta dei compensi con separati giudizi, “ha creato un’ingiusta moltiplicazione di azioni giudiziarie aggravando la posizione del debitore Sodicar, costretto da un lato a costituirsi in giudizio, e quindi a procedere agli esborsi per singole difese, e dall’altra parte ad essere esposto alle condanne alle spese per nuovi singoli giudizi”. Ha perciò concluso per la sussistenza della violazione dell’art. 49 Codice Deontologico, ritenendo infondata la deduzione difensiva della ricorrente circa l’impossibilità di procedere in maniera unitaria alla riscossione dei crediti per via giudiziaria, attesa la “disomogeneità” dei titoli. Ha aggiunto che l’operato dell’avv. D. risultava censurabile anche per aver dato luogo ad un illegittimo frazionamento del credito nell’ambito di un unico rapporto obbligatorio, costituito da un rapporto di clientela protrattosi per diversi anni, estrinsecatosi, di volta in volta, in diverse attività.

2. L’avv. D.M.G. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi.

L’Ordine degli Avvocati di Pescara non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, falsa applicazione dell’art. 49 Codice Deontologico Forense, sostenendo che nè questo nè la legge impedirebbero agli avvocati di azionare i propri crediti professionali promuovendo il giudizio ordinario; che gli atti giudiziari da lei posti in essere non potrebbero essere censurati solo perchè contenevano la richiesta di condanna della controparte al pagamento delle spese del giudizio, costituendo questa una domanda accessoria; che, comunque, si sarebbero dovuti considerare, da parte del CNF, l’atteggiamento dilatorio della debitrice società Sodicar s.r.l. e la rottura dei rapporti tra la professionista e la cliente (Cui sarebbe seguito un atteggiamento di questluitima teso ad imporre la propria posizione, non a difendersi da una situazione di debolezza). Riepilogati i rapporti risultanti dal carteggio in atti, la ricorrente conclude sostenendo che le azioni legali poste in essere per recuperare il proprio credito sarebbero state, nel caso di specie, “lecite e giustificate”.

1.1. Col secondo motivo la ricorrente denuncia difetto di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sostenendo che sarebbe “palesemente errata” la motivazione con la quale il CNF ha accertato l’esistenza di un unico rapporto obbligatorio, costituito dal continuativo rapporto di clientela. Deduce che in realtà vi sarebbe stato il conferimento, di volta in volta, di singoli incarichi, in modo che vi sarebbero stati tanti contratti d’opera quanti sono i mandati conferiti. La ricorrente svolge infine considerazioni in merito all’asserita incongruenza, lacunosità o contraddittorietà della motivazione circa i comportamenti tenuti dalle parti che avevano portato all’instaurazione delle cause e circa le modalità di introduzione di queste ultime da parte dell’avvocato.

2. I motivi sono inammissibili.

Il secondo non tiene conto del testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, così come risultante dalle modifiche disposte dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito nella L. n. 134 del 2012, poichè invoca il controllo di legittimità sulla motivazione, mentre ai sensi della norma anzidetta è denunciabile soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti (cfr. Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053).

2.1. Peraltro, entrambi i motivi si risolvono in un tentativo della ricorrente di fornire una diversa ricostruzione dei fatti, sia in merito all’unicità o pluralità di rapporti intercorsi tra le parti – rispetto ai quali la ricorrente contrappone all’argomentata motivazione della sentenza, basata sull’unicità del rapporto di patrocinio, soltanto la propria personale contraria affermazione -, sia in merito alle reciproche condotte che condussero alla rottura del rapporto di clientela ed all’instaurazione dei distinti giudizi.

2.2. Inoltre, il primo motivo non coglie appieno la ratio decidendi.

La decisione del CNF è infatti fondata sulla ritenuta possibilità, nel caso concreto, di dare luogo ad un’unica azione giudiziaria (o comunque ad un numero ben più ridotto di azioni giudiziarie), piuttosto che svolgere un’azione giudiziaria per ogni pratica, o gruppo di pratiche. Con la conseguenza che è stato reputato senza ingiusto (ed ingiustificato) il frazionamento del credito vantato nei confronti della cliente per compensi non corrisposti, in quanto sostanzialmente unico o comunque quantificabile in unico importo (ed anzi già così quantificato nel corso delle trattative svolte per giungere ad una soluzione transattiva).

L’avv. D. insiste nel sottolineare l’inadempimento e l’atteggiamento dilatorio della controparte, nonchè la rottura del rapporto fiduciario ed anche delle successive trattative.

Queste circostanze sono del tutto irrilevanti ai fini della censura della suddetta ratio decidendi, la quale dà per presupposti l’inadempimento del cliente ed i fatti successivi. Dati questi ultimi, è stata sanzionata dall’organo disciplinare la reazione dell’avvocato, argomentando in merito alla contrarietà al codice deontologico delle modalità con le quali il professionista ritenne di riscuotere il dovuto, per ottenere l’adempimento dell’obbligazione di controparte.

Su queste modalità nulla è detto specificamente in ricorso, se non sotto il profilo dell’inammissibile denuncia del vizio di motivazione. Quanto, poi, agli argomenti difensivi fondati sulla (scontata) possibilità per l’avvocato di azionare i propri crediti professionali promuovendo giudizio e svolgendo la domanda accessoria di condanna alle spese processuali, essi non tengono conto dell’affermazione dell’organo disciplinare sull’ingiusta (ed ingiustificata) moltiplicazione di azioni giudiziarie e sul conseguente aggravamento della posizione della cliente.

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio perchè l’intimato non si è difeso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso arrt. 13, comma 1 b is.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dell’avv. D.M.G. riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2017

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