Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13913 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 20/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 20/05/2021), n.13913

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23851-2015 proposto da:

A.N., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, LARGO TRIONFALE N. 7, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

FIORINI, rappresentai e difesi dall’avvocato GABRIELE SILVETTI;

– ricorrenti –

REGIONE ABRUZZO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 380/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 02/04/2015 R.G.N. 353/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/01/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Dott. MUCCI ROBERTO,

visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis

convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha

depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di L’Aquila, nel respingere il gravame proposto dai ricorrenti meglio indicati in epigrafe avverso la sentenza del Tribunale di Chieti con la quale essi, quali dipendenti della Regione Abruzzo, avevano chiesto il riconoscimento perequativo della retribuzione individuale di anzianità (c.d. R.I.A.), ha dichiarato che ciascuno degli appellanti era tenuto al pagamento di un importo pari a quello del contributo unificato pari a quello già dovuto per l’impugnazione incidentale.

2. I lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione con un unico motivo, rubricato come violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Essi, non contestando il merito della decisione, lamentano che la Corte territoriale abbia erroneamente stabilito l’obbligo per ciascuno di essi di corrispondere, quale effetto del rigetto integrale del gravame, una somma pari all’importo del contributo unificato dovuto per l’instaurazione della causa, mentre semmai essi erano tenuti in solido a tale pagamento.

3. La Regione Abruzzo è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il motivo è inammissibile.

2. Questa Corte ha già precisato che “la declaratoria della sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in ragione dell’integrale rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non ha natura di condanna – non riguardando l’oggetto del contendere tra le parti in causa – bensì la funzione di agevolare l’accertamento amministrativo; pertanto, tale dichiarazione non preclude la contestazione nelle competenti sedi da parte dell’amministrazione ovvero del privato, ma non può formare oggetto di impugnazione” (Cass. 27 novembre 2020, n. 27131; Cass. 13 novembre 2019, n. 29424).

Le Sezioni Unite (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315) hanno a loro volta precisato che “l’ulteriore importo del contributo unificato (c.d. doppio contributo) che la parte impugnante è obbligata a versare allorquando ricorrano i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ha natura di debito tributario, in quanto partecipa della natura del contributo unificato iniziale ed è volto a ristorare l’amministrazione della Giustizia dei costi sopportati per la trattazione della controversia; ne consegue che la questione circa la sua debenza è estranea alla cognizione della giurisdizione civile ordinaria, spettando invece alla giurisdizione del giudice tributario”, ovviamente quando quest’ultimo sia adito dalle parti interessate in esito all’esercizio ritenuto non corretto della pretesa da parte della P.A.

Sempre le S.U. hanno consequenzialmente precisato che l’attestazione del giudice non riguarda in alcun modo la debenza di somme, ma soltanto la ricorrenza “del presupposto processuale” per il predetto raddoppio.

4. Da ciò deriva pianamente che, per quanto la sentenza impugnata abbia emesso una pronuncia apparentemente accertativa di un obbligo (“dichiara che gli appellanti sono tenuti”), essa è priva di effetti di giudicato nei riguardi dell’ipotetico creditore ovverosia verso il Ministero della Giustizia, che non è parte in causa, costituendo il mero presupposto per l’eventuale esercizio della pretesa al pagamento dell’ulteriore importo stabilito dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Analogamente, ammesso e non concesso che la dizione “ciascuno” stia ad individuare un obbligo plurimo (e non solidale) in capo ai singoli appellanti, della effettiva consistenza, appunto, plurima o solidale, di tale obbligo si potrebbe discutere nella competente sede giurisdizionale, ove la pretesa sia esercitata nel senso temuto dagli odierni ricorrenti, ma non in questa sede impugnatoria.

5. Nulla sulle spese, in quanto la Regione Abruzzo è rimasta intimata.

All’inammissibilità del ricorso segue la rituale attestazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater focalizzata, come prescritto dalla citate pronuncia delle Sezioni Unite, sul solo presupposto processuale e con la formula, parimenti avallata da esse, del condizionamento “all’effettiva debenza del contributo unificato iniziale, che spetta all’amministrazione giudiziaria accertare, tenendo conto di cause di esenzione o di prenotazione a debito, originarie o sopravvenute, e del loro eventuale venir meno”.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

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