Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13910 del 07/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/07/2016, (ud. 11/03/2016, dep. 07/07/2016), n.13910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

TELECOM ITALIA S.P.A., rappresentata da C.R., in

virtù di procura per notaio Maria Chiara Bruno del 17 novembre

2010, rep. n. 23642, elettivamente domiciliata in Roma, alla via G.

Pierluigi da Palestrina n. 47, presso l’avv. FILIPPO LATTANZI, dal

quale, unitamente agli avv. PIETRO FERRARIS ed ENZO ROBALDO, è

rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE LOMBARDIA;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 1259/14,

pubblicata il 28 marzo 2014;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’11

marzo 2016 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito l’avv. Robaldo per la ricorrente.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza del 28 marzo 2014, la Corte d’Appello di Milano ha rigettato il gravame proposto dalla T.I. S.p.a. avverso la sentenza n. 5096/2010 con cui il Tribunale di Milano aveva rigettato l’opposizione proposta dall’appellante avverso l’ordinanza ingiunzione n. 0133650IP1100280, emessa il 4 dicembre 2008 dalla Regione Lombardia per il pagamento di una somma a titolo di “canone per l’occupazione e uso di beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato”.

Premesso che il canone in questione non è altro che il canone di concessione per l’occupazione di aree appartenenti al demanio fluviale dello Stato, le quali possono formare oggetto di diritti di terzi soltanto nei modi stabiliti dalla legge, ed in particolare per concessione, sottoposta ad un canone la cui determinazione è delegata alle Regioni ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 86, comma 1, ed art. 89, comma 1, la Corte ha affermato che la Regione Lombardia ha esercitato la predetta delega con leggi regionali e con le delibere poste a fondamento dell’ingiunzione. Ha escluso che la riscossione del canone si ponga in contrasto con il D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, artt. 88 e 93 osservando che l’esenzione dell’operatore di telecomunicazioni dal pagamento di qualsiasi indennità non impedisce di porre a suo carico un corrispettivo per l’occupazione di aree demaniali, ove lo stesso sia previsto da una legge dello Stato. Ha ritenuto inconferente il richiamo al D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 198, art. 10 che, oltre a riguardare esclusivamente gli oneri stabiliti dagli enti locali, richiama espressamente il Capo 2^ del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63 che disciplinano i canoni per l’occupazione di aree comunali e provinciali. Ha individuato il fondamento del potere impositivo della Regione nell’art. 823 c.c., derogabile esclusivamente da un’espressa disposizione di legge, rilevando che il D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 93 fa salve diverse previsioni di legge, ivi comprese quelle anteriori, ed escludendo che il presupposto impositivo sia costituito dall’effettiva occupazione dell’area demaniale, la quale costituisce la causa giuridica del provvedimento concessorio.

2. – Avverso la predetta sentenza la T.I. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. La Regione Lombardia non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo articolato motivo, la ricorrente denuncia, oltre al vizio di motivazione, la violazione del D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 198, art. 10, del D.Lgs. n. 259 del 2003, artt. 5, 25, 35, 50, 58, 88 e 93 del D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 2; della L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 1, 3 e 10, dell’art. 97 Cost., degli artt. 11 e 13 nonchè del 15 considerando della direttiva comunitaria 2002/20/CE, degli artt. 822 e 823 c.c., e della L.R. Lombardia 14 luglio 2003, n. 10, artt. 90 e 92 sostenendo che a) dal D.Lgs. n. 259 del 2003, artt. 35, 88, 93 discende che solo una legge statale successiva in tema di telecomunicazioni può prevedere oneri o canoni ulteriori, b) l’art. 823 c.c. non impone che i modi attraverso i quali beni demaniali possono formare oggetto di diritti di terzi comprendano necessariamente il pagamento di un canone, c) il D.Lgs. n. 112 del 1998 non disciplina la materia delle telecomunicazioni, d) la L.R. Lombardia n. 10 del 2009 e qualsiasi altra legge regionale in tema di canoni di concessione demaniale dovrebbero ritenersi costituzionalmente illegittime se ritenute applicabili alla materia delle telecomunicazioni in quanto in contrasto con i principi fondamentali, la cui determinazione è riservata dall’art. 117 Cost.

allo Stato, che nella specie ha provveduto con il D.Lgs. n. 259 del 2003, e) il R.D. 25 luglio 1904, n. 523 ed il R.D. 9 dicembre 1937, n. 2669, richiamati dal D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 89 non menzionano o disciplinano canoni idraulici o di polizia idraulica, f) l’applicazione di un canone concessorio per l’attraversamento del demanio idrico rappresenterebbe una duplicazione di altri oneri (indennizzo per ripristino, COSAP e TOSAP); g) la direttiva comunitaria 2002/20/CE lascia piena libertà agli Stati membri per la disciplina delle modalità di utilizzazione dei beni pubblici, non prevedendo affatto l’imposizione di canoni, la cui esclusione è, invece, ricavabile dalla legislazione nazionale.

2. – Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto assolto l’onere della prova a carico della Regione con la produzione del provvedimento concessorio, senza la prova di un’effettiva occupazione.

3. – Con il terzo motivo, si lamenta la mancata riunione dei numerosi giudizi aventi ad oggetto controversie connesse soggettivamente ed oggettivamente. Con lo stesso motivo si censura la condanna della Telecom al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.000,00 per ciascuno dei giudizi, e perciò in un importo notevolmente superiore a quello recato dall’ordinanza opposta.

4. – Il primo motivo è fondato.

Sulla questione sollevata dalla ricorrente, questa Corte si è recentemente pronunciata, nel contraddittorio tra le stesse parti, con le sentenze del 30 giugno 2014, nn. 14788 e 14789, le quali hanno affermato il seguente principio di diritto: “l’attraversamento del demanio idrico gestito dalle Regioni, ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1998, artt. 86 e 89 da parte di infrastrutture di comunicazione elettronica non è soggetto al pagamento di oneri o canoni che non siano previsti dal D.Lgs. n. 259 del 2003 o da legge statale ad esso successiva”.

In proposito, è stato richiamato il D.Lgs. n. 259 del 2003 (c.d.

codice delle comunicazioni elettroniche), il quale, nel recepire le direttive quadro sulle comunicazioni elettroniche (direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE, 2002/22/ CE e 2002/77/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo e 16 settembre 2002), ha specificamente disciplinato, all’art. 93, l’imposizione di oneri a carico degli operatori, a) prevedendo per le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni un espresso divieto d’introdurre, per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge (comma 1), b) ponendo a carico degli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica l’obbligo di tenere indenne la Pubblica Amministrazione, l’Ente locale, ovvero l’Ente proprietario o gestore, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d’arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall’Ente locale (comma secondo, primo periodo), e c) disponendo infine che nessun altro onere finanziario, reale o contributo può essere imposto, in conseguenza dell’esecuzione delle opere di cui al Codice o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta salva l’applicazione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo 2^ del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (c.d.

TOSAP), oppure del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63 e successive modificazioni (c.d. COSAP), calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettere e) ed f) medesimo articolo, ovvero dell’eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui al D.Lgs. n. 507 cit., art. 47, comma 4.

Tale disposizione, volta a garantire agli imprenditori l’accesso al mercato con criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, ed agli utenti finali la fornitura del servizio universale, senza distorsioni della concorrenza (cfr. Legge Delega 1 agosto 2002, n. 166, art. 41, comma 2, lett. a1 e a8), è stata ritenuta espressione di un principio fondamentale della legislazione statale, in mancanza del quale potrebbero determinarsi trattamenti differenziati tra i soggetti operanti nelle diverse Regioni, ed ostacoli all’ingresso di nuovi operatori nel settore (cfr. Corte cost., sent. n. 336 del 2005, i cui principi sono stati ribaditi dalle sent. n. 450 del 2006 e n. 272 del 2010). La riserva di legge prevista dal comma 1 non può essere quindi riferita ad una generica legge statale o regionale, ma va interpretata, in assenza di ulteriori specificazioni, come rinvio ad una fonte legislativa di provenienza statale (cfr. Corte cost., sent. n. 272 del 2010), la quale non può essere tuttavia individuata negli artt. 822 e 823 c.c. e nel D.Lgs. n. 112 del 1998, artt. 86 e 89 che delegano alle Regioni la gestione del demanio idrico, le relative concessioni, la determinazione dei canoni e l’introito dei relativi proventi. Tali disposizioni, oltre a risultare incompatibili con i principi sopra richiamati, in quanto inidonee ad impedire trattamenti differenziati e ad assicurare l’universalità del servizio, non possono infatti prevalere sulla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 93 il cui carattere di specialità è reso evidente dalla scelta, compiuta dal legislatore con la L. n. 166 del 2002, art. 41 di delegare al Governo “l’istituzione di un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica” e di racchiudere in un codice le disposizioni legislative e regolamentari in materia di telecomunicazioni.

La qualificazione del D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 93 come principio fondamentale vincolante per le Regioni ai sensi dell’art. 117 Cost., impedisce innanzitutto di ritenere che il potere d’imporre un canone per l’attraversamento del demanio idrico da parte d’infrastrutture di comunicazione elettronica possa trovare fondamento in leggi regionali anteriori al D.Lgs. n. 259 del 2003, le quali dovrebbero ritenersi abrogate per effetto dell’entrata in vigore del codice delle comunicazioni elettroniche, ai sensi della L. n. 10 del 1953, art. 10. Quanto a quelle successive, la genericità della formulazione della L.R. 12 dicembre 2003, n. 26, art. 44, lett. d) e art. 52, comma 4, (anche nel testo modificato dalla L.R. 8 agosto 2006, n. 26), e della L.R. n. 10 del 2009, art. 6 circoscritta alla riscossione e all’introito dei canoni di concessione del demanio idrico, impedisce di estenderne l’ambito applicativo alle infrastrutture di telecomunicazione, assoggettate alla disciplina speciale del D.Lgs. n. 259 del 2003, consentendo quindi di escludere, in via interpretativa, il contrasto con l’art. 93 cit., e quindi il sospetto d’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 117 Cost.

5. La sentenza impugnata va pertanto cassata, restando assorbiti il secondo ed il terzo motivo, e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., con il conseguente accoglimento dell’opposizione all’ingiunzione.

6. – La novità della questione giustifica la dichiarazione dell’integrale compensazione delle spese dei tre gradi di giudizio.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione all’ingiunzione di pagamento n. 0133650IP1100280, emessa il 4 dicembre 2008 dalla Regione Lombardia;

dichiara interamente compensate tra le parti le spese dei tre gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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