Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1391 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 22/01/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 22/01/2020), n.1391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16170/2015 proposto da:

OROHOTEL SRL, IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 294, presso lo studio dell’avvocato ANGELO VALLEFUOCO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DAVIDE

CAMPORESE;

– ricorrente principale –

ISTITUTI RIUNITI DI BENEFICIENZA II.RR.BB. DI ASSISI, ENTE CHE

AMMINISTRA LA CASA DI RIPOSO ANDREA ROSSI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DE CAROLIS UGO 101, presso lo studio dell’avvocato FULVIO FRANCUCCI,

che la rappresentano e difendono unitamente all’avvocato GIAN LUCA

LAUDENZI;

E.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PADRE SEMERIA

33, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DI MAURO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI BELLINI;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 231/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 27/02/2015 R.G.N. 31/2013.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 683/12 pronunciata all’udienza del 6.12.2012, il Tribunale di Perugia, adito da E.C., già dipendente dell’Hotel (OMISSIS) sotto la gestione del padre E.S., già affittuario dell’albergo, di proprietà degli Istituti Riuniti di Beneficenza di Assisi (II.RR.BB.), accertava l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il ricorrente e la società Orohotel s.r.l., nuova affittuaria dell’azienda alberghiera, a far data dal 1.9.2008, ordinando alla società l’immediata riammissione in servizio del lavoratore, in favore del quale la Orohotel veniva condannata a corrispondere, a titolo di risarcimento del danno, la somma di Euro 70.399,60, oltre accessori, mentre la domanda del ricorrente relativa al versamento dei contributi previdenziali era dichiarata inammissibile. Gli Istituti Riuniti, che erano stati chiamati in garanzia dalla Orohotel, venivano condannati a tenere indenne quest’ultima dal pagamento delle somme la cui spettanza era stata riconosciuta al lavoratore. Il Tribunale compensava per metà le spese del giudizio tra il ricorrente e l’Orohotel e tra quest’ultima e gli Istituti Riuniti, mentre condannava la società e gli Istituti Riuniti a corrispondere la rimanente metà rispettivamente in favore dell’ E. e di Orohotel.

2. La sentenza di prime cure veniva appellata dagli Istituti Riuniti, che chiedevano la riforma del capo di sentenza concernente la loro condanna a tenere indenne la società Orohotel dal pagamento delle somme da corrispondere al lavoratore.

3. La Corte di appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, respingeva integralmente la domanda di garanzia avanzata dall’Orohotel nei confronti degli Istituti Riuniti, condannando la società alla rifusione delle spese sostenute dagli Istituti Riuniti per il primo grado del giudizio. Confermava nel resto la sentenza impugnata, condannava la Orohotel alla rifusione in favore degli Istituti delle spese del grado di appello e compensava le spese dello stesso grado tra l’Orohotel e E.C..

4. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, affermata l’applicabilità dell’art. 2112 c.c., nonostante la natura di ente pubblico non economico degli Istituti Riuniti, escludeva che dovesse ritenersi operante nella fattispecie la garanzia cui gli Istituti si erano impegnati con l’art. 9 del contratto di affitto con Orohotel, contratto concluso in seguito alla tenuta di un’asta pubblica. La Corte di appello opinava nel senso che la clausola litigiosa dovesse considerarsi riferita ai crediti di cui all’art. 2112, comma 2, cioè i crediti di cui il lavoratore era titolare verso il precedente affittuario, alla data alla quale l’azienda alberghiera era stata retrocessa all’ente proprietario, per poi essere concessa in affitto alla Orohotel, mentre le pretese del lavoratore riguardavano esclusivamente il periodo successivo alla cessazione del contratto di affitto con E.S..

5. Per la cassazione di quest’ultima sentenza la Orohotel propone ricorso dinanzi a questa Corte, affidato a un unico complesso motivo. Gli Istituti Riuniti resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale condizionato con due motivi, mentre E.C. resiste con controricorso nel quale spiega difese nei confronti del ricorso incidentale condizionato proposto dagli Istituti Riuniti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico complesso motivo del ricorso principale, la società Orohotel lamenta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., per avere la Corte territoriale erroneamente interpretato l’accordo contrattuale con gli Istituti Riuniti, dell’art. 2112 c.c. e dell’art. 1325 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Inoltre, la società ricorrente lamenta, nell’ambito di questa doglianza, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, cioè la gestione dei dipendenti retrocessi da E.S., gestione assunta in proprio e in esclusiva dagli Istituti Riuniti e liquidazione agli stessi di “sostanziose buonuscite” (incentivi all’esodo), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2. Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato all’eventuale accoglimento del ricorso principale, gli Istituti Riuniti denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2112 c.c., comma 5, insistendo sull’inapplicabilità dell’art. 2112 c.c., al caso di specie, data la natura pubblica dell’ente.

3. Con il secondo motivo del ricorso incidentale gli Istituti Riuniti lamentano la violazione e/o falsa applicazione degli art. 2555 e 2112 c.c., con riferimento all’interruzione dell’attività aziendale – circa otto mesi per lavori di ristrutturazione – interruzione che aveva determinato una cesura tra l’azienda esercitata dal padre del lavoratore e ritornata in capo agli II.RR.BB., stante l’impossibilità giuridica per questi ultimi, costituiti in ente pubblico non economico, di gestire l’azienda.

4. Il ricorso principale è infondato, con la conseguenza dell’assorbimento del ricorso incidentale.

5. Questa Corte ha avuto modo di esaminare analogo ricorso della società Orohotel in liquidazione, relativo alla vicenda parallela di altra lavoratrice già dipendente dell’Hotel (OMISSIS) per la quale era stata accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la nuova affittuaria oggi ricorrente principale e in ordine alla quale la Corte di appello di Perugia aveva rigettato la domanda di manleva nei confronti degli II.RR.BB. Il Collegio non vede ragioni per discostarsi dalla soluzione raggiunta in tale caso, deciso con la sentenza di questa Corte del 28 ottobre 2016, n. 21893.

6. L’unico motivo di ricorso principale, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg., art. 2112 c.c., art. 1325 c.c., n. 2 e vizio di motivazione, per erronea interpretazione dell’accordo contrattuale contenuto nell’art. 9 del contratto di affitto d’azienda tra le parti, in riferimento all’obbligo di manleva assunto dall’istituto affittante nei confronti del nuovo affittuario, è inammissibile.

7. La doglianza consiste, infatti, in una diversa interpretazione del contenuto dell’accordo previsto dall’art. 9 del contratto di affitto tra le parti e quindi del risultato interpretativo in sè. Ma esso spetta esclusivamente al giudice di merito ed è pertanto insindacabile in sede di legittimità, qualora sorretto da congrua motivazione, esente da vizi logici nè giuridici (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694), come appunto nel caso di specie (per le condivisibili ragioni illustrate dall’ultimo capoverso di pag. 5 al primo di pag. 7 della sentenza). Nè, d’altro canto, in presenza di un’interpretazione ben plausibile del giudice di merito neppure essendo necessario che essa sia l’unica possibile o la migliore in astratto (Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178), può darsi ingresso ad una sostanziale sollecitazione a revisione del merito, discendente dalla contrapposizione di una interpretazione dei fatti propria della parte a quella della Corte territoriale (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694). E tale interpretazione contestata è stata giustificata sulla base del “chiaro tenore letterale” (e pertanto del criterio ermeneutico, che deve prevalere, quando riveli con chiarezza ed univocità la volontà comune delle parti, sicchè non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l’intento effettivo dei contraenti: Cass. 21 agosto 2013, n. 19357; Cass. 28 agosto 2007, n. 18180) della previsione dell’art. 9, comma 3 del contratto di affitto, secondo cui: “l’Affittante rimane obbligata a tenere indenne e manlevare l’Affittuario da qualunque ragione, responsabilità o pretesa che possano gravare, anche in via solidale, ai sensi dell’art. 2112 c.c., ed aventi titolo nei rapporti di lavoro dipendente che torneranno in capo all’Affittante”.

8. Da essa appare davvero inequivocabile l’esplicito riferimento ai limiti posti dall’art. 2112 c.c. e quindi, in particolare, di responsabilità solidale del cedente per i crediti del lavoratore al tempo del trasferimento, anche a prescindere dalla conoscenza o conoscibilità degli stessi da parte del cessionario, purchè il rapporto di lavoro fosse vigente al momento del trasferimento d’azienda (Cass. 6 marzo 2015, n. 4598; Cass. 29 marzo 2010, n. 7517).

9. Infine, quanto all’aspetto della doglianza relativo al dedotto omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, cioè la gestione dei dipendenti retrocessi da E.S., gestione assunta in proprio e in esclusiva dagli Istituti Riuniti e liquidazione agli stessi di “sostanziose buonuscite” (incentivi all’esodo), un altro profilo di inammissibilità del mezzo deriva dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, per il difetto di una specifica indicazione del fatto storico asseritamente omesso, neppure avendone trattato la sentenza impugnata. E ciò per il mancato rispetto, che deve essere rigoroso, delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, in ordine alla individuazione dal ricorrente del “fatto storico”, il cui esame sia stato appunto omesso, del “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, del “come” e del “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e della sua “decisività” (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498): con la conseguente preclusione nel giudizio di cassazione dell’accertamento dei fatti ovvero della loro valutazione a fini istruttori (Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439).

10. Dalle superiori argomentazioni discende il rigetto del ricorso principale, con assorbimento dell’incidentale condizionato e la regolazione delle spese del giudizio di legittimità tra la ricorrente principale e gli II.RR.BB secondo il regime di soccombenza, mentre le circostanze della fattispecie e l’esito finale del giudizio giustificano la compensazione delle spese tra gli II.RR.BB ed il lavoratore.

11. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte

rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale condizionato e condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente Istituti Riuniti di Beneficenza, spese liquidate in Euro 200,00 per esborsi e Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Compensa le spese del giudizio di legittimità tra gli Istituti Riuniti di Beneficenza e E.C..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2020

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