Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1391 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 21/01/2011), n.1391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9490/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

Z.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI Paolo, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIULIANI ALESSANDRO, giusta delega

a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 49/2004 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 31/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/12/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE BARBARA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato PANARITI PAOLO, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro e l’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale della Toscana dep. il 31/01/2005 che aveva, accogliendo l’appello di Z.M., riformato la sentenza della CTP di Pistoia che aveva rigettato il ricorso del medesimo avverso l’avviso di accertamento Irpeg e Ilor per l’anno 1993. La CTR aveva ritenuto invece illegittimo il predetto avviso, in ordine al quale il ricorrente deduceva omessa pronunzia, essendo stata abrogata dal 1/04/1998 la disposizione di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, in ordine alla responsabilità solidale dei legali rappresentanti delle società, associazioni o enti.

La ricorrente pone a fondamento del ricorso la violazione di legge e il vizio motivazionale.

Il contribuente ha resistito con controricorso.

La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere rilevata la inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero, che non era parte nel giudizio di appello dal quale doveva intendersi tacitamente estromesso perchè iniziato dopo il 01/01/2001, e, pertanto, dopo l’entrata in funzione delle Agenzie delle Entrate (Cass. SS.UU. 3116/2006, 3118/2006).

Con l’unico articolato motivo di ricorso, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, comma 6, D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 e art. 16, comma 1, lett. c e art. 17 e D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3, 5 e 25, oltre motivazione insufficiente e illogica, per avere la CTR ritenuto che le sanzioni di cui al predetto art. 98 erano inapplicabili dal 01/04/1998, laddove avrebbe dovuto ritenere la condotta solo diversamente sanzionata e applicare le minori sanzioni di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1.

Il motivo è infondato alla stregua di quanto sostenuto da questa Corte con le sentenze nn. 2007/5714, 1932/2008 e 3036/2008 il cui insegnamento questo collegio intende seguire, non essendo state dedotte nè sussistendo valide ragioni contrarie.

Il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98, come noto, disponeva:

– al primo comma, che “gli uffici delle imposte provvedono, con provvedimento motivato notificato al contribuente, all’applicazione delle pene pecuniarie e della sopratassa e a fare rapporto all’autorità giudiziaria per le violazioni costituenti reato” e – all’originario quinto comma (poi sesto, per effetto dell’aggiunta di un comma “dopo il quarto” ad opera del D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920, art. 3), che “al pagamento delle soprattasse o delle pene pecuniarie sono obbligati in solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente, coloro che ne hanno la rappresentanza”.

Per effetto di tali disposizioni, quindi, il soggetto nei confronti del quale si dovevano applicare le pene pecuniarie e le soprattasse era il contribuente, persona fisica o giuridica, mentre “coloro che ne hanno la rappresentanza” erano solo costituiti come “obbligati in solido”.

Il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (entrato in vigore il primo aprile 1998)- dopo aver disposto (al comma 1 dell’art. 2) che “le sanzioni amministrative previste per la violazione di norme tributarie sono la sanzione pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma di denaro, e le sanzioni accessorie, indicate nell’art. 21, che possono essere irrogate solo nei casi espressamente previsti” – al secondo comma del medesimo articolo ha stabilito che “la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione”. Il successivo art. 11, poi, detta i criteri per la individuazione dei “responsabili per la sanzione amministrativa” prevedendo, per quanto interessa, che:

– “nei casi in cui una violazione che abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo è commessa dal dipendente o dal rappresentante legale o negoziale di una persona fisica nell’adempimento del suo ufficio o del suo mandato ovvero dal dipendente o dal rappresentante o dall’amministratore, anche di fatto, di società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, nell’esercizio delle sue funzioni o incombenze, la persona fisica, la società, l’associazione o l’ente nell’interesse dei quali ha agito l’autore della violazione sono obbligati al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso secondo le disposizioni vigenti” (comma 1).

“qualora il pagamento sia stato eseguito dall’autore della violazione, nel limite previsto dall’art. 5, comma 2, la responsabilità della persona fisica, della società, dell’associazione o dell’ente indicati nel comma 1 è limitata all’eventuale eccedenza” (comma 5, in fine);

– “la morte della persona fisica autrice della violazione, ancorchè avvenuta prima della irrogazione della sanzione amministrativa, non estingue la responsabilità della persona fisica, della società o dell’ente indicati nel comma 1” (comma 7).

Con le riprodotte disposizioni il legislatore, innovando profondamente la precedente disciplina, ha adottato, per la individuazione del soggetto che deve rispondere delle sanzioni amministrative tributarie, il principio (conforme a quello che, per l’art. 27 Cost., comma 1, regola la responsabilità penale e che impronta, ex lege 24 novembre 1981, n. 698, la responsabilità per le sanzioni amministrative non tributarie), c.d. di personalizzazione della sanzione, ovverosia il principio del riferimento della sanzione alla persona fisica che ha commesso od ha concorso a commettere la violazione sanzionata. In forza del sistema introdotto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, infatti, poichè per il secondo comma dell’art. 2 “la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione”, “coloro che … hanno la rappresentanza” di un soggetto passivo d’imposta ovvero di un “inadempiente” all’obbligo tributario sono divenuti direttamente responsabili delle sanzioni connesse alle violazioni delle norme (formali e sostanziali) tributarie ad opera e/o nell’interesse della parte rappresentata (legalmente ovvero negozialmente) e/o amministrata mentre tale parte (soggetto passivo dell’imposta), per il medesimo D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11, comma 1, è obbligata “al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata” ma con “diritto di regresso” verso l’autore e responsabile della violazione sanzionata.

La delineata trasformazione evidenzia di per sè la ratio che ha consigliato l’espressa abrogazione – ad opera del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 16, comma 1, lett. c), – del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98: siffatta abrogazione, infatti, non discende da una volontà legislativa di escludere la solidarietà detta ma unicamente dalla opportunità di eliminare una norma non più rispondente alla diversa soggettività (persona fisica e non più persona giuridica od ente) della responsabilità per sanzioni tributaria prevista dal nuovo sistema sanzionatorio.

L’esposta ragione trova diretta conferma nel D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 27, il quale, in via generale, aggiorna alle nuove regole – specificamente per le “violazioni riferite a società, associazioni od enti” – le precedenti disponendo che “le violazioni riferite dalle disposizioni vigenti a società, associazioni od enti si intendono riferite alle persone fisiche che ne sono autrici, se commesse dopo l’entrata in vigore del presente decreto”: da tale norma discende, per logico converso, che “le violazioni riferite dalle disposizioni vigenti a società, associazioni od enti” ma commesse (come nel caso) prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 472 del 1997, continuano ad essere riferite alla “società”, alle “associazioni” o agli “enti”, con permanenza della responsabilità solidale della persona fisica prevista in precedenza.

Dalla delineata situazione emerge evidente l’assoluta non conferenza al caso del richiamo, operato dal giudice di appello, al principio del favor rei atteso che l’abrogazione dell’art. 98 non ha avuto nessun effetto sulla norma “incriminatrice”: diversamente opinando si dovrebbe giungere alla inaccettabile (per illogicità) conseguenza secondo cui per effetto dell’entrata in vigore del detto principio di personalizzazione della sanzione tributaria nessuno dovrebbe rispondere di tutte le sanzioni commesse in precedenza da persone giuridiche e/o da enti perchè la responsabilità delle persone fisiche non era prevista all’epoca di commissione della sanzione stessa e perchè la responsabilità della persona giuridica e/o dell’ente all’epoca prevista dovrebbe ritenersi venuta meno perchè non più prevista.

L’accertata sussistenza del vizio denunziato impone, quindi, di cassare la decisione impugnata con necessità di rinvio, anche perchè la CTR ha ritenuto assorbite tutte le altre questioni proposte dallo Z., come ribadito nel controricorso.

La CTR provvederà anche sulle spese, eccettuate quelle relative al Ministero, essendo l’intervento chiarificatore delle SS.UU. successivo alla proposizione del presente ricorso.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero e compensa le relative spese. Accoglie il ricorso dell’Agenzia, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla CTR della Toscana.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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