Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1391 del 19/01/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 19/01/2018, (ud. 03/10/2017, dep.19/01/2018),  n. 1391

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 23.1.2012, la Corte di appello di Palermo, confermando la pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha accolto la domanda di B.A. di assistenza sanitaria indiretta ricevuta durante un viaggio, effettuato per motivi di turismo, in Cina ed ha condannato l’Assessorato Sanità della Regione Siciliana (gestione stralcio ex USL n. (OMISSIS)) al rimborso delle spese sanitarie sostenute pari a Euro 7.230,40 oltre accessori.

La Corte distrettuale, pur rilevando l’assenza di una situazione di indigenza del B., e sottolineando la natura di altissima specializzazione della struttura (sull’implicito rilievo della natura specialistica dell’intervento subito a seguito di infarto ed a fronte di mancata contestazione sul punto), ha ritenuto che la gravità delle condizioni di salute e l’urgenza dell’intervento sanitario consentivano la disapplicazione di ogni disposizione che imponeva adempimenti amministrativi per ottenere il rimborso delle spese sanitaria affrontate all’estero.

Avverso tale sentenza l’Assessorato ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a un motivo; il B. ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 595 del 1985, art. 3, comma 5, del D.M. 3 novembre 1989, art. 2 e art. 7, comma 2, D.M. 30 agosto 1991, art. 2 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo, la Corte distrettuale, erroneamente riconosciuto il rimborso delle spese sanitarie all’estero in carenza dei presupposti legislativi ossia fuori da casi di residenza per lavoro o studio o di espatrio oppure di indigenza. Invero, risulta pacificamente accertato che il B. non era indigente e si trovava all’estero per turismo, mentre la normativa in oggetto consente un’assistenza indiretta ai cittadini che per una oggettiva incapacità del sistema sanitario nazionale siano costretti a recarsi all’estero.

2. Il ricorso merita accoglimento.

La L. 23 ottobre 1985, n. 595 (intitolata “Norme per la programmazione sanitaria e per il piano sanitario triennale 1986-88) prevede all’art. 3, comma 5: “Con decreto del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, previo parere del Consiglio superiore di sanità, sono previsti i criteri di fruizione, in forma indiretta, di prestazioni assistenziali presso centri di altissima specializzazione all’estero in favore di cittadini italiani residenti in Italia, per prestazioni che non siano ottenibili nel nostro Paese tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico. Con lo stesso decreto sono stabiliti i limiti e le modalità per il concorso nella spesa relativa a carico dei bilanci delle singole unità sanitarie locali. Non può far carico al fondo sanitario nazionale la concessione di concorsi nelle spese di carattere non strettamente sanitario”.

Il D.M. 3 novembre 1989, adottato in esecuzione della delega, fissa (art. 2) le tipologie di prestazioni erogabili, precisando che devono possedere “specifiche professionalità del personale, non comuni procedure tecniche o curative o attrezzature ad avanzata tecnologia” e non debbono essere “ottenibili tempestivamente o adeguatamente presso i presidi e i servizi di alta specialità italiani” e specificando che “è considerata prestazione non ottenibile tempestivamente in Italia la prestazione per la cui erogazione le strutture pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale richiedono un periodo di attesa incompatibile con l’esigenza di assicurare con immediatezza la prestazione stessa, ossia quando il periodo di attesa comprometterebbe gravemente lo stato di salute dell’assistito ovvero precluderebbe la possibilità dell’intervento o delle cure”; fornisce (art. 5) la definizione di “centro di altissima specializzazione” che consiste nella “struttura estera, notoriamente riconosciuta in Italia, che sia in grado di assicurare prestazioni sanitarie di altissima specializzazione e che possegga caratteristiche superiori paragonate a standard, criteri e definizioni propri dell’ordinamento sanitario italiano”; dispone anche, all’art. 7 (integrato dal D.M. 30 agosto 1991, art. 2), che si può prescindere dalla preventiva autorizzazione – ai fini del rimborso – in presenza di prestazioni di comprovata eccezionale gravità ed urgenza, ivi comprese quelle usufruite dai cittadini che già si trovino all’estero, “ferma restando la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di cui all’art. 2” ossia, come precisato dal D.M. 30 agosto 1991, art. 2 “dimostrazione di essere in lista d’attesa, presso almeno due strutture pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale, da un periodo di tempo superiore a quello massimo previsto dal D.M. 24 gennaio 1990 e successive modificazioni”.

Ebbene, la Corte distrettuale – sottolineato che il B. non versava in condizioni di indigenza, che si trovava all’estero per motivi di turismo e che la struttura ove era stato effettuato l’intervento doveva ritenersi di “alta specializzazione” – ha incentrato i motivi della decisione sul profilo dell’urgenza dell’intervento subito e sulla tutela del diritto primario e fondamentale della salute.

La Corte distrettuale ha, peraltro, omesso ogni considerazione circa la ricorrenza dei requisiti previsti dal D.M. 3 novembre 1989, art. 2 con particolare riguardo alla necessità che si tratti di “prestazione non ottenibile tempestivamente in Italia” nell’accezione chiarita dallo stesso decreto ministeriale ossia che si tratti di cura erogata in Italia con periodi di attesa incompatibili con lo stato di salute dell’assistito. Il suddetto requisito dimostra chiaramente che la normativa è diretta a sopperire ad ipotesi di disfunzioni strutturali del Sistema sanitario nazionale, garantendo in tali casi ai cittadini il ricorso a centri di alta specializzazione all’estero e il rimborso delle spese affrontate.

Invero, il requisito della possibilità di ricorrere a centri sanitari posti sul territorio italiano è specificamente previsto dalla L. n. 595 del 1985, art. 3, comma 5, ai fini del rimborso delle spese sanitarie affrontate all’estero e – come già esaminato dalla Corte Costituzionale – deve ritenersi conforme alle previsioni legislative che regolano il Servizio Sanitario Nazionale (in particolare, la L. n. 833 del 1978, artt. 19 e 25 secondo cui le prestazioni vengono erogate ai cittadini direttamente mediante strutture pubbliche organizzate nel territorio oppure da soggetti con i quali le pubbliche amministrazioni stipulano convenzioni), disposizione che realizzano un ragionevole bilanciamento tra diritti costituzionalmente protetti, ossia il diritto alla salute, da una parte, e le esigenze dello Stato di natura finanziaria e, più in generale, organizzativa, dall’altra (cfr. sentenza n. 354/2008: la Corte Costituzionale ha esaminato, nel caso di specie, il caso di un cittadino italiano recatosi all’estero per turismo e ricoverato urgentemente perchè colpito da grave patologia).

Va segnalato che anche la più recente giurisprudenza ha avuto modo di confermare che gli unici parametri, sulla base dei quali è legittimo valutare il diritto al rimborso delle spese mediche, siano quelli relativi alla urgenza e alla impossibilità di ottenere il medesimo trattamento presso centri italiani (cfr. in particolare, Cass. n. 17134/2016; cfr., inoltre, Cass. n. 6461/2009 avente ad oggetto un caso simile a quello in esame di un cittadino italiano in soggiorno turistico all’estero colpito da grave ed urgente patologia; cfr., inoltre, le sentenze nn. 17309/2016, 27448/2013, 9969/2012, 26609/2011, 12918/2011 che hanno trattato casi diversi dal presente, tutti accomunati dal presupposto che si trattava sempre di cittadini che espatriavano per affrontare delle cure mediche, e non di cittadini che si trovavano in soggiorno turistico all’estero).

In ordine al diritto alla tutela della salute, la Corte Costituzionale ha, da un lato, rilevato che la tutela del diritto alla salute nel suo aspetto di pretesa all’erogazione di prestazioni “non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone” (sentenze nn. 354/2008 e 309/1999); dall’altro, che le “esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana” (in questo senso, oltre alle citate sentenze, ex plurimis: sentenze n. 455/1990; n. 267/1998; n. 509/2000; n. 252/2001; n. 432/2005).

Ora, come risulta dalla L. n. 833 del 1978, art. 37 l’assistenza sanitaria agli italiani all’estero costituisce oggetto di una disciplina specifica rispetto a quella che regola l’assistenza a favore di coloro che si trovano nel territorio dello Stato. Specificità che deriva dal fatto che il servizio sanitario, come in genere i servizi pubblici, incontra di norma i limiti territoriali propri dello Stato, sicchè le prestazioni vengono erogate direttamente mediante strutture pubbliche organizzate nel territorio oppure da soggetti con i quali le pubbliche amministrazioni stipulano convenzioni (si vedano, in particolare, la L. n. 833 del 1978 artt. 19 e 25).

Ciò, sottolinea la Corte Costituzionale nella sentenza n. 354 del 2008, non può non riflettersi sulla disciplina delle condizioni alla cui sussistenza è subordinato il diritto alle prestazioni e sul tipo, entità e modalità della loro erogazione e, quindi, anche sui criteri cui ci si attiene nell’operare il bilanciamento di cui si è detto tra tutela del diritto alla salute ed esigenze dello Stato di natura finanziaria e, più in generale, organizzativa.

L’intervento d’urgenza subito dal B. all’estero non può ritenersi ricompreso tra le prestazioni sanitarie rimborsabili ai cittadini in quanto carente del requisito richiesto dal combinato disposto della L. n. 595 del 1985, art. 3, comma 5, del D.M. 3 novembre 1989, artt. 2 e 7 consistente nella inclusione in lista di attesa presso strutture del Servizio sanitario nazionale.

3. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito, con il rigetto della domanda introduttiva del giudizio.

4. Le spese di lite sono integralmente compensate tra le parti in considerazione della particolarità della questione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e rigetta la domanda. Compensa tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2018

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