Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13909 del 09/06/2010

Cassazione civile sez. I, 09/06/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 09/06/2010), n.13909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.C., rappresentato e difeso da se stesso in proprio

unitamente agli Avv.ti Dalfini Giuliano e Roberto Ciociola, con

domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Flaminia n. 79,

come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

M.R., con domicilio eletto in Roma, piazza Martiri di

Belfiore n. 2, presso l’Avv. COLETTI Pierfilippo che lo rappresenta e

difende unitamente all’Avv. Enrico Morgante, come da procura a

margine della memoria;

– resistente –

per l’impugnazione della ordinanza del Tribunale di Verona in data 7

marzo 2009 di sospensione del processo;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 21 aprile 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Avv. B.C. ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Verona ha sospeso il procedimento relativo all’opposizione proposta da M.R. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dallo stesso B. in virtù della surroga legale conseguente al pagamento dei debiti contratti dallo zio M.P., deceduto, avendo ritenuto pregiudiziale il procedimento, pendente avanti alla corte d’appello di Venezia, nel quale il predetto B. aveva convenuto in giudizio M. R. per l’annullamento del testamento olografo con cui M.P. aveva istituito erede universale M. R. e per sentire dichiarare l’attore erede universale per chiamata legittima.

Resiste con memoria l’intimato.

Il ricorrente ha presentato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile per inidoneità del quesito.

Premesso che “il requisito della formulazione del quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. trova applicazione anche al ricorso per regolamento di competenza e ciò anche nel caso in cui sia impugnata l’ordinanza di sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c.” (Cassazione civile, sez. 3^, 4 luglio 2007, n. 15108) e che è principio già affermato quello secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, il quesito di diritto imposto dall’art. 366 bis c.p.c., rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della S.C. di cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del morio&n&miii est principio generale, e non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte dì legittimità in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola juris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata” (Cassazione civile, sez. 3^, 9 maggio 2008, n. 11535), a tale principio non è conforme il quesito formulato che si sostanzia in una ripetizione delle tesi già illustrate nel motivo di ricorso ed in luogo di contenere l’enunciazione del principio di diritto che, se confermato, comporterebbe la soluzione della controversia in senso favorevole al ricorrente, si conclude con la mera richiesta di affermazione del diritto del ricorrente alla riassunzione della causa sospesa.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in complessivi Euro 2.100,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2010

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