Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13907 del 24/06/2011

Cassazione civile sez. un., 24/06/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 24/06/2011), n.13907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Primo Presidente f.f. –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso iscritto al n. 17852 del Ruolo Generale degli affari

civili del 2010, proposto da:

R.F. e R.G., entrambi elettivamente

domiciliati in Roma, alla Via Pietro Aretino n. 69, presso l’avv.

MONACO Antonietta che, con l’avv. Antonio Stellato, li rappresenta e

difende, per procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.D.A.P. (Istituto Nazionale della Previdenza per i Dipendenti

Amministrazioni Pubbliche), con sede in Roma, in persona del

direttore generale Dr. P.M., delegato dal presidente

dell’istituto avv. C.P., per atto per notar Igor

Genghini del 23 settembre 2010, rep. n. 23961, racc. 9566,

elettivamente domiciliato in Roma alla Via S. Croce in Gerusalemme n.

55, presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto e da questa

rappresentato e difeso a mezzo dell’avv. FIORENTINO Giuseppe, per

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

nel ricorso ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c.,

comma 4, per la correzione dell’errore di fatto e/o per la

revocazione della sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 2787

del 19 gennaio – 9 febbraio 2010.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. E’ stata depositata in cancelleria il 28 febbraio 2011 la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “Con ricorso ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, notificato al difensore domiciliatario dell’I.N.P.D.A.P. di Viterbo, a mezzo posta, il 9 luglio 2010 (manca in atti l’avviso di ricevimento), F. e R.G., hanno chiesto la revocazione della sentenza n. 2787/10 delle sezioni unite civili di questa Corte, del 19 gennaio – 9 febbraio 2010, per essere stato effetto di un errore di fatto risultante dai documenti di causa la decisione di merito della causa, emessa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., che ha rigettato la originaria domanda di R.F. di acquistare l’alloggio dell’I.N.P.D.A.P. quale familiare convivente con il padre locatario dell’immobile.

La pronuncia impugnata, dopo avere correttamente cassato la sentenza della Corte d’appello di Roma del 29 settembre 2008 n. 2787, in ordine alla denegata giurisdizione dell’A.G.O. sull’esercizio della prelazione nell’acquisto degli alloggi da parte dei locatari degli alloggi di proprietà di enti previdenziali pubblici, avrebbe erroneamente rigettato la domanda di R.F. di riconoscere il suo diritto ad acquistare la abitazione in cui egli conviveva con il padre locatario della stessa, escludendo che potesse applicarsi a tale parte la L. 24 dicembre 1993, n. 560, art. 1, comma 6, norma che attribuisce il diritto di prelazione, nell’acquisto di alloggi di edilizia economica e popolare, anche ai familiari conviventi del conduttore e ritenendo invece applicabile il D.Lgs. 16 febbraio 1996, n. 104, art. 6, comma 5, che “riconosce il diritto di prelazione, oltre che al conduttore, solo ai suoi eredi già con lui conviventi”, per cui l’istante “non era legittimato ad esercitare” tale diritto, che poteva spettargli solo in caso di decesso del padre (tra virgolette sono riportate le parole della sentenza impugnata per revocazione).

Ad avviso dei ricorrenti, la sentenza, nella statuizione di merito di rigetto della domanda di R.F. di acquisto dell’alloggio, sarebbe stata fondata esclusivamente sull’errore di fatto di non aver considerato che l’istante era familiare convivente del locatario R.G., per cui era legittimato all’acquisto ai sensi del D.Lgs. n. 104, art. 6, comma 5, come novellato dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 109, che estende ai familiari conviventi del locatario il diritto all’acquisto dell’alloggio locato dall’I.N.P.D.A.P..

Il ricorso denuncia la disapplicazione della novella di cui alla L. n. 662 del 1996 e non la mancata valutazione della circostanza di fatto della qualità di familiare convivente del soggetto che ha esercitato il diritto di prelazione, come causa efficiente del rigetto della domanda, statuizione di cui è chiesta la revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

In sostanza, nessun rilievo ha nel caso l’errore di fatto denunciato che anzi certamente non vi è stato, in quanto la sentenza espressamente riconosce la qualifica di familiare convivente con il locatario R.G. per l’istante R.F., negando il suo diritto di acquistare l’alloggio.

Il ricorso si fonda in realtà sul preteso errore di diritto (peraltro incerto, perchè la nuova norma parla di familiare convivente, ma non esclude espressamente la qualifica di erede cui fa riferimento il D.Lgs. n. 104 del 1996) derivato dalla mancata conoscenza della novella normativa di cui alla lettera a del comma 109 della L. n. 662 del 1996, che non costituisce errore revocatorio.

Opina il relatore che il ricorso per revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4, debba quindi essere dichiarato inammissibile in quanto censura una valutazione giuridica e non un errore di fatto, che da solo abbia determinato la statuizione di cui si domanda la revocazione (così S.U. n. 1666/2009); chiede quindi al Primo presidente aggiunto di fissare l’adunanza in Camera di consiglio per la decisione nei sensi indicati”.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Il collegio, esaminato il ricorso, il controricorso dell’INPDAP in persona del presidente, che chiede il rigetto dell’avversa impugnativa, la relazione e gli scritti difensivi in atti, ha condiviso gli argomenti svolti nella relazione e la soluzione da essa proposta, non senza avere rilevato che la parte intimata nella sentenza oggetto del ricorso per revocazione era la Direzione provinciale di Viterbo dell’I.N.P.D.A.P., che deve presumersi essere stata sostituita in questa fase dalla sede centrale dello stesso Istituto, che si è difesa con il controricorso che precede, costituendo regolare contraddittorio che consente di pronunciare regolarmente sulla impugnativa.

2. La impugnazione per revocazione deve essere dichiarata inammissibile in quanto non censura la pronuncia oggetto di ricorso per l’errore di fatto in essa dedotto, lamentando invece una errata qualificazione giuridica della posizione di R.F. in ordine alla sua legittimazione a pretendere riconosciuto il diritto ad acquistare l’alloggio di cui era conduttore il padre da parte dell’Istituto controricorrente e quindi un errore di diritto sul suo potere di acquistare l’immobile.

3. Le spese del giudizio di cassazione, in deroga al principio di soccombenza giustificabile per il particolare bene della vita al cui conseguimento tende la domanda di R.F., cioè all’acquisto dell’alloggio di famiglia di tale parte soccombente, possono interamente compensarsi tra le parti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per revocazione e compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2011

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