Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13905 del 24/06/2011

Cassazione civile sez. un., 24/06/2011, (ud. 17/02/2011, dep. 24/06/2011), n.13905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Primo Presidente f.f. –

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente di sezione –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

TELECOM ITALIA s.p.a., con sede in (OMISSIS), in persona del

legale

rappresentante p.t. avv. V.G., procuratore speciale

della società per i poteri conferitigli dall’amministratore delegato

p.t., per atto per notar Maria Chiara Bruno di Roma del 17 dicembre

2009 rep. n. 21865, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via P.L.

da Palestrina n. 47 presso l’avv. Lattanzi Filippo, che, con gli

avv.ti Piero d’Amelio e Mario Siragusa, la rappresenta e difende, per

distinte procure ai margini di ciascuno dei due ricorsi n. 12796/10 e

n. 12805/10.

– ricorrente –

contro

VODAFONE OMNITEL NV, società soggetta a direzione e coordinamento di

Vodafone Group PLC, con sede in (OMISSIS), e sede gestionale in

(OMISSIS), in persona del procuratore

T.S., elettivamente domiciliato in Roma al Corso

Vittorio Emanuele II n. 18, presso l’avv. Merusi Fabio, che

rappresenta e difende la società, per distinte procure ai margini di

ciascuno dei due controricorsi.

– controricorrente –

nonchè:

AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI e MINISTERO DELLO

SVILUPPO ECONOMICO, in persona dei rappresentanti p.t., ex lege

domiciliati in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato e da questa rappresentati e difesi.

– controricorrenti –

rispettivamente contro le decisioni del Consiglio di Stato, Sezione

VIA, n. 281/10, del 10 novembre 2009 – 26 gennaio 2010 e n. 243/10

del 10 novembre 2009 – 25 gennaio 2010.

Udita, alla pubblica udienza del 17 maggio 2011, la relazione del

Cons. Dr. Fabrizio Forte.

Uditi l’avv. Filippo Lattanzi, per la ricorrente Telecom Italia

s.p.a., l’avvocato dello Stato De Stefano, per l’Autorità e il

Ministero, l’avv. Toscano, per delega dell’avv. Merusi, per Vodafone

Omnitel e sentito il P.M. Dr. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha

concluso per la inammissibilità dei ricorsi.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, con le due decisioni richiamate in epigrafe, ha accolto gli appelli della Vodafon Omnitel N.V. (da ora: Omnitel) contro le distinte sentenze del T.a.r. del Lazio n. 11258/2007 e n. 11260/2007, la prima delle quali aveva rigettato il ricorso dell’appellante per l’annullamento della Delib.

n. 28/07/Cir dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (da ora: A.G.Com.), che aveva posto a carico della ricorrente il pagamento per l’anno 2003 della quota di finanziamento del cd.

“servizio universale” di telefonia fissa gestito da Telecom che della rete era stata monopolista, e la seconda che aveva accolto in parte l’impugnazione di Omnitel della delibera 23/01/Cir che aveva liquidato in L. 11.131.243,53 la quota di finanziamento a suo carico per l’anno 2000 del costo netto del servizio universale, ritenendo legittima la deliberazione solamente in ordine ai presupposti di fatto in essa esaminati, e dichiarando illegittima la sola misura determinata della quota a carico dell’operatore dei servizi, di telefonia mobili.

Il D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 58, comma 3, (codice delle comunicazioni elettroniche: d’ora in avanti CCE) ha infatti attribuito la gestione degli impianti preesistenti di telefonia fissa a Telecom, che ne era stata titolare quale monopolista proprietaria di detta rete.

Il servizio universale ha la funzione economico-sociale di garantire su tutto il territorio nazionale l’esistenza di servizi di comunicazione telefonica fissa, anche se non remunerativi o gestiti in perdita, per cui all’operatore “dominante” che lo gestisce, gli altri operatori, degli stessi o di analoghi servizi che operano nel medesimo mercato, devono un contributo o finanziamento determinato annualmente da A.G. Com., per i servizi forniti da esso senza utile al fine di garantire l’interesse pubblico di tutti gli utenti ai servizi compresi in quello universale (artt. 54 e ss. del CCE), rispettando i principi di trasparenza, minima distorsione del mercato, non discriminazione e proporzionalità di cui all’art. 2, commi 5, 6 e 7 dell’allegato 11 del CCE e dell’art. 63 di tale codice. Le deliberazioni impugnate dell’A.G. Com. danno attuazione agli indirizzi intepretativi contenuti nella sentenza del Consiglio di Stato n. 7257 dell’8 luglio 2003, pronunciata tra le stesse parti e passata in giudicato, che aveva ritenuto legittima la estensione del contributo di cui sopra agli operatori del servizio di telefonia mobile, e in specie ad Omnitel, per partecipare ai costi derivanti dal servizio universale di telefonia fissa, che imponeva il mantenimento delle necessarie strutture anche in perdita e senza remunerazione e i cui costi dovevano essere quindi redistribuiti tra i partecipanti al medesimo mercato. In riferimento ai procedimenti di determinazione per gli anni 2003 e 2000 sulla base del costo netto del servizio universale e del meccanismo di riparto dello stesso necessario a fissare la quota dovuta da ogni operatore nello stesso mercato, a norma del D.P.R. 31 luglio 1997, n. 318, art. 3, comma 6, e del D.M. 10 marzo 1998, art. 2, l’Autorità garante aveva stabilito che, per fissare la misura di contribuzione a carico degli operatori dei servizi telefonici mobili, occorreva anzitutto accertare la esistenza e il grado di sostituibilità tra questi ultimi e i servizi fissi, in un ambito di mercato “rilevante” nel settore delle comunicazioni per gli anni di volta in volta indicati, onde evidenziare l’unicità di tale mercato per entrambi i tipi di servizio tra loro fungibili, posta anche a fondamento delle contribuzioni dei gestori dei servizi di telefonia mobile. A tal fine occorreva quindi tener conto non solo della sostituibilità tecnica del prodotto, ma anche della sostituibilità economica di esso sulla base della domanda e dell’offerta dei due servizi.

Le delibere impugnate dell’A.G. Com. avevano affermato che il grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia su rete fissa e quelli di comunicazione vocale mobile era già elevato per gli anni di riferimento sopra indicati dei quali occorreva determinare la quota di finanziamento a carico di Omnitel, per cui questo quale operatore di rete mobile doveva contribuire al costo del servizio universale nella misura fissata, desunta dall’Autorità in base alla sostituibilità dei servizi nelle “aree non remunerative del paese servite in perdita dal fornitore del servizio universale”, ossia in zone “situate prevalentemente in montagna o in collina dove la densità della popolazione è particolarmente bassa”, ritenendo che tale limitazione territoriale costituisse il “mercato rilevante” per individuare le imprese concorrenti nei servizi telefonici, ai sensi dei principi enunciati dalla citata decisione del 2003 del Consiglio di Stato.

Sull’appello di Omnitel che, per gli anni di cui sopra, escludeva l’esistenza di un unico mercato e della sostituibilità del servizio fisso con quello mobile da essa fornito, le sentenze impugnate in questa sede hanno negato la completezza dell’iter istruttorie del procedimento, affermando che area di mercato rilevante non poteva essere quella che emerge nel solo contesto merceologico-geografico delle zone marginali indicate dalle deliberazioni impugnate, con bassa densità di popolazione, limitato reddito pro capite e scarso numero di clienti e quindi con conseguente mancanza di remuneratività dei costi per il mantenimento della rete di telefonia fissa a carico del gestore del servizio universale, estendendosi l’offerta in concorrenza dei due sistemi di telefonia fissa e mobile in tutto il territorio nazionale e in ogni luogo del paese e non essendo la stessa condizionata dalla configurazione geografica dell’area cui si riferisce il servizio e dalla qualità dei consumatori.

In quanto le delibere impugnate avevano valutato solo le aree marginali del Paese, per determinare il grado di sviluppo della telefonia mobile e di sostituibilità con essa di quella fissa, il Consiglio di Stato nelle due sentenze di cui in epigrafe, ha escluso che potesse affermarsi, per gli anni 2003 e 2000, la certa fungibilità dei servizi mobili e di quelli fissi, in base a una ipotetica disattivazione di questi ultimi solo in aree marginali, considerando cioè soltanto un comportamento di un consumatore necessitato e non rilevando neppure per le aree limitate che precedono, servite in perdita a causa dei costi prevalenti sui guadagni, gli eventuali benefici derivati dall’uso del servizio universale delle postazioni fisse delle quali già si giovava l’operatore di telefonia mobile avvalendosi della rete pubblica commutata.

Si afferma nella premessa del ricorso da Telecom che per l’esercizio del servizio universale la normativa comunitaria e quella interna impongono la ripartizione dei costi tra tutti gli operatori del settore che lo utilizzano o incidono su di esso e che la redistribuzione del costo “netto” della gestione degli impianti fissi e dei servizi accessori può rilevarsi in percentuale solo in un ambito di mercato determinato, qualificato come “rilevante” per la decisione in senso economico-geografico della concorrenza nel suo ambito. Tale limitato “mercato rilevante” sarebbe utilizzabile per determinare in concreto la quota percentuale dei costi netti da porre a carico di ciascun gestore dei servizi di telefonia mobile concorrente, in rapporto alla fruizione da detto operatore del servizio universale e tenendo conto delle perdite subite dal gestore di quest’ultimo quale operatore dominante per le offerte concorrenti e per la erogazione in perdita del servizio fisso posto interamente a suo carico. Per quanto attiene al cd. “mercato rilevante” al fine di determinare le quote di partecipazione degli operatori concorrenti, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’ambito territoriale da considerare nell’analisi del grado di sviluppo della telefonia mobile e della sua fungibilità con quella fissa, anche per i due anni cui sì riferiscono gli accertamenti della quota di partecipazione a carico di Omnitel, non possa essere limitato ad aree marginali del territorio nazionale, ma debba estendersi all’intero territorio nazionale cui si rivolge il servizio cd. universale, in base all’art. 53 del CCE. Ad avviso della ricorrente Telecom, erroneamente la sentenza impugnata ha negato che l’ambito territoriale da valutare per esaminare il grado di sviluppo della telefonia mobile rispetto a quella fissa e la concorrenza di detti servizi in un unico ambito di mercato rilevante, possa essere uno spazio geografico limitato e marginale, dovendo invece aversi riguardo all’intero territorio nazionale non solo in base alle norme interne nella materia del servizio universale ma anche in relazione a quelle comunitarie.

Tale statuizione del giudice amministrativo, secondo la ricorrente, erroneamente estende al merito la sua giurisdizione, negando la discrezionalità dell’A.G. Com. nella individuazione dell’ambito territoriale del cd. mercato “rilevante”, per accertare la esistente concorrenza tra le forniture di servizi di telefonia fissa e mobile e la misura della quota di finanziamento da porre a carico dell’operatore Omnitel concorrente con il gestore Telecom e utente degli impianti commutati del servizio universale.

Ad avviso della ricorrente, il giudice amministrativo doveva solo annullare la determinazione censurata in giudizio, senza esercitare specifiche opzioni per l’una o l’altra delle varie scelte possibili nell’esercizio delle discrezionalità da A.G. Com., con scelte tutte legittime, onde il suo sindacato di legittimità s’è trasformato in una valutazione di opportunità e di merito, con evidente eccesso di potere giurisdizionale oltre i limiti in cui è riconosciuto dalla legge. In rapporto alla sostituibilità del servizio fisso con quello mobile, ad avviso di Telecom, la sentenza impugnata limita l’indagine al parametro economico ritenuto prevalente su quello tecnico, individuando in tal modo anche criteri di determinazione di tale fungibilità dei due tipi di forniture e in tal modo invadendo il merito degli atti di A.G. Com. Le due sentenze oggetto di ricorso affermano che le contingenze che precedono non servivano ad identificare, per gli anni distinti di cui sopra, un’area di mercato rilevante al fine di determinare le condizioni di sostituibilità e concorrenzialità dei due servizi di telefonia, mobile e fisso, con conseguente illegittimità sostanziale delle due deliberazioni di A.G. Com. impugnate da Omnitel, con assorbimento di ogni altro motivo di appello da rigettare e compensazione delle spese di causa tra le parti. Per la cassazione di tali decisioni del Consiglio di Stato, Telecom propone i richiamati ricorsi n. 12796 e 12805, ai sensi dell’art. 111 Cost. e art. 362 c.p.c., con due motivi, a queste Sezioni Unite con atto notificato a mezzo posta il 20-21 maggio 2010, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., denunciando il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato per avere esteso al merito del provvedimento dell’Autorità Garante la sua giurisdizione, privando la stessa Autorità di ogni margine di discrezionalità nella rinnovazione della delibera annullata e imponendo alla stessa criteri errati di determinazione della quota di contribuzione al costo netto del servizio universale da ripartire. Si sono difesi in questa sede l’A.G. Com. e il Ministero dello sviluppo economico aderendo alle conclusioni della ricorrente e Omnitel che invece si oppone all’accoglimento della impugnazione in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Preliminarmente devono riunirsi i due ricorsi soggettivamente e oggettivamente connessi perchè relativi a controversie tra le stesse parti in materia di determinazione della quota di finanziamento a carico dell’operatore dei servizi di telefonia mobile Omnitel dovuta per il funzionamento del servizio universale sostenuto dal solo gestore degli impianti del servizio fisso o universale di telefonia Telecom.

1.1. Il primo motivo di entrambi i ricorsi riuniti di Telecom denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 31 luglio 1997, n. 318, art. 3, regolamento per l’attuazione delle Direttive comunitarie in materia di telecomunicazioni, del D.M. 10 marzo 1998 regolativo delle quote di finanziamento degli operatori concorrenti a Telecom per i costi del servizio universale e del D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, artt. 62, 63 e dell’allegato 11 norme relative al costo netto del servizio universale e della quota di finanziamento di questo e delle loro successive modifiche oltre che disapplicazione degli artt. 12 e 13 della Direttiva CEE n. 22 del 7 marzo 2002, in ordine alla competenza di A.G. Com. per la definizione dei presupposti di fatto e delle modalità di finanziamento dei costi del cd. servizio universale di telefonia fissa e dei meccanismi per decidere le quote di finanziamento degli operatori concorrenti operanti nello stesso mercato di quello dominante.

Dalle indicate violazioni di leggi precedenti relative al meccanismo per accertare la concorrenza tra servizi di telefonia mobile e fissa e degli operatori di essi, Telecom fa derivare la pretesa disapplicazione delle norme sulla giurisdizione cioè il contrasto della sentenza impugnata con l’art. 362 c.p.c., R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 26, 45, 48e con la L. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 2, 26 e 28, oltre che con gli artt. 103, 111 e 113 Cost., norme che individuano i criteri fondanti della giurisdizione amministrativa che di regola è di legittimità, dalla quale hanno ecceduto le due sentenze impugnate del Consiglio di Stato, che hanno adottato decisioni di merito, così violando i limiti esterni della giurisdizione amministrativa, a causa della diretta determinazione dal giudice amministrativo dell’ambito geografico di riferimento del cd. “mercato rilevante” esteso dalle due sentenze all’intero territorio nazionale, al fine di liquidare la quota di partecipazione ai costi dell’unico servizio universale, privando così l’A.G. Com.

del potere di provvedere essa solamente alla identificazione del cd.

ambito territoriale di mercato, entro il quale accertare la concorrenza tra operatori, con rilievo certo sulla decisione amministrativa ed estendendo in tal modo a valutazioni di merito e di opportunità le determinazioni dei giudici, in un giudizio che doveva essere limitato alla sola legittimità del provvedimento impugnato.

Il concreto criterio operativo descritto nelle sentenze del Consiglio di Stato che presumono la omogeneità delle condizioni di domanda e offerta su tutto il territorio nazionale, è da ritenere arbitrario, non risultando, dalle pronunce oggetto di ricorso, un documento o atto da cui emerga detta identità o omogeneità dello sviluppo della telefonia mobile rispetto a quella fissa, sull’intero territorio nazionale negli anni cui si riferiscono i due accertamenti delle quote di Omnitel, ed essendo le deliberazioni dell’Autorità fondate su una naturale prudenza, evidenziata nella scelta di limitare l’area del territorio da valutare come ambito di mercato utile alla rilevazione della concorrenza tra Omnitel e Telecom, solo ad una fascia marginale dell’intero territorio del paese nel quale ogni valutazione della concorrenza, per l’Autorità, non potrebbe che ritenersi astratta.

Le due sentenze impugnate in questa sede precludono all’A.G. Com. la attività di accertamento e di individuazione dell’ambito geografico ottimale per determinare le quote di partecipazione degli operatori concorrenti ai costi del servizio universale di telefonia fissa sostenuti da Telecom, con conseguente limitazione o esclusione del potere della stessa Autorità specializzata, di approfondire il fenomeno che essa deve esaminare, che è quello della sostituibilità o fungibilità del servizio fisso con quello mobile negli anni di riferimento non solo sul piano tecnico ma anche su quello economico, con deduzione della concorrenza dei due operatori del servizio di comunicazione vocale, in un unico mercato nazionale, sicuramente rilevante per il fine che precede. Deduce Telecom che il D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 63, comma 2, prevede che l’A.G. Com. ha anche la facoltà di modificare le modalità di finanziamento del servizio universale di cui al D.Lgs. citato, art. 1, commi 3-6, dell’allegato 11, riempiendo così di contenuti tecnici una nozione lasciata in bianco dal legislatore, in ragione proprio di tali contenuti.

1.2. Con il secondo motivo dei due ricorsi riuniti si censurano le due sentenze impugnate, per l’eccesso di potere giurisdizionale insito nel sindacato di merito dell’azione amministrativa, che si evidenzia nelle pronunce giurisdizionali del G.A. oggetto di ricorso, in violazione del D. Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 9 e della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 2 e 5.

Le censure si estendono quindi al contenuto delle decisioni impugnate sia in ordine alla determinazione territoriale dell’ambito di “mercato rilevante” che in rapporto ai criteri tecnici per la definizione di sostituibilità del servizio telefonico mobile con quello fisso, per accertare la concorrenza di essi in un mercato unitario.

Tali statuizioni, ad avviso della ricorrente, in quanto estese al merito del provvedimento impugnato, limiterebbero la discrezionalità amministrativa dell’A.G. Com e, come tali, comporterebbero la negazione del potere di questa nella rilevazione delle circostanze di fatto significative in tali materie del settore delle telecomunicazioni, con la conseguenza che la Cassazione nel pronunciarsi sull’eventuale eccesso di potere giurisdizionale evidenziato dalle sentenze impugnate per il tipo di tutela da esse erogata, può anche disapplicare le disposizioni date dal Consiglio di Stato con le sentenze oggetto di ricorso, in ragione del ripristino dei poteri amministrativi discrezionali dell’Autorità incisi dai provvedimenti giurisdizionali riuniti in questa sede.

2. La controricorrente Omnitel deduce la improcedibilità, inammissibilità o infondatezza dei due ricorsi di Telecom, dovendosi ritenere le decisioni impugnate in questa sede coperte dal giudicato della pronuncia n. 7257 del 2003, già richiamata, avente medesimo oggetto ed emessa tra le stesse parti, relativa alla quota di contribuzione di Omnitel al servizio universale di telefonia fisso dell’anno 1999, decisione alla quale non si è ottemperato da parte di A.G. Com. che avrebbe dovuto attuare i principi enunciati nella pronuncia che precede con le deliberazioni oggetto di ricorso in sede giurisdizionale.

La controricorrente afferma che occorre valutare l’esistenza di un ambito di mercato comune ad essa e a Telecom, cioè che si deve rilevare se negli anni 2000 e 2003 telefonia fissa e mobile producessero servizi fungibili o sostituibili e quindi appartenessero allo stesso ambito di mercato; A.G. Com., ad avviso di Omnitel, non è riuscita ad accertare la fungibilità delle prestazioni di telefonia mobile e fissa e la coesistenza dei distinti servizi forniti da ciascuna delle due società in un unico mercato con rilievo nazionale e tale mancato accertamento ha comportato la disapplicazione dei principi e indirizzi di legge come interpretati nella sentenza del Consiglio di Stato tra le stesse parti divenuta irrevocabile, n. 7257 del luglio 2003 più volte citata. Nel loro controricorso, A.G. Com e il Ministero delle Finanze aderiscono al ricorso di Telecom, chiedendone l’accoglimento.

3.1. I ricorsi riuniti sono inammissibili, in quanto nessuno dei motivi, di essi attiene o inerisce alla giurisdizione, ai sensi dell’art. 362 c.p.c. e/o art. 111 Cost., investendo entrambi solo in apparenza il “tipo” di tutela erogata dal Consiglio di Stato che, per la ricorrente, sarebbe stato di merito e non di legittimità, ma in realtà censurando solo “il modo” in cui la stessa tutela di legittimità è stata in concreto data e quindi non investendo l’essenza della giurisdizione del giudice amministrativo, ma solo le modalità con cui essa è stata esercitata, al di fuori di qualsiasi questione di giurisdizione (sulla distinzione del motivo attinente alla giurisdizione da quello relativo alla violazione di legge del giudice speciale precluso in cassazione, tra altre cfr. S.U. ord. 21 giugno 2010 n. 14890. 16 febbraio 2009 3688 e sent. 3 dicembre 2008 n. 28653).

3.1. In via pregiudiziale, deve anzitutto rilevarsi che nel caso non ha rilievo preclusivo sulla questione di giurisdizione la mancata impugnazione negli appelli avverso le due sentenze del TAR del Lazio della implicita affermazione della giurisdizione amministrativa nella sentenza di primo grado che, rigettando il ricorso per l’annullamento della delibera di A.G. Com. ha esercitato un potere di legittimità, proprio di ogni giudice amministrativo, denegando una tutela demolitoria incontestamente da essa erogabile nella fattispecie, senza valutazioni di merito sul provvedimento amministrativo ritenuto legittimo in primo grado (S.U. 28 dicembre 2008 n. 28354).

La mancata impugnazione della sentenza di primo grado della statuizione implicita affermativa della giurisdizione del giudice amministrativo, attiene comunque alla sola tutela di legittimità erogata in primo grado e non può rilevare come preclusiva del ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione che, nel caso, neppure potevano proporsi per il tipo di pronuncia del T.a.r. del Lazio oggetto d’appello al Consiglio di Stato, che comunque nel respingere il ricorso di Omnitel, ha esercitato solo i suoi poteri di legittimità, rigettando il ricorso contro la deliberazione dell’A.G. Com., per cui nessuna acquiescenza sull’eccesso esterno dei poteri, cognitivi del giudice amministrativo estesi al merito dell’atto amministrativo impugnato si è nel caso avuto, con formazione del giudicato implicito per tale profilo sulla giurisdizione amministrativa che possa vincolare questa Corte, precludendo l’esame del ricorso per un profilo incontestatamente non sussistente nella sentenza di primo grado, che aveva limitato l’esame del ricorso ai soli profili di legittimità della deliberazione dell’A.G. Com.

dedotti da Omnitel, nessun rilievo dando a quelli di merito con conseguente assenza di ogni statuizione su detto aspetto dei poteri cognitivi e quindi senza preclusione in ordine alla censura sul tipo di tutela in concreto erogata in primo grado per la prima volta proposta con il ricorso per cassazione a queste Sezioni Unite (sulla rilevabilità del giudicato implicito anche in ordine alle sentenze del giudice amministrativo, con controllo esterno dei poteri di questo esercitabile dal giudice del riparto cfr., tra molte, S.U. 23 gennaio 2011 n. 2067 e S.U. ord. 9 ottobre 2008 n. 24883, relativa questa a sentenza del giudice ordinario). Superato il profilo di inammissibilità dei due ricorsi riuniti per l’indagine sul giudicato implicito della sentenza d’appello del giudice amministrativo, su cui quindi nessun rilievo assumono alcune perplessità di questa Corte sui poteri di rilevare la implicita giurisdizione del giudice del riparto come giudice civile che sul giudicato di sentenze amministrative neppure potrebbe intervenire (S.U. ord. 2 dicembre 2009 n. 25344), le censure sul tipo di tutela erogata dal Consiglio di Stato, oltre i limiti dei suoi poteri incontestatamente non superati in primo grado, non è preclusa dall’appello, che non lamenta che la decisione del Tar ha erogato un tipo di tutela di merito invece che di legittimità da essa erogato, essendosi fermato il primo giudice a tale tipo di tutela demolitoria denegata per avere ritenuto legittimo l’uso della discrezionalità tecnica da A.G. Com.

(S.U. 9 maggio 2011 n. 10065 e 21 giugno 2010 n,. 14893), così rigettando il ricorso di Omnitel proposto per soli motivi di legittimità, senza affrontare alcun problema di merito dell’atto amministrativo impugnato. 3.2. Attiene comunque alla legittimità del provvedimento denegata dal Consiglio di Stato anche la manifesta illogicità delle scelte operate dalla Pubblica amministrazione nell’uso della propria discrezionalità nella determinazione della quota di contribuzione al costo del servizio universale a carico del gestore di telefonia mobile controricorrente in questa sede. Nella concreta fattispecie il Consiglio di Stato con le decisioni oggetto di ricorso ha solo enunciato, con una operazione ermeneutica delle disposizioni normative interne e comunitarie nella materia, i parametri di legittimità entro i quali avrebbe dovuto esercitare la sua discrezionalità l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che, per le sentenze impugnate, ha disapplicato le disposizioni normative interne e comunitarie che disciplinano tale potere discrezionale per la liquidazione della quota di contributo a carico di Omnitel, ed ha quindi emesso deliberazioni illegittime (sul sindacato relativo all’esercizio dei poteri discrezionali della P.A. come di legittimità, cfr. con le sentenze sopra citate anche Cons. St. sez. 6^ 22 maggio 2008 n. 2449 e con le sentenze già citate sopra anche S.U. 4 agosto 2010 n. 18051 e 11 settembre 2009 n. 19612). Le deliberazioni dell’A.G. Com. sono state quindi annullate sia per insufficiente istruttoria del procedimento amministrativo presupposto dell’atto impugnato, emesso senza l’accertamento di tutti i fatti necessari a rilevare la fungibilità o sostituibilità, tecnica ed economica, dei servizi di telefonia mobile e fissa per l’anno cui si riferiscono i provvedimenti impugnati, ma anche per avere accertato la misura del contributo dovuto dalla Omnitel in rapporto ad un ambito di mercato geograficamente limitato, scelto perchè relativo a fasce marginali del territorio nazionale ma non sufficiente per essere “rilevante” ai fini che precedono, in rapporto al servizio universale, che incide invece per legge su tutto il territorio “nazionale” (art. 53 CCE con le norme di cui si denuncia la violazione nella prima parte del primo motivo di ricorso), per cui unico ambito geografico rilevante non può essere che detto territorio nazionale.

La indicazione delle sentenze sull’ambito territoriale di indagine “nazionale” necessario per definire il cd. “mercato rilevante”, trova riscontro nelle norme comunitarie che impongono lo stesso parametro di valutazione per individuare l’operatore “dominante”, cui attribuire la gestione del servizio universale tanto che il D.P.R. n. 318 del 1997, art. 3, regolamento di attuazione delle direttive comunitarie, individua in Telecom il gestore “incaricato di fornire il servizio universale su tutto il territorio nazionale” (comma 4).

Va negato che il Consiglio di Stato nel caso abbia ecceduto dai limiti esterni del suo potere giurisdizionale per avere rilevato la illegittimità della delibera di A.G. Com. con l’esercizio di una discrezionalità illegittimamente limitata e che comporta logicamente alterazioni del mercato, incidendo sulla stessa concorrenza che, commisurata a tale ambito limitato e a soggetti con modeste entrate e senza grandi capacità di spesa, non può che determinare un maggiore rilievo per le forniture del gestore del servizio universale in detto ambito ristretto nel quale emergerà esso ancor più come operatore dominante, con aumento conseguente dei servizi non remunerativi a suo carico e dei costi sostenuti da Telecom con aumento delle quote a carico di Omnitel, per cui, senza entrare nel merito, ma esaminando solo i limiti di legge per l’esercizio della discrezionalità dell’Autorità, si è potuta affermare la illegittimità delle due delibere di questa impugnate dinanzi al Tar del Lazio (nello stesso senso, pur se in rapporto al diverso problema del concorso di Autorità diverse nella irrogazione di sanzioni cfr., in specie, S.U. 19 novembre 2007 n. 23833).

Il Consiglio di Stato ha annullato nelle due sentenze impugnate con le decisioni appellate anche le deliberazioni dell’A.G. Com. di cui sopra, per illegittimità derivata da difetto di istruttoria dall’Autorità, che non ha accertato in modo conforme ai parametri normativi interni e comunitari i presupposti di fatto per l’esercizio della discrezionalità espressa nei provvedimenti amministrativi, cioè la unicità dei mercati di telefonia fissa e mobile negli anni di riferimento delle rispettive quote di finanziamento e l’ambito territoriale ed economico del mercato in cui tale concorrenza degli operatori rende unitario il mercato in base a quanto imposto dalla legge, violata dalla P.A. con gli atti impugnati e dal Tar con la sentenza appellata. L’eccesso di potere dell’A.G. Com. nell’esercizio della sua discrezionalità comporta l’illegittimità dei provvedimenti annullati dal Consiglio di Stato con le decisioni impugnate, che deve escludersi si siano sostituite alla P.A. nel merito dei due atti amministrativi annullati solo perchè in contrasto con la legge, per non avere adottato criteri conformi alla stessa normativa oltre che alla logica, nel calcolare le quote di finanziamento di Omnitel al servizio universale di telefonia fissa e per non aver ben individuato,, in rapporto al sistema normativo, l’ambito geografico-economico di mercato in cui andava fissata la fungibilità dei servizi di telefonia fissa e mobile e la loro concorrenza. Sul piano territoriale, l’ambito di mercato ridotto a fasce marginali del territorio nazionale è manifestamente contra legem, che a detto territorio riferisce il costo netto del servizio stesso, mentre sul piano economico la non estensione ad ogni servizio di comunicazione gestito dalla titolare del servizio universale e da quella del servizio di telefonia mobile, comporta la non corretta valutazione della unicità del mercato in cui l’offerta di telefonia è in concreto operata e della misura della quota di contributo da porre a carico del singolo gestore, in rapporto al costo fisso determinato in precedenza e in attuazione della normativa che regola il meccanismo per individuare la predetta quota. S’è trattato di un sindacato dei giudici amministrativi operato su soluzioni tecniche di problemi opinabili risolti in contrasto con le leggi e in modo irrazionale, che non ha inciso sul merito del provvedimento, ma che ha individuato i limiti normativi e logici entro cui l’atto amministrativo impugnato e la discrezionalità che in esso si manifesta può e deve essere esercitata per essere legittima. Il primo motivo di ricorso denuncia quindi meri errores in iudicando e violazioni di norme di legge sull’esercizio della discrezionalità da parte di A.G. Com. e non attiene nè inerisce alla giurisdizione, per cui è inammissibile.

3.3. Deve per completezza escludersi che nella concreta fattispecie, spetti al giudice amministrativo il potere di decidere nel merito, ai sensi del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 27, n. 4, perchè il presente non è uno dei procedimenti “diretti ad ottenere l’adempimento dell’obbligo dell’autorità amministrativa di conformarsi, in quanto riguarda il caso deciso, al giudicato dei tribunali che abbia riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico” (su tale tipo di sentenze, S.U. ord. 2 dicembre 2009 n. 25344 e ord. 19 agosto 2009 n. 18375 e S.U. 31 ottobre 2008 n. 26302).

Infatti, il riferimento ai principi enunciati tra le stesse parti, dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 7257 del 2003, per liquidare la quota dovuta dall’operatore del servizio di telefonia mobile Omnitel nell’anno 1999, ha solo rilievo di precedente, che applica le norme di diritto sostanziale relative al servizio universale di telefonia fissa di cui si è rilevata già la violazione, non versandosi in una ipotesi di ottemperanza della pronuncia del 2003.

Le sentenze impugnate non danno attuazione ad un giudicato o a sentenze esecutive, nei loro effetti diretti o riflessi nè chiudono un giudizio di ottemperanza, per cui è da negare che nel caso si siano esercitati dal Consiglio di Stato poteri di merito sostitutivi di quelli di A.G.Com., che dovrà solo esercitare, entro i limiti di legge indicati nelle sentenze impugnate e già nel precedente del 2003, i suoi poteri discrezionali nei quali in alcun modo è stata sostituita.

I criteri e parametri di lettura delle norme nella materia, già posti in luce dalla sentenza dello stesso giudice del 2003 confermano che, in essa, come nella pronuncia oggetto del presente ricorso, i giudici non si sono sostituiti all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nell’esercizio di poteri di merito e amministrativi, ma hanno solo riaffermato i criteri di indirizzo giuridico e logico già enunciati dal Consiglio di Stato nella materia e rimasti inosservati nelle due deliberazioni impugnate e annullate, emettendo quindi sentenze non relative all’opportunità o al merito dei provvedimenti amministrativi nè eccedente ipotesi giurisdizionali del giudice amministrativo, con conseguente inammissibilità dei ricorsi riuniti, che erroneamente denunciano la erogazione vietata di un tipo di tutela in realtà mai avutasi.

Il ricorso in realtà denuncia una mera violazione delle norme regolatrici della materia, indicate nella prima parte del primo motivo dei due ricorsi, che non attiene alla giurisdizione del Consiglio di Stato o al tipo di tutela da questo erogabile, ma alle modalità con cui essa si è in concreta erogata e costituiscono quindi meri vizi di legittimità della sentenza non deducibili in questa sede. Emerge chiara quindi l’assenza di una questione inerente alla giurisdizione, non avendo i giudici amministrativi con le sentenze impugnate sostituito l’Autorità amministrativa nelle decisioni necessarie per fissare le quote di partecipazione al costo del servizio universale di telefonia fissa, ma avendo solo dettato criteri ermeneutici che impongono altri accertamenti di fatto mai in concreto effettuati dalla P.A. e ritenuti dai giudici amministrativi invece presupposti necessari al corretto esercizio della discrezionalità in sede amministrativa.

3.4. Inammissibile è anche il secondo motivo dei ricorsi riuniti, che deduce un preteso contrasto con Direttive della Comunità europea delle decisioni del giudice amministrativo, senza precisare quali siano tali provvedimenti della CE e quale corretta interpretazione di essi abbia dato l’A.G. Com. con il provvedimento annullato dal Consiglio di Stato, censurando per tale profilo un error in iudicando irrilevante in questa sede per la stessa ragione già esplicata in rapporto al primo motivo di impugnazione.

4. Per il principio di soccombenza, la ricorrente e in solido con essa i controricorrenti A.G.Com. e Ministero delle finanze, che hanno aderito ai ricorsi riuniti in questa sede, dovranno rimborsare alla controricorrente Omnitel le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi riuniti, e condanna Telecom Italia s.p.a., l’Autorità Garante per le comunicazioni e il Ministero dello sviluppo economico a pagare in solido alla Vodafone Omnitel N.V. le spese dei presenti giudizi di cassazione, che liquida in Euro 25.200,00 (venticinquemiladuecento/00), di cui Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2011

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