Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13905 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 20/05/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 20/05/2021), n.13905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2072-2020 proposto da:

B.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MICHELE CAROTTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, SEZIONE DI

VICENZA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. 10257/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato

il 27/11/2019 R.G.N. 11143/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso proposto da B.M., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

1.2. dal decreto si evince che il richiedente ha motivato l’allontanamento dal paese di origine con il fatto di essere stato oggetto di violenze e persecuzioni nel villaggio natale scaturite dalla relazione omosessuale da lui intrattenuta con il vice sindaco del paese; in particolare, ha riferito che il padre e il fratello, appreso della cosa, sorprendendolo nel sonno, lo avevano legato e picchiato giurando di ucciderlo il giorno successivo; la madre, venuta a sapere dell’accaduto lo aveva liberato dandogli i soldi necessari per l’espatrio;

1.3. il Tribunale ha ritenuto attendibile il racconto del richiedente limitatamente alla zona di provenienza (distretto di (OMISSIS)) ed alla condizione personale e sociale (modesta estrazione sociale, composizione della famiglia) e non credibile quanto alle ragioni dell’allontanamento legate al suo orientamento sessuale; tanto sia per le divergenti versioni rese in sede amministrativa e in sede giudiziale circa il modo in cui i genitori avrebbero appreso della relazione omosessuale sia per la presenza nel racconto di ulteriori imprecisioni e contraddizioni, sia per la narrazione semplicistica e stereotipata della scoperta dell’omosessualità; ha quindi ritenuto: a) quanto allo status di rifugiato che era da escludere il rischio di atti persecutori; b) quanto alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) che la non credibilità del racconto escludeva in radice la configurabilità delle situazioni di pericolo delineate da tali ipotesi; c) quanto all’ipotesi di cui all’art. 14 cit., lett. C le fonti consultate escludevano nel distretto di (OMISSIS), un conflitto armato interno – pur nell’ampia accezione indicata dalla giurisprudenza – tale da creare una situazione di indiscriminata violenza; d) quanto alla protezione umanitaria, la documentazione prodotta non era idonea ad attestare un effettivo radicamento in Italia e tale carenza di allegazione e prova, in uno con la scarsa verosimiglianza della vicenda riferita, giustificava il rigetto della domanda di protezione umanitaria;

2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso B.M. sulla base di quattro motivi; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo parte ricorrente deduce: nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente in violazione del disposto dell’art. 132 c.p.c., comma 4, e dell’art. 118 disp att. c.p.c. e nullità del procedimento, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11 all’art. 50 bis c.p.c. e all’art. 16 Direttiva n. 32/2013 UE per avere il Tribunale delegato ad un Giudice Onorario non parte del Collegio giudicante, l’esame del ricorrente, venendo così meno alla necessaria, diretta percezione e vicinanza agli elementi essenziali del racconto, imprescindibili per la decisione.

2. con il secondo motivo deduce nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente, in violazione del disposto dell’art. 132 c.p.c., comma 4, e dell’art. 118 disp att. c.p.c. e nullità del procedimento nonchè omesso esame circa un fatto decisivo, in relazione all’art. 116 c.p.c., comma 1, e al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 per avere il giudice violato i canoni di interpretazione degli elementi istruttori nonchè per avere omesso l’esame di un fatto decisivo;

3. con il terzo motivo deduce nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente, in violazione del disposto dell’art. 132 c.p.c., comma 4, e dell’art. 118 disp att. c.p.c. e nullità del procedimento, in relazione all’art. 115 c.p.c. e al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1 e art. 14 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 per avere il Tribunale omesso di applicare l’art. 14, lett. b) e c) in violazione dei criteri legali di valutazione degli elementi di prova con riferimento alla credibilità intrinseca del ricorrente;

4. con il quarto motivo deduce nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente, in violazione del disposto dell’art. 132 c.p.c., comma 4, e dell’art. 118 disp att. c.p.c. e nullità del procedimento, nonchè omesso esame di un fatto decisivo in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29, al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 bis per non avere il Tribunale valutato la vulnerabilità in relazione alla condizione di vita del ricorrente allegata al giudizio e per omesso esame di un fatto decisivo; lamenta inoltre la inadeguata valutazione della documentazione destinata a dimostrare la avvenuta integrazione in Italia e della condizione si vulnerabilità scaturente dalla giovane età del richiedente e dal vissuto successivo alla partenza in (OMISSIS);

5. il primo motivo di ricorso è inammissibile non avendo parte ricorrente, mediante l’adeguata esposizione del fatto processuale (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), corredata dalla trascrizione o esposizione per riassunto degli atti di pertinenza (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), dimostrato, in conformità del parametro dell’autosufficienza, che l’audizione del ricorrente era stata effettuata da un giudice onorario, non facente parte del Collegio, circostanza quest’ultima non emergente dalla decisione impugnata;

5.1. tanto assorbe la necessità di esame della censura che denunzia apparenza di motivazione, in quanto doglianza strettamente connessa alla prospettazione della necessità della audizione diretta del richiedente da parte del Collegio giudicante e alla prospettazione della inidoneità del verbale di audizione a consentire la ricostruzione del percorso seguito dal verbalizzante nel dirigere l’udienza;

6. il secondo motivo di ricorso è fondato. In base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte, la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere affidata alla mera opinione del giudice ma deve essere il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiere non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e tenendo conto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui all’art. 5, comma 3, lett. c) D.Lgs. cit.), senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto (Cass. n. 2956/2020, n. 19716/2018n. 26921/2017). invero, solo sulla base di un esame effettuato nel modo anzidetto, le dichiarazioni del richiedente possono essere considerate inattendibili e come tali non meritevoli di approfondimento istruttorio officioso, salvo restando che ciò vale soltanto per il racconto che concerne la vicenda personale dei richiedente, che può rilevare ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ma non per l’accertamento dei presupposti per la protezione sussidiaria di cui all’art. 14 cit., lett. c – la quale non è subordinata alla condizione che l’istante fornisca la prova di essere interessato in modo specifico nella violenza indiscriminata ivi contemplata, a motivo di elementi che riguardino la sua situazione personale – neppure può valere ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria in quanto il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente relativo alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, delle diverse circostanze che rilevano ai fini del riconoscimento della protezione 4 umanitaria (cfr. tra le altre, Cass. n. 2960/2020, n. 2956/2020, n. 10922/2019);

6.1. la valutazione – sulla sussistenza o meno della credibilità soggettiva – ove effettuata con il metodo indicato dalla specifica normativa attuativa di quella di origine UE e, quindi, in conformità della legge, può dare luogo ad un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, come tale censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (tra le tante: n. 3340/2019);

6.2. con specifico riferimento all’orientamento sessuale, è stato chiarito che l’appartenenza ad un determinato gruppo sociale, nella specie l’omosessualità, del richiedente protezione internazionale non può essere esclusa dal rilievo che le dichiarazioni della parte non ne forniscano la prova, dal momento che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 dispone che tali dichiarazioni, se coerenti con i requisiti di cui alle lett. da a) ad e) della norma, possono da sole essere considerate veritiere pur se non suffragate da prova, ove comparate con COI aggiornate, e la Corte di Giustizia (sentenza 25/1/2018 C473/16), alla luce dell’art. 13, par. 3, lettera a), della Direttiva 2005/85 e dell’art. 15, par. 3, lett. a), della Direttiva 2013/32, ha evidenziato che, in relazione all’omosessualità, il colloquio deve essere svolto da un intervistatore competente; che si deve tenere conto della situazione personale e generale in cui s’inseriscono le dichiarazioni, ed in particolare dell’orientamento sessuale; che la valutazione di credibilità non può fondarsi su nozioni stereotipate associate all’omosessualità ed in particolare sulla mancata risposta a domande relative a tali nozioni, quali quelle concernenti la conoscenza di associazioni per la difesa dei diritti degli omosessuali (Cass. 9815/2020);

6.3. la valutazione di non credibilità del narrato da parte del giudice del merito non è frutto della corretta applicazione delle richiamate indicazioni sia in quanto trascura di considerare che le contraddittorietà rilevate nel racconto in sede amministrativa e giudiziale attengono a profili marginali che non intaccano il nucleo, comunque ribadito, delle ragioni di allontanamento dal paese di origine, rappresentato dal timore per le gravi minacce provenienti dal nucleo familiare e dalla comunità di appartenenza a cagione della omosessualità, sia perchè, laddove richiama il carattere semplicistico della narrazione e la scarsa verosimiglianza del racconto relativo alla scoperta della omosessualità e della vita sentimentale, mostra di far discendere la valutazione di credibilità da considerazioni di natura prettamente soggettiva, condizionate dall’adesione o meno delle dichiarazioni rese ad un determinato ipotetico e stereotipato modello del vissuto omosessuale;

6.4. infine, è mancata la verifica delle dichiarazioni del richiedente alla luce di COI specifiche destinate ad illuminare sulla condizione degli omosessuali nel paese di origine e sul livello di accettazione o meno di tale condizione;

7. in base alle considerazioni che precedono si impone l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, per una rivalutazione alla luce dei principi sopra richiamati, e la cassazione con rinvio della decisione, assorbiti il terzo ed il quarto motivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo, assorbiti gli altri. Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

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