Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13903 del 07/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/07/2016, (ud. 17/12/2015, dep. 07/07/2016), n.13903

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10165-2014 proposto da:

STUDIO VALCANNETO SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FARNESINA 5,

presso lo studio dell’avvocato FABIO D’AMATO, che lo rappresenta e

difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

F.G.R., V.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6823/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

21/10/2013, depositata il 16/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/12/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE PINTO, per delega allegata al verbale

dell’Avvocato D’AMATO, che chiede l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Lo Studio Valcanneto srl, con atto di citazione del 14 gennaio 2013, conveniva in giudizio F.G.R. ed esponeva: di svolgere attività di mediazione immobiliare e che in detto ambito aveva ricevuto da V.A. l’incarico di mediare la vendita di un appartamento di sua proprietà;

che l’immobile era stato visionato dal convenuto, che lo aveva trovato di suo gradimento ed aveva sottoscritto una proposta di acquisto impegnadosi a versare in caso di accettazione del promittente venditore l’importo di Euro 4.880,51, oltre Iva a titolo di remunerazione dell’attività di mediazione; dopo l’accettazione da parte della V.il F. era stato convocato presso gli uffici della società per la stipula del contratto preliminare; che il F. comunicava l’impossibilità di stipulare il contratto preliminare alla data prefissata la fine di risolvere la questione che era insorta, gli era stato comunicato che la venditrice era disposta a procrastinare la sottoscrizione del contratto; che il suo diritto al pagamento della provvigione che il F. si era impegnato a riconoscerle qualora la sua proposta di acquisto dell’immobile di proprietà della V. fosse stata dalla predetta accettata, era evidente; concludeva per la condanna del convenuto al pagamento della soma concordata oltre al risarcimento del danno da determinarsi in via equitativa.

Si costituiva F.G.R., il quale deduceva che si era recato presso l’agenzia Tecnocasa di (OMISSIS), palesando la sua intenzione di vendere un appartamento in Roma di sua proprietà e acquistarne uno in (OMISSIS); che nell’occasione gli era stato mostrato dall’esterno un appartamento sito nelle vicinanze e del quale l’agenzia stava curando la vendita e, successivamente, per il tramite della stessa agenzia aveva visionato detto immobile dall’interno; che in seguito aveva ricevuto offerta di acquisto del suo appartamento in (OMISSIS) e, dunque, si era recato in agenzia e aveva firmato una proposta di acquisto dell’immobile, che aveva visionato versando con assegno la somma di Euro 2.582,28 da corrispondere alla venditrice a titolo di caparra confirmatoria;

sennonchè, il giorno successivo era venuto a conoscenza che il soggetto che aveva sottoscritto la proposta di acquisto del suo appartamento in (OMISSIS) non versava in buone condizioni economiche, provveda ad informare l’agenzia di sospendere la sua proposta di acquisto e di ricercare altro soggetto disposto ad acquistare il suo immobile sito in (OMISSIS); ciò posto, contestava il diritto dell’agenzia alla provvigione, che gli aveva richiesto e assumeva di avere diritto alla restituzione della somma di Euro 2.582,22 da parte di V.A..

V.A. veniva citata in giudizio, ma non si costituiva.

Espletata la fase dell’istruzione il Tribunale di Roma, con sentenza n. 13423 del 2006, rigettava la domanda attrice/condannava la V. a restituire a F.G. la somma di Euro 2582,00, oltre interessi dalla domanda, condannava lo studio Val canneto al pagamento delle spese del giudizio.

Avverso questa sentenza interponeva appello lo Studio Valcanneto, chiedendo in via preliminare che venisse accertata la legittimazione ad agire della società Studio Valcanneto perchè regolarmente iscritta nell’albo dei soggetti abilitati ad eseguire l’attività di mediatore, riproponeva, altresì, le stesse domande già avanzate nel giudizio di primo grado, chiedeva la riforma integrale della sentenza impugnata. Si costituiva F.G.R., resistendo e chiedendo che venisse rigettato il gravame.

V.A. restava contumace.

La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 6823 del 2013, rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese del giudizio.

Secondo la Corte capitolina, i soggetti che avevano svolto attività di mediazione a vantaggio di F., impegnativa nei confronti della società, non risultavano iscritti all’albo dei soggetti abilitati a svolgere attività di mediazione e come tale, ai sensi della L. n. 39 del 1989, non sussistevano i requisiti per il riconoscimento del diritto alla provvigione oggetto della domanda attrice.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Studio Valcanneto srl con ricorso affidato a tre motivi. F. e V. in questa fase non hanno svolto alcuna attività giudiziale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo la società Studio Valcanneto lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. e art. 115 c.p.c. (nella previgente formulazione) ove la sentenza impugnata afferma che la società appellante non abbia contestato gli assunti del sig. F., sull’effettuazione di atti a rilevanza esterna da parte di collaboratori della società non iscritti all’albo dei mediatori, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Secondo la ricorrente la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritenere che l’attività di mediazione per il sig. F. sia stata espletata da ausiliari della società richiamando impropriamente un principio “di non contestazione” introdotto nel codice di procedura civile esattamente sei anni dopo l’introduzione del giudizio di merito. In particolare la ricorrente specifica di aver costantemente contestato che l’attività di mediazione di cui si dice fosse stata espletata da soggetti diversi dalla Società e dal suo legale rappresentante.

Sicchè a fronte di questa contestazione era onere del resistente provare e dedurre che l’attività di mediazione aveva coinvolto altri soggetti i quali avrebbero effettuato attività con rilevanza esterna, come erroneamente dedotto dal Giudice del merito. E di più, non solo l’onere della prova di cui si è appena detto gravava sull’attuale resistente, ma la Corte distrettuale non avrebbe potuto, comunque, fondare la sua decisione, ritenere, cioè, che l’attività di mediazione fosse stata effettuata da soggetti diversi dalla Società e dal suo legale rappresentante sulla base della “non contestazione” introdotto nel codice di procedura civile successivamente all’introduzione del giudizio di merito.

1.1.= Il motivo e infondato non solo o non tanto perchè si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione dei dati processuali non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione effettuata dal Giudice del merito non presenta vizi logici e/o giuridici, ma, e, soprattutto, perchè il ragionamento della Corte distrettuale è più ampio e più articolato di quanto la ricorrente ha indicato e solo in parte, per altro, neppure in maniera decisiva, è fondato sul principio della non contestazione. Infatti, la sentenza impugnata ha avuto modo di precisare che l’attività di mediazione posta in essere a vantaggio del F. risultava fosse stata espletata dagli ausiliari della società Lo Studio Valcanneto, non solo perchè “(…) la società appellante non aveva in alcun modo contestato che i suddetti atti (ci si riferisce agli atti posti in essere dagli ausiliari della società, M. e Fo.) di indubbia rilevanza esterna ed impegnativi della sfera giuridica dell’ente, siano stati posti in essere dai suddetti funzionari”, ma anche perchè “(….) la proposta di acquisto sottoscritta dal F., depositata in atti ed indicata dall’appellante quale prova documentale, già prodotta in giudizio di primo grado, attestante il numero di iscrizione della società e del B., quale amministratore della stessa, non risulta, per l’agenzia immobiliare, sottoscritta dal legale rappresentante della stessa, ossia il predetto sig. B., dovendosi pertanto, da un lato ritenere provato che in tale frangente l’attività mediatoria sia stata effettivamente posta in essere non già dal B., bensì dal Fo., come dedotto dal F. e dovendosi, d’altra parte ritenere del tutto irrilevante la documentazione prodotta dall’appellante in questo grado del giudizio attcstante l’iscrizione all’albo dei mediatori, tanto della società quanto del B.”.

Per altro, tale seconda circostanza non risulta, specificamente, censurata.

2.= Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 39 del 1989 ove afferma che la società appellante non abbia provato l’iscrizione all’albo degli agenti di collaboratori della società che avrebbero effettuato atti a rilevanza esterna da parte di collaboratori della società non iscritti all’albo dei mediatori, (art. 360 c.p.c., n. 3). Secondo la ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritenere necessaria la sussistenza dei requisiti di legge, ai fini del diritto alla provvigione, anche, per quei soggetti diversi dalla Società e dal suo legale rappresentante che, secondo la Corte distrettuale avevano compiuto atti di rilevanza esterna e impegnativi per la Società, perchè non avrebbe tenuto conto che le attività indicate e di cui si dice non erano attività a rilevanza esterna e comunque sarebbero stati compiuti da soggetti che svolgevano attività accessoria e strumentale alla mediazione ed in quanto tale esonerati dagli oneri di iscrizione all’albo dei mediatori.

2.1.= Il motivo è infondato.

Va qui premesso, come anche è stato evidenziato dalla Corte di appello di Roma, che gli ausiliari del mediatore o di una società di mediazione sono tenuti all’iscrizione nel ruolo solo quando essi risultino assegnati allo svolgimento di attività mediatizia in senso proprio, della quale compiono gli atti a rilevanza esterna, con efficacia nei confronti dei soggetti intermediati, e impegnativi per l’ente da cui dipendono; l’iscrizione non è, invece, richiesta per quei dipendenti che esplicano attività accessoria e strumentale a quella di vera e propria mediazione, in funzione di ausilio ai soggetti a ciò preposti (Cass. n. 1507 del 24/01/2007). Ora, nell’ipotesi in esame, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Corte distrettuale ha verificato che le attività imputate a Fo.Ma. e a Q.M. integravano gli estremi di una vera e propria attività di intermediazione immobiliare. D’altra parte, tenuto conto che l’agente immobiliare è un mediatore che si occupa dello scambio di beni immobili, prevalentemente lo scambio in compravendita o in locazione di abitazioni, di locali commerciali nuovi e/o usati e di terreni nonchè la cessione o l’affitto di aziende, non può non essere qualificato mediatore immobiliare il soggetto che fa sottoscrivere una proposta di acquisto o il soggetto che riceve la comunicazione di revoca di una precedente proposta di acquisto perchè, questi, sono atti esplicativi (ed identificativi) di una vera e propria attività di intermediazione. Come correttamente ha affermato la Corte distrettuale “(…) occorreva che la società appellante provasse, oltre all’iscrizione all’albo dei mediatori della società, altresì l’iscrizione dell’ausiliario Fo.Ma., che ha fatto sottoscrivere al F. la proposta di acquisto, nonchè dell’ausiliario Q.M., al quale il F. ha comunicato di voler revocare la precedente proposta di acquisto spiegandogliene le relative ragioni (….)”.

3.= Con il terzo motivo la rincorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Secondo la ricorrente, la Corte di appello sarebbe incorsa in un vizio di ultrapetizione in quanto, in assenza di alcun appello della controparte anche condizionato, avrebbe dedotto l’assenza di prova dell’iscrizione all’albo dei mediatori di una serie di soggetti indicati dal sig. F..

3.1.= Il motivo è infondato ed essenzialmente perchè il vizio denunciato è il frutto di una lettura superficiale della sentenza.

Come ha avuto modo di chiarire la Corte distrettuale il convenuto (attuale intimato sig. F.) in comparsa di costituzione e di risposta (in appello) aveva eccepito non solo la mancanza dei requisiti di cui alla L. n. 39 del 1989 ma aveva, altresì, dedotto in fatto che l’attività di intermediazione era stata svolta da Fo.Ma. e da Q.M.. Sicchè è coerente con quanto eccepito dall’appellato (la mancata sussistenza del requisiti di cui alla L. n. 39 del 1989 in capo agli intermediari) l’affermazione della Corte distrettuale secondo cui i requisiti di cui alla L. n. 39 del 1989 andavano accertati non tanto con riferimento alla Società e al suo legale rappresentante ma quanto con riferimento ai soggetti che concretamente avevano svolto attività di mediazione.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere al regolamento delle spese, dato che la V. e F., intimati, in questa fase non ha svolto alcuna attività giudiziale.

Il Collegio, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; dichiara la sussistenza delle condizioni per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte di cassazione, il 17 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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