Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1390 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. III, 22/01/2021, (ud. 16/09/2020, dep. 22/01/2021), n.1390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 6048-2019 proposto da:

V.M.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIEGI

44, presso lo studio dell’avvocato PAOLA MORESCHINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato MAURIZIO TRASATTI;

– ricorrenti –

contro

M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BAIAMONTI

10, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA MANENTE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNA FAVA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2017/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 25/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

V.M.T. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Reggio Emilia, M.L. deducendo di essere stata sposata in regime di comunione dei beni e di avere contribuito con somme provenienti da un conto cointestato con il coniuge alla ristrutturazione e sopraelevazione di un immobile di proprietà esclusiva del marito, assegnato all’attrice in sede di separazione e, poi, di divorzio. Si costituiva il convenuto chiedendo il rigetto delle domande, deducendo di avere sopportato i costi di ristrutturazione dell’immobile con denaro proprio e con quello dei propri genitori e spiegando domanda riconvenzionale per la condanna della attrice alla restituzione del 50% delle somme da questa a suo tempo prelevate dal conto corrente comune, per contribuire all’acquisto di una differente immobile;

il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza del 29 maggio 2013, accoglieva parzialmente la domanda condannando M. al pagamento in favore della V. della somma di Euro 16.196,72, oltre interessi dal dicembre 1999 e rigettando la domanda riconvenzionale. Secondo il Tribunale, al coniuge non proprietario che abbia contribuito alla costruzione di un immobile di proprietà esclusiva dell’altro, spetta il diritto di ripetere le spese sostenute a tal fine. Pertanto, determinava il costo dei lavori eseguiti e riconosceva l’apporto dei genitori di M. nella ristrutturazione, oltre che il contributo personale di quest’ultimo;

avverso tale decisione proponeva appello M.L. chiedendo il rigetto della domanda originaria, non avendo la V. dimostrato quali somme personali della stessa sarebbero state utilizzate per la ristrutturazione e sopraelevazione dell’immobile. Si costituiva quest’ultima chiedendo il rigetto dell’impugnazione e spiegando appello incidentale al fine di ottenere l’ulteriore somma di Euro 8000 circa;

la Corte d’Appello di Bologna con sentenza del 25 luglio 2018, per quello che interessa in questa sede, rigettava l’appello incidentale rilevando che, sebbene le voci di spesa richieste dalla V. dovevano ritenersi provate, in quanto non contestate, le stesse sarebbero già state conteggiate dal Tribunale, che si era limitato ad escludere voci di costo differenti. Nello stesso modo, la prova testimoniale avrebbe dimostrato l’impiego dell’importo di Lire 140 milioni da parte di M. per la ristrutturazione e sopraelevazione, mentre la documentazione contabile relativa all’estratto conto dei coniugi non consentirebbe di ritenere fondata la tesi della V., quanto piuttosto quella del conferimento di somme alla comunione legale tra i coniugi, non destinate alle opere di ristrutturazione del citato immobile;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione V.M.T. affidandosi a nove motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso M.L..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 115 e 116 c.p.c. e artt. 2722 e 2729 c.c. con riferimento alla argomentazione della Corte secondo cui gli atti difensivi dell’appellante M. non dimostrerebbero che il ricavato della cessione del (OMISSIS) non era confluito sul conto corrente comune ai coniugi. Al contrario, siffatta affermazione sarebbe contenuta nella memoria di replica di primo grado (“il fatto che tali somme non siano confluite sul conto corrente comune ai coniugi non rileva ai fini della causa, esse rimangono personali e legittimamente il M. ha utilizzato il conto corrente comune per operare le opportune compensazioni”);

con il secondo motivo si lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 116 c.p.c. e mancata applicazione degli artt. 2712-2719 c.c. con riferimento alle somme ricevute per la cessione del citato Bar. In presenza di una prova legale, costituita dagli estratti conto prodotti, il giudice di merito non avrebbe potuto valutare liberamente le risultanze e ciò in quanto in nessuno dei 14 estratti conto prodotti comparirebbero versamenti riferibili alle rate previste nel contratto di cessione di azienda;

con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio. In particolare, la Corte non avrebbe considerato che l’incremento dei saldi dei vari estratti conto bancari prodotti doveva ricondursi a circostanze diverse dai versamenti di somme provenienti dalla vendita del (OMISSIS) e, in particolare, dai versamenti di emolumenti che i coniugi ricevevano mensilmente su quel conto corrente comune, oltre al rimborso di investimenti per decine di migliaia di Lire;

con il quarto motivo si lamenta la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 2697 e 1298 c.c. e artt. 113 e 115 c.p.c. per avere posto a carico della V. l’onere di provare che M. non aveva versato sul conto corrente comune le somme ricevute per la cessione delle quote del (OMISSIS). Secondo la Corte territoriale la parziale produzione degli estratti conto da parte della V. non consentirebbe di escludere che i versamenti rateali, quale corrispettivo della cessione delle quote (del (OMISSIS)), “non siano avvenuti sul conto corrente contestato”;

con il quinto motivo si lamenta la violazione degli artt. 113 e 116 c.p.c. e artt. 2697 e 1298 c.c. oltrechè artt. 2712 e 2719 c.c. per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto confluita sul conto corrente comune la somma di Lire 140 milioni, ricevuta da M. per la vendita di un immobile in (OMISSIS). Le testimonianze sulle quali si fonda la decisione dei giudici di merito sarebbero inattendibili, perchè provenienti da familiari e non dimostrerebbero che l’importo indicato confluì sul conto corrente comune;

con il sesto motivo si lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 per vizio di motivazione. La decisione presenterebbe un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili poichè la Corte, da un lato, ritiene provata l’attribuzione dell’importo di Lire 140 milioni al M., mentre dall’altro, sostiene che sul conto comune sarebbero confluite solo somme in acconto;

con il settimo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 relativamente al contributo personale della V. alle spese di ristrutturazione per l’importo di Euro 3.115 derivanti dalla cessione del quinto dello stipendio del mese di marzo 1989;

con l’ottavo motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo relativo alla mancata considerazione del contributo della V., costituito dal finanziamento di Euro 15.659 versato sul conto corrente cointestato;

con il nono motivo si lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. per mancata esposizione delle ragioni di diritto poste a base della decisione. La Corte si sarebbe discostata dal solido apparato probatorio costituito dagli estratti conto prodotto dall’odierna ricorrente e non contestati, sostenendo che le somme provenienti dalla cessione delle quote del (OMISSIS) “vanno imputate alle somme effettivamente spese per la ristrutturazione dell’immobile” oggetto di causa;

questa Corte ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, artt. 62 e segg. convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 – nella parte in cui istituiscono i giudici ausiliari d’appello e prevedono l’assegnazione di tali giudici onorari all’esercizio di funzioni giurisdizionali in organi collegiali – per contrasto con l’art. 106 Cost., comma 2 (“La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.”) e art. 102 Cost. (Terza Sezione civile, ordinanze interlocutorie n. 32032 del 9 dicembre 2019, Pres. A. Amendola, est. S. Olivieri, e n. 32033 del 9 dicembre 2019, Pres. A. Amendola, est. C. Graziosi);

la Corte di Appello di Bologna, nell’udienza in cui la causa è stata spedita a sentenza, risultava composta con l’ausilio di un giudice aggregato, il quale ha, altresì, redatto la motivazione della sentenza;

ritenuto, pertanto, opportuno che la causa sa rinviata a nuovo ruolo in attesa della risoluzione della prospettata questione di legittimità costituzionale.

PQM

rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

 

 

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