Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 139 del 05/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 05/01/2017, (ud. 23/09/2016, dep.05/01/2017),  n. 139

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11001-2015 proposto da:

CODELFA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DURAZZO 9 presso

lo studio dell’avvocato AUGUSTO PIZZOFERRATO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MARCO BALOSSINO;

– ricorrente –

contro

NARDELLI SRL IN LIQ., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AREZZO,

30 SC.B/INT.10 presso lo studio dell’avvocato GIACOMO MERLO che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2318/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 31/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato PIZZOFERRATO Augusto, difensore del ricorrente che

ha chiesto che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MERLO Giacomo, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’inammissibilità ex

artt. 369 e 366 c.p.c.; condanna aggravata alle spese; statuizione

contributo unificato.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

La società Nardelli conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Tortona la Codelfa S.p.a. in forza del contratto, intervenuto con tale ultima, il 18.10.2004 (seguito da una integrazione), con il quale le veniva affidato in subappalto lo scavo ed il movimento terra, nonchè la fornitura di terra vegetale, necessari per la costruzione di un villaggio universitario, la cui realizzazione era stata affidata alla società convenuta.

La società attrice deduceva, in particolare, di aver effettuato anche attività non prevista in contratto quale uno scavo in roccia e di aver ancora diritto alla corresponsione della differenza fra la somma di Euro 917.914,06, risultante dalla propria contabilità finale, ed il pagamento ricevuto della minor somma di Euro 679.254,06.

La società convenuta contestava l’avversa domanda, di cui chiedeva il rigetto, e chiedeva – in via riconvenzionale – la condanna al risarcimento dei danni dell’attrice per aver essa fornito, come da risultanze di analisi geologica, materiale di rifiuto diverso dalla pattuita terra vegetale da rifornire.

Con sentenza del 1 febbraio 2012 l’adito Tribunale di prima istanza accertava la somma per cui era tenuto, per danni, al pagamento la società convenuta come quella minore e quella – invece – maggiore viceversa dovuta dall’attrice e, previa compensazione giudiziale, condannava la Codelfa al pagamento in favore della società attrice della somma di Euro 296.023, 35, oltre Iva ed interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002, nonchè delle spese di lite e CTU.

Avverso la succitata decisione del Tribunale di prima istanza la Codelfa interponeva appello, resistito dall’originaria società attrice, la quale ultima interponeva – a sua volta appello incidentale.

L’adita Corte di Appello di Torino, con sentenza n. 2318/2014, rigettava entrambi i proposti appelli, compensando parzialmente le spese di lite poste – per il resto – a carico della Codelfa.

Per la cassazione della succitata decisione della Corte distrettuale ricorre la Codelfa con atto affidato a quattro ordini di motivi e resistito dalla parte intimata con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. – La Corte, in primo luogo, deve affrontare la questione, sollevata dal P.G., relativa alla inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., per mancata produzione della copia notifica della sentenza impugnata.

La dedotta eccezione non può essere accolta in quanto agli atti è risulta allegata copia della sentenza impugnata notificata, dal difensore (in data 23 febbraio 2015 alle ore 17.38, a mezzo P.E.C.), ai sensi della L. n. 53 del 1994 e succ. modif..

2.- Con il primo motivo si censura la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per l’omesso esame di un fatto decisivo pèr il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ovvero, nella specie, le produzioni documentali (da 21 a 46 di Nardelli) dalle quali si evincerebbe la “predominanza del valore nolo sulla prestazione lavorativa”.

Il motivo tende, inammissibilmente, ad una rivalutazione in questa sede di valutazioni. relativi, al fatto e già correttamente svolte dalla Corte distrettuale con condivisa motivazione sorretta da argomentazioni logiche immuni da vizi.

Il Giudice di secondo grado, con l’impugnata sentenza, ha svolto la sua valutazione merito.

Nè, nello svolgere tale compito, era necessaria la citazione specifica di tutte le risultanze documentali esaminate.

Infatti “è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso, migliore e più appagante coordinamento dei fatti acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata.

In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione” (Cass. civ., 26 marzo 2010, n. 7394).

Per di più e conclusivamente va riaffermato il principio per cui “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga una totale obliterazione di elementi” (Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148), ipotesi non ricorrente nella fattispecie.

Nè, d’altra parte, “il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 può equivalere e risolversi nella revisione del “ragionamento decisorio” (Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 no novembre 2013, n. 25608).

Il motivo è, quindi, inammissibile.

3.- Con il secondo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della L. n. 55 del 1990, art. 18.

Col motivo qui in esame si ripropone, nella sostanza, la questione della qualificazione del contratto inter partes come nolo a caldo o come subappalto.

La questione stessa risulta essere già stata affrontata correttamente dalla Corte di Appello.

Quest’ultima ha ritenuto prevalente l’attività lavorativa (non sussidiaria e strumentale rispetto al nolo mezzi).

Inoltre nella stessa motivazione della decisione gravata si è dato logicamente conto (sviluppando la linea argomentativa della sentenza del Giudice di prime cure) che “le parti avevano concluso un contratto di subappalto anche per gli scavi in roccia, pur avendo conferito alla stipulazione un diverso nomen juris”. La stessa invocata violazione della L. n. 55 del 1990, oltre che costituire un parametro normativo di riferimento improprio (essendo quella normativa riguardante l’appalto di opere pubbliche ed limite entro cui è per quel tipo di appalto consentito il subappalto) costituisce senza dubbio una questione nuova risultante, anche in difetto di ogni altra dovuta opportuna allegazione, come sollevata solo innanzi a questa Corte.

Il motivo è, quindi, inammissibile.

4.- Con il terzo motivo si denuncia il travisamento dei fatti e la manifesta irragionevolezza.

Il motivo, comunque riferito ad una valutazione in fatto ed articolato in modo generico, attiene – nella sostanza – alla attribuzione della responsabilità per il 40% a Codelfa in relazione alla fornitura di terra non vegetale (la perizia geologica aveva comunque acclarato che dei 5mila mc. di terra solo 2mila provenivano dal reimpiego degli scavi del cantiere sui quali la Codelfa doveva vigilare).

Vertendo, in ogni caso, in tema di valutazione di profili meritali il motivo qui in esame deve ritenersi del tutto inammissibile.

5.- Con il quarto motivo del ricorso si deduce la nullità per difetto di legittimazione del commissario liquidatore ed omessa pronunzia su eccezione.

Il motivo non può essere accolto.

La Corte territoriale, con la sentenza oggi impugnata, ha implicitamente rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione de quo.

Per di più l’odierna parte ricorrente non ha svolto la suddetta eccezione nella prima difesa dalla stessa svolta, di guisa che anche nel giudizio di secondo grado la riproposta eccezione non poteva che ritenersi tardiva ed inammissibile.

La medesima eccezione è, comunque, infondata in quanto risulta che con decreto del Tribunale di Trento del 3.3.2011, in sede di omologa del concordato preventivo Nardelli S.r.l. in liquidazione, veniva affidato al commissario giudiziale l’attività di liquidazione anche per quanto riguardante “l’incasso dei crediti ed il successivo riparto”.

Il motivo deve, dunque, essere respinto.

6.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso deve essere rigettato.

7.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2017

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