Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13899 del 20/05/2021
Cassazione civile sez. I, 20/05/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 20/05/2021), n.13899
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17179/2020 proposto da:
M.A., elettivamente domiciliato in Isernia, via XXIV Maggio n.
33, presso lo studio dell’avv. P. Sassi, che lo rappresenta e
difende, come da procura in atti.
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, (OMISSIS);
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il
08/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
25/02/2021 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Campobasso ha respinto il ricorso proposto da M.A. cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come “rifugiato” che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.
Il ricorrente ha riferito che il padre aveva chiesto un prestito allo zio e a garanzia aveva consegnato i documenti della casa. Successivamente, il padre aveva ripagato il debito ma lo zio, dopo la sua morte, si era rifiutato di restituire i documenti e si era impossessato della casa e del terreno. Il ricorrente era andato, allora, a lavorare in Arabia per costruire una nuova casa per la sua famiglia, ma lo zio si era opposto ed aveva minacciato di morte e picchiato il ricorrente. Il ricorrente era, quindi, partito anche per trovare un lavoro e per mantenere la famiglia. A supporto della decisione di rigetto, il tribunale ha reputato che dalla narrazione non emergevano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, in quanto dalla narrazione non erano emerse situazioni di persecuzione, così come elencate nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7. Il tribunale ha rilevato, inoltre, la mancata allegazione da parte del ricorrente di conflitti armati in Bangladesh, che peraltro escludeva. Il tribunale non ha ravvisato, infine, la ricorrenza di gravi motivi di carattere umanitario.
Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, perchè il tribunale ha esaminato la situazione generale del paese di provenienza del ricorrente senza citare alcuna fonte informativa; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 14 e art. 27, comma 1 bis, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1, lett. e) e g), artt. 3, 14, art. 16, comma 1 lett. b) e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente e della situazione esistente in Bangladesh; (iii) sotto un terzo profilo, per omessa pronuncia sulla domanda di protezione umanitaria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28 ter, perchè ai fini della revoca del gratuito patrocinio, aveva dichiarato la domanda manifestamente infondata.
Il primo motivo è inammissibile, per difetto d’interesse, in quanto il ricorrente non censura l’ulteriore ratio del decreto impugnato secondo cui lo stesso non aveva prospettato “alcun riferimento a conflitti armati nella sua zona di origine”: ulteriore ratio decidendi (mancata allegazione, da parte del medesimo, circa la sussistenza nel Paese di provenienza di una situazione di violenza indiscriminata assimilabile ad un conflitto armato interno, cui fa riferimento il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) che si mostra idonea a sorreggere autonomamente la statuizione di rigetto impugnata (cfr. ex multis: Cass. n. 11312/19; n. 13879/19).
Il secondo motivo è inammissibile, perchè solleva censure di merito sulla valutazione espressa dal tribunale, circa la situazione personale del ricorrente, censura formulata in termini di mero dissenso e in ordine a un giudizio di non credibilità (cfr. p. 9 del ricorso) che non risulta espresso dal tribunale.
Il terzo motivo è infondato, in quanto il tribunale ha provveduto sulla richiesta di protezione umanitaria, ritenendo insussistenti le ragioni di vulnerabilità ed esponendo le ragioni di tale convincimento, non specificamente censurate in ricorso.
Il quarto motivo è inammissibile, perchè la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con il provvedimento che definisce il giudizio, anzichè con separato decreto, come previsto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 dello stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza o comunque con il provvedimento che definisce il giudizio, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 del D.P.R. citato (Cass. 29228/2017, 3028/2018, in fattispecie relative a revoca disposta con la sentenza di appello, 10487/20, 16117/20).
La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021