Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13894 del 31/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13894 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 15130-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
SCANDIFFIO GIOVANNI SCNGNN47R16F052Z, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA JACOPONE DA TODI 25, presso lo
studio dell’avvocato VINCIA ONDATO, rappresentato e difeso
dall’avvocato PETRARA GRAZIANTONIO, giusta mandato a
margine del controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 31/05/2013

avverso la sentenza n. 56/02/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di POTENZA del 21.4.2010, depositata il 30/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/04/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.

CENICCOLA.

Ric. 2011 n. 15130 sez. MT – ud. 17-04-2013
-2-

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva
La CTR di Potenza ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n.65101/2007 della CTP di Matera che aveva accolto il ricorso proposto
dalla parte contribuente Scandiffio Giovanni, in qualità di socio della “Scandiffo
Macchine Agricole srl” (in liquidazione)- ed ha così annullato il diniego di rimborso
IVA relativa all’anno 1993 del quale lo Scanmdiffìo (siccome cessionario da parte
della società) aveva formulato istanza ai sensi dell art.30 del DPR n.633/1972, sul
presupposto della intervenuta cessazione dell’attività, istanza che l’Amministrazione
aveva disatteso per non essere stato il relativo credito annotato nel bilancio finale di
liquidazione.
La predetta CTR ha motivato la decisione rilevando che nella relazione del
liquidatore era stato menzionato il credito d’imposta in questione nonché la relativa
distribuzione ai soci. Rientrando tale nota (unitamente allo stato patrimoniale ed al
conto economico) tra gli elementi essenziali del bilancio finale di liquidazione, la
semplice menzione nella stessa del credito d’imposta vantato attribuiva al
contribuente il diritto al rimborso.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La parte contribuente si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore – può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell’art.5 del
DM 26.2.1992, in combinato disposto con gli art.2423 e 2428 cod civ) la ricorrente

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letti gli atti depositati

Agenzia si duole della violazione del principio (fissato nel predetto DM) dell’onere di
appostazione nel bilancio finale del credito vantato per imposte, principio posto a
presidio della conoscenza da parte dei terzi creditori insoddisfatti dell’esistenza di
poste patrimoniali attive, nel mentre la nota integrativa e la relazione sulla gestione
non solo sono documenti differenti che contengono notizie ed informazioni attinenti a

bilancio di esercizio.
Si tratta di censura che trova contrasto e smentita nella giurisprudenza di questa Corte
(Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3530 del 17/02/2006; da ultimo Cass. sentenza 28.6.2012
n.10808) alla quale appare corretto dare continuità, secondo la quale:” In tema di
IVA, il credito di una società posta in liquidazione, relativo al rimborso dell’imposta
richiesto, a norma dell’art. 30 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, all’atto della
dichiarazione IVA dell’ultimo anno di attività, non è condizionato all’esposizione del
credito stesso nel bilancio finale della società (nella specie assente, per essere stato
quel credito ceduto), in quanto l’efficacia probatoria dei libri sociali, derivante dalla
normativa pubblicistica, attiene ai rapporti di debito e credito inerenti all’esercizio
dell’impresa, mentre la contabilità IVA, pur non avendo alcuna efficacia probatoria in
tali rapporti, documenta comunque il debito fiscale, rendendone possibile il controllo
da parte dell’amministrazione finanziaria”.
Con il secondo ed il terzo motivo di impugnazione (entrambi centrati sul vizio di
motivazione, nel primo caso per insufficienza e nel secondo caso per illogicità) la
ricorrente Agenzia si duole sia del fatto che il giudicante abbia affermato che nella
relazione del liquidatore era stato evidenziato il credito IVA (mentre in realtà la
relazione conteneva il generico riferimento ad una cessione di credito non specificata
nel suo ammontare né con riferimento all’annualità di imputazione) ed inoltre si
duole del fatto che il giudice abbia illogicamente ritenuto che l’Amministrazione
debba riconoscere un rimborso d’imposta di cui non conosce né l’entità né il periodo
di riferimento.

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diversi momenti e situazioni societarie, ma soprattutto non fanno parte integrante del

I soprariassunti motivi di ricorso appaiono inammissibili per difetto della decisività
del fatto controverso.
Ed infatti, come dianzi si è rilevato, l’aspetto documentale rilevante ai fini della
spettanza del rimborso di cui trattasi consiste nella contabilità IVA (di cui la parte qui
ricorrente non ha contestato né l’esistenza né la corrispondenza al credito vantato),

posizioni creditorie nei libri sociali e nella documentazione ad essi afferente.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità e manifesta infondatezza.
Roma, 25 novembre 2012.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite
di questo grado, liquidate in € 2.500,00 oltre accessori di legge ed oltre € 100,00 per
esborsi.
Così deciso in Roma il 17 aprile 2013.

sicchè appare qui irrilevante la tematica afferente la corretta esposizione delle

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