Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13892 del 07/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 07/07/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 07/07/2016), n.13892
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1899-2015 proposto da:
B&B DI B.M. & CO SAS, elettivamente domiciliata in
ROMA,
VIA GIOSUE’ BORSI 4, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA
SCAFARELLI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
LEONARDO RAVERA, MAZZEO LUCA HEROS, PATRICK DELUEG;
– ricorrente –
contro
COMUNE BRESSANONE, elettivamente domiciliato VIA CAVOUR 325, presso
BROCCO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA
DE NIGRO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 50/2013 del TRIBUNALE DI BOLZANO SEDE
DISTACCATA DI BRESSANONE, depositata l’11/06/2013;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/05/2016 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI;
udito l’Avvocato ROBERTO BROCCO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che con sentenza in data 11 giugno 2013, il Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Bressanone, respingeva, perchè infondata, la domanda di risoluzione contrattuale proposta dalla B&B s.a.s. di B.M. & Co nei confronti del Comune di Bressanone, e condannava la società attrice al pagamento delle spese di lite sostenute dal convenuto;
che la Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con ordinanza in data 11 giugno 2014, comunicata a mezzo pec in data 23 giugno 2014, ha dichiarato inammissibile ex art. 348-bis c.p.c. l’appello della società, avendo rilevato che i motivi di gravame non appaiono avere una ragionevole probabilità di accoglimento;
che avverso la sentenza del Tribunale, la B&B s.a.s. di B. M. & Co ha proposto ricorso, con atto notificato il 23 gennaio 2015;
che il Comune ha resistito con controricorso;
che il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio sulla base della seguente proposta di definizione:
“Il ricorso appare inammissibile per tardività.
Ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., il termine per il ricorso per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione (o notificazione, se anteriore) dell’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello.
Nella specie, a fronte della comunicazione dell’ordinanza avvenuta il 23 giugno 2014 a mezzo pec, il ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale è stato proposto soltanto il 23 gennaio 2015, una volta scaduto il termine di sessanta giorni decorrente dal 23 giugno 2014”.
Letta la memoria di parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis c.p.c.;
che i rilievi critici contenuti nella memoria di parte ricorrente non colgono nel segno;
che, infatti, questa Corte, a Sezioni Unite (sentenza 15 dicembre 2015, n. 25208), ha già statuito che, ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., è idonea la comunicazione dell’ordinanza, sicchè la Corte di cassazione, qualora verifichi che il termine stesso è scaduto in rapporto all’avvenuta comunicazione, dichiara inammissibile il ricorso;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;
che poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 1.700, di cui Euro 1.500 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta civile – 2, il 26 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016