Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13889 del 23/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 23/06/2011), n.13889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7344/2010 proposto da:

G.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato DEL VECCHIO

ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GRUPPO GPA SPA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PREVESA 11, presso lo studio

dell’avvocato SIGILLO’ ANTONIO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALFREDO TOCCHI, giusta procura ad litem in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 326 8/2 00 9 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

21/07/09, depositata l’01/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato Del Vecchio Andrea, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARMELO SGROI che concorda

con la relazione.

La Corte:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

– Il 21 marzo 2011 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

1.- Con sentenza n. 3268/2009, depositata il 1 settembre 2009, la Corte di appello di Roma, ha confermato il rigetto – disposto dalla sentenza emessa in primo grado – della domanda di risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale, proposta da G. A. contro la s.p.a. Gruppo GPA, che a suo avviso aveva illegittimamente interrotto le trattative per la locazione di tre immobili di proprietà dell’attore. Il G. propone tre motivi di ricorso per cassazione. Resiste l’intimata con controricorso.

2. – Con i tre motivi – che possono essere congiuntamente esaminati perchè connessi – il ricorrente lamenta violazione dell’art. 1337 c.c., e molteplici vizi di motivazione della sentenza impugnata, sul rilievo che essa ha posto come premessa del rigetto della domanda il fatto che GPA poteva legittimamente recedere dalle trattative, poichè il G. non ha fornito la prova che le parti avessero raggiunto un accordo su tutte le clausole contrattuali. La Corte ha così trascurando di considerare che la causa petendi della domanda risarcitoria era l’indebita rottura delle trattative in corso; non l’inadempimento di un contratto già concluso. Lamenta poi che la Corte di appello abbia omesso di tenere conto dei molteplici documenti da cui risulta che GPA aveva più volte dato sicuro affidamento di voler concludere il contratto di locazione, e che non abbia ammesso le prove da lui dedotte sulla circostanza che egli aveva accettato le condizioni poste dalla conduttrice, e ciò nonostante questa aveva esercitato il recesso.

3.- I motivi sono inammissibili poichè – pur prospettando teoricamente violazioni di legge e vizi di motivazione -sottopongono a questa Corte il riesame dei fatti che hanno dato origine alla controversia, cioè questioni non ammissibili in sede di legittimità.

E’ appena il caso di ricordare che l’accertamento del carattere più o meno giustificato del recesso dalle trattative integra questione di fatto, il cui accertamento è rimesso al giudice del merito.

La Corte di appello ha congruamente e logicamente motivato il suo convincimento, richiamando non solo e non tanto il fatto che le parti non avevano ancora concluso il contratto – come le addebita il ricorrente – bensì il fatto che vi erano rilevanti questioni sulle quali le parti ancora si trovavano su posizioni lontane, quali entità e costi dei lavori di ristrutturazione a carico del locatore e ammontare della garanzia fideiussoria, che il locatore pretendeva in quindici mensilità del canone e la conduttrice era disposta a concedere per un massimo di sei mensilità.

Trattasi di questioni di un certo rilievo economico, che oggettivamente giustificano il fatto che una delle parti – non trovando un’intesa sul punto – abbia deciso di interrompere le trattative, pur avendo inizialmente manifestato le migliori intenzioni di concludere il contratto.

Tali considerazioni stanno alla base della motivazione della Corte di appello (al di là del poco felice richiamo alla mancata conclusione dell’accordo), la cui ratio decidendi va palesemente ravvisata nel fatto che essa ha ritenuto di dovere escludere che GPA abbia tenuto un comportamento di mala fede.

Correttamente la Corte di appello ha rigettato le doglianze del G. relative alla mancata ammissione delle prove testimoniali dedotte a dimostrazione del fatto che egli avrebbe infine accettato l’importo della fideiussione proposto dalla conduttrice in soli sei mesi, sia perchè i capitoli di prova sono generici, sia perchè nulla è stato dedotto e dimostrato quanto all’altra questione discussa e non risolta, cioè alle spese di ristrutturazione.

5.- Propongo che il ricorso sia rigettato, con procedimento in camera di consiglio”. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti.

– Il P.M. non ha depositato conclusioni scritte.

– Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti prospettati dal relatore, che le argomentazioni difensive contenute nella memoria non valgono a disattendere.

Si deduce che la Corte di appello non avrebbe tenuto conto della documentazione da cui risulta che il locatore aveva manifestato la sua disponibilità ad aderire a tutte le richieste della controparte;

che aveva accettato di eseguire a proprie spese i lavori di ristrutturazione (contrariamente a quanto ha affermato la Corte di appello) e così anche la cauzione di soli sei mesi anzichè di quindici.

Rileva il Collegio in primo luogo che la sentenza impugnata (p. 6) ha motivato la sua soluzione richiamando il fatto che ancora con l’ultima bozza di contratto, redatta dall’appellante e non accettata dalla società, il locatore chiedeva quindici mensilità di canone come garanzia. Se la circostanza non risponde al vero e configura un errore di fatto, il rimedio appropriato è la domanda di revocazione della sentenza e non il ricorso per cassazione. In ogni caso va ribadito che la valutazione dei documenti e delle prove è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito e che in due gradi di giudizio, con sentenze conformi, i giudici hanno ritenuto non provata la circostanza che il locatore avesse accettato tutte le condizioni della controparte. O si tratta di erroneo accertamento in fatto, ed allora il rimedio appropriato, si ripete, è la domanda di revocazione, oppure si chiede un’inammissibile interferenza nella valutazione degli elementi di prova, in questa sede di legittimità.

Il ricorso deve essere rigettato.

Le spese processuali, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per onorari ; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011

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