Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13889 del 09/06/2010

Cassazione civile sez. I, 09/06/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 09/06/2010), n.13889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 362, presso l’avvocato TRANE

PASQUALE, rappresentato e difeso dall’avvocato SCARLATELLA SERGIO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SANPAOLO IMI S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), cui è stato ceduto dalla

CASSA DI RISPARMIO DI PADOVA E ROVIGO S.P.A. il ramo d’azienda

costituito dai punti operativi della Cassa ubicati nelle province di

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEODOSIO MACROBIO 3, presso

l’avvocato GABRIELLI ENRICO, che lo rappresenta e difende, giusta

procura speciale per Notaio dott. MARIO LUPI di ROMA – Rep. n. 42311

del 22.7.05;

– resistente –

avverso la sentenza n. 195/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 11/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2010 dal Consigliere Dott. DOGLIOTTI Massimo;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato P. TRANE, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la resistente, l’Avvocato A. ORESTANO, per delega, che ha

chiesto l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 26.05.97, P.S. e F., quali fideiussori, e Intercons International Consulting S.r.l., quale debitrice principale, proponevano opposizione davanti al Tribunale di Padova al decreto ingiuntivo emesso dal Presiedente del Tribunale di Padova, in data 29.03.97, a favore della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo S.p.a., nei loro confronti, relativo a somme asseritamente da essi dovute. Sostenevano la nullità della fideiussione per indeterminatezza dell’oggetto e la mancanza di prova del debito e del tasso di interesse dovuto.

Costituitosi regolarmente il contraddittorio, la Banca chiedeva rigettarsi l’opposizione.

Il Tribunale di Padova, con sentenza del 16/06 – 22/11/99, rigettava l’opposizione.

Con atto di appello, notificato il 14.03.2000, P.S. impugnava la predetta sentenza, chiedendo l’accoglimento dell’opposizione. Si costituiva la Banca chiedendo il rigetto dell’appello. La Corte d’Appello di Verona, con sentenza 3/11 – 11/11/2004, rigettava l’appello. Ricorre per cassazione il P., sulla base di tre motivi, e pure deposita memoria per l’udienza.

Resiste, con controricorso, la Cassa di Risparmio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata. Sostiene che la Banca non avrebbe dato prova esauriente dell’esistenza del proprio credito, e non avrebbe comunicato al debitore ed al fideiussore le singole poste da cui derivava il saldo. Lo stesso ricorrente sembra condividere l’orientamento consolidato di questa Corte per cui, in materia di conto corrente, la contabilità tenuta dall’istituto di credito e comunicata per estratto costituisce prova del saldo, ove il cliente (o il fideiussore) si limiti ad una generica contestazione, senza muovere addebiti specifici e circostanziati (tra le altre Cass. 9719/92). Sostiene peraltro il ricorrente che la Banca non avrebbe comunicato al debitore le singole poste da cui derivava il saldo ma, del tutto contraddittoriamente, ammette che la Banca ha prodotto gli estratti conto da cui necessariamente emergerebbero le singole poste.

Lamenta che nel periodo di riferimento degli estratti conto prodotti non si sono avuti movimenti significativi: si tratta, all’evidenza, di profilo fattuale insuscettibile di valutazione in questa sede e dedotto, tra l’altro, in modo del tutto generico. Afferma il ricorrente di aver subito contestato gli estratti conto prodotti, ma, ancora una volta (come emerge dalle indicazioni del ricorso stesso), si tratta di contestazioni del tutto generiche sull’ammontare degli interessi e del saldo.

Il motivo pertanto va rigettato, siccome infondato.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1945, 1306, 2909 c.c. là dove il giudice a quo ha affermato che l’acquiescenza del debitore principale, il quale non ha proposto appello, impedisce al ricorrente stesso di contestare l’ammontare del credito della Banca.

Il giudice a quo, ha, al contrario, correttamente recepito un orientamento giurisprudenziale ampiamente consolidato presso questa Corte, per cui, ove il debitore principale sia decaduto dal diritto di impugnare gli estratti conto inviatigli dalla Banca, le risultanze di essi sono vincolanti anche per il fideiussore, che dunque non può contestare l’ammontare del credito della Banca (per tutte, Cass. 11200/2003).

Il motivo va dunque rigettato, perchè infondato.

Con il terzo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, là dove la sentenza impugnata ha dichiarato tardiva la sua contestazione di illegittima applicazione dell’anatocismo. Lo stesso ricorrente sostanzialmente riconosce, nel proprio ricorso, che la contestazione è stata svolta soltanto in comparsa conclusionale di primo grado e che, precedentemente, la contestazione stessa aveva riguardato, del tutto genericamente, solo l’ammontare degli interessi richiesti dalla Banca. E’ appena il caso di precisare che un affermato mutamento giurisprudenziale di questa Corte sull’anatocismo, nelle more processuali, non rende certo ammissibile una domanda, proposta per la prima volta nel giudizio di appello, e dunque sicuramente tardiva, come del resto eccepito tempestivamente da controparte, ai sensi dell’art. 345 c.p.c..

Anche tale motivo va rigettato, in quanto infondato. Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che determina in Euro 2.800,00 comprensive di Euro 200,00, per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 03 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2010

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