Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13889 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. III, 06/07/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26893-2018 proposto da:

OFFICINA CCC DI F.C. E CH. SNC, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SARDEGNA N 17, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE NICOLA

ALTIERI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AUTOTRASPORTI G.V. & C SAS;

– intimata –

Nonchè da:

AUTOTRASPORTI G.V. & C SAS, in persona del socio

Accomandatario e legale rappresentante pro tempore, domiciliata ex

lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato SILVIA VALENT;

– ricorrente incidentale –

contro

OFFICINA CCC DI F.C. E CH. SNC, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SARDEGNA N 17, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE NICOLA

ALTIERI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 656/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 16/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/02/2020 dal Consigliere Dott. CH. GRAZIOSI;

Fatto

RILEVATO

che:

Officina c.c. di F.C. e Ch. s.n.c. otteneva dal Tribunale di Venezia, sezione distaccata di S. Donà di Piave, l’emissione di decreto ingiuntivo per il pagamento di Euro 6570 oltre interessi nei confronti di Autotrasporti G.V. & C. s.a.s. quale corrispettivo di attività di recupero di un autocarro e di merce da esso trasportata fuoriusciti dall’autostrada (OMISSIS). La società ingiunta si opponeva e, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna di controparte al risarcimento dei danni per illegittima ritenzione dell’autocarro.

Il Tribunale, con sentenza del 6 marzo 2014, revocava il decreto e condannava l’opposta a pagare all’opponente la somma di Euro 18.000 oltre interessi e spese.

Officina c.c. proponeva appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Venezia rigettava con sentenza del 16 marzo 2018.

Officina c.c. ha proposto ricorso, da cui si è difesa controparte con un controricorso contenente pure ricorso incidentale condizionato, rispetto al quale la ricorrente principale si è a sua volta difesa con controricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito l’incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso principale propone un unico motivo. Per quanto, infatti, vi si annunci di chiedere cassazione della sentenza per violazione ed errata applicazione dell’art. 2756 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 “per i seguenti motivi”, il ricorso contiene in effetti un’unica censura, illustrata nelle seguenti pagine, anche se come conclusione si insiste che viene chiesto di cassare “per i motivi esposti”.

La Corte d’appello avrebbe errato escludendo che l’attuale ricorrente principale, per inadempimento di controparte quanto al pagamento del compenso, potesse esercitare il diritto di ritenzione sull’autocarro; e l’errore deriverebbe dall’avere la corte territoriale ritenuto che “il credito vantato dall’appellante nel momento in cui ha iniziato a detenere il bene della ditta appellata riguardava il compenso-rimborso alle spese di recupero e smaltimento della merce e non un credito per la riparazione o la manutenzione dell’automezzo”, per riconoscere poi la corte che il diritto alla ritenzione sarebbe stato però esercitato per il pagamento delle spese relative al secondo intervento di recupero dell’autocarro, riconoscimento che avverrebbe con il seguente passo motivazionale: “difficile… ritenere come suggerisce l’appellante… che per via del recupero supplementare di una centina e di laminati distaccatisi dall’autotreno la sua qualifica di mero detentore possa… evolvere in quella di riparatore legittimato all’esercizio della ritenzione”.

Inquadrata in tal modo la fattispecie, il giudice d’appello avrebbe errato non riconoscendo il diritto di ritenzione di cui all’art. 2756 c.c., comma 3: l’attuale ricorrente avrebbe avuto diritto al compenso per “recupero supplementare” di parti staccatesi dall’autocarro e per custodia dell’autocarro stesso tra il primo e il secondo intervento. Il diritto di ritenzione non sarebbe stato esercitato per il pagamento del recupero della merce, bensì per le spese del secondo recupero appena indicato come attinente a parti dell’autocarro e per le spese per la custodia di quest’ultimo, pagamento non effettuato dalla compagnia assicuratrice, che avrebbe pagato soltanto il primo intervento di recupero.

La Corte d’appello aveva pure riconosciuto che, “avuta conferma della mancata copertura assicurativa delle spese del secondo intervento di recupero oltre che per gli oneri di custode dell’autotreno, il nuovo ammontare dei costi veniva integralmente posto a carico della ditta V.”: sarebbe stato quindi necessario verificare se il credito per il pagamento delle spese relative al recupero supplementare e alla custodia dell’autocarro tra il primo e il secondo intervento di recupero legittimava l’esercizio del diritto di ritenzione. La corte territoriale elencava essa stessa i casi in cui è esercitabile il diritto di ritenzione, tra cui sia il diritto del depositario sia il diritto del mandatario.

Nel caso in esame, ad avviso della ricorrente sussisterebbe una fattispecie di mandato, riguardante il secondo recupero.

2. Il ricorso incidentale condizionato propone anch’esso un unico motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo riguardante il fatto della inesistenza del secondo recupero supplementare del veicolo, essendovi stata semmai soltanto la pulizia dell’area di pertinenza autostradale.

3. L’unico motivo del ricorso principale in realtà non è sorretto di interesse, in quanto il Tribunale prima, e il giudice d’appello poi, hanno entrambi negato che l’attuale ricorrente avesse credito alcuno nei confronti di V., revocandosi pertanto il decreto ingiuntivo. Decreto ingiuntivo che, secondo l’esposizione dei fatti presente nel ricorso, riguardava il corrispettivo per il recupero supplementare delle parti staccatesi dall’autocarro e per la custodia di questo tra il primo e il secondo intervento di recupero; ma rimane comunque il fatto che non è stato riconosciuto nessun credito, e su questo il ricorso non apporta censura, lasciando così formarsi al riguardo il giudicato interno.

E’ pur vero che nella parte iniziale del motivo si osserva che il giudice d’appello ritiene che “il credito vantato dall’appellante nel momento in cui ha iniziato a detenere il bene della ditta appellata riguardava il compenso-rimborso alle spese di recupero e smaltimento della merce”, adducendosi poi che la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che il decreto ingiuntivo fosse stato chiesto per il pagamento del recupero della merce; ma ciò non integra, appunto, la reale doglianza (che, d’altronde, sarebbe semmai riconducibile all’art. 395 c.p.c., n. 4, in quanto denunciante errata percezione del contenuto del ricorso monitorio, e dunque in questa sede inammissibile), che consiste invece nella denuncia di violazione dell’art. 2756 c.c., cioè nel preteso mancato rispetto del diritto di ritenzione dell’autocarro. Diritto di ritenzione radicalmente inesistente se chi intende esercitarlo non è titolare di alcun credito.

4. In conclusione, il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile – assorbendo così quello condizionato -, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Sussistono D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 1600, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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